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Arriva il nuovo Patto di stabilità Ue, l’Italia dice sì

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Parole chiave: “spirito di compromesso”. Nell’ultimo pomeriggio disponibile l’Ue è riuscita a trovare l’intesa al nuovo Patto di stabilità e ad imprimere quella è una svolta nella storia economica del continente. L’intesa è arrivata in un inusuale Ecofin straordinario convocato in videocall dalla presidenza spagnola. L’Italia, fortemente critica fino ad una manciata di ore prima, ha confermato quanto auspicato da Francia e Germania: il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in nome, appunto dello “spirito di compromesso”, si è detto d’accordo. Il passo di Roma ha chiuso, di fatto, la riunione, il nuovo Patto di stabilità è stato quindi approvato all’unanimità. “E’ stato trovato un compromesso di buonsenso, il Patto è migliorativo rispetto al passato”, ha sottolineato in serata la premier Giorgia Meloni non mancando di rammaricarsi per il “no” dell’Europa alla golden rule sugli investimenti. “La battaglia continua”, ha aggiunto.

“E’ una buona notizia per l’economia europea”, ha sentenziato il commissario Ue agli Affari Economici paolo Gentiloni. Il nuovo patto di stabilità, frutto dell’ultimo lodo franco-tedesco nato nella cena di Parigi, è molto più complesso di quello vecchio e risponde ad una serie di input: da un lato mantenere una rigida sostenibilità fiscale, come chiesto da Berlino; dall’altro quello di non affogare la crescita tenendo presente investimenti e interessi del debito, in particolare in un periodo transitorio triennale, dal 2025 al 2027. Il percorso di rientro strutturale del deficit – ovvero quello per arrivare sotto al tetto del 3% – per i Paesi come l’Italia ha un parametro fisso, lo 0,5% annuo. Ma la velocità della correzione può cambiare: un governo, è la novità dell’ultima ora, può chiedere, se vuole, alla Commissione di concordare una traiettoria tecnica che non blocchi gli investimenti e tenga conto dell’aumento degli interessi, secondo un modello molto simile a quello usato dall’esecutivo europeo con il Pnrr. Berlino, dal canto suo, ha ottenuto un dato chiave: la cosiddetta ancora di salvaguardia che obbliga i Paesi che sono già rientrati sotto la soglia del 3% ad arrivare all’1,5% del deficit/Pil per avere un cuscinetto anti-crisi.

Ma, anche in questo caso, per i paesi con debito superiore al 90% del Pil c’è una exit strategy: ridurre il deficit dello 0,25% annuo su un totale di sette anni invece dello 0,4% su un totale di 4 anni. Parigi, Madrid e Berlino hanno esultato all’unisono per un’intesa celebrata come “storica” su nuove regole fiscali definite “realistiche, equilibrate e adeguate alle sfide del presente e del futuro”. L’Olanda ha parlato di Patto per “un debito sostenibile” e, senza abdicare dal ruolo di capofila dei frugali, ha ribadito l’importanza delle regole. “Con questa intesa diamo certezza ai mercati”, ha chiosato la vice premier Nadia Calvino, che approderà alla testa della Banca europea degli investimenti da trionfatrice. E l’Italia? Per dirla con Gentiloni, è stata “decisiva”. Già, perché in un freddo pomeriggio pre-natalizio Giorgetti si è trovato di fronte a un bivio: sposare la causa del compromesso o mettersi di traverso, unico tra i 27 e dopo un fortissimo pressing messo in campo da Francia, Germania e dalla stessa Bruxelles. “Giorgetti ha dimostrato di non essere Orban”, ha osservato una fonte diplomatica europea al termine della riunione. Il ministro, dal canto suo, ha parlato di “Patto sostenibile”, che “contiene alcune cose positive e altre meno” e che ha “regole più realistiche di quelle attuali”.

Nessuno, almeno a microfoni aperti, ha contestato il sì di Giorgetti. “Si è conclusa la stagione del rigore”, ha sottolineato Antonio Tajani. La Lega ha espresso con chiarezza la sua soddisfazione. L’accordo dell’Ecofin tuttavia non chiude la partita. A gennaio il Pe approverà la sua posizione negoziale, poi cominceranno i triloghi tra Consiglio, Commissione e Eurocamera. “Non c’è tempo da perdere”, ha avvertito il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ribadendo la priorità di Bruxelles: chiudere sul Patto in maniera definitiva prima di aprile. Nel frattempo le vecchie regole torneranno solo in maniera formale: le linee guida di bilancio della Commissione sono di fatto già allineate al nuovo framework. Le nuove arriveranno a giugno e non a maggio. Ovvero, dopo le Europee.

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Dramma ad Algeri, 5 bambini annegati in una gita scolastica

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Una gita scolastica in Algeria si è trasformata in dramma: cinque bambini sono morti annegati ad Algeri, mentre altri due sono ancora ricoverati in terapia intensiva. Lo riferisce un comunicato della protezione civile pubblicato nella tarda serata di ieri su Facebook. La stessa fonte ha indicato che le sue squadre sono intervenute intorno alle 19:30 ora locale (20:30 ora di Roma) per recuperare sei bambini sulla spiaggia del Parco Sablette, sulla baia di Algeri. La nota spiega che un bambino è stato recuperato morto sul posto, mentre altri sei sono stati trasferiti all’ospedale universitario Mustapha Pacha nel centro della città, dove quattro di loro sono morti dopo numerosi tentativi di rianimazione . Da parte sua, la radio ufficiale algerina ha riferito che i bambini provenivano dalla provincia di Médéa (100 chilometri a sud di Algeri). I Dati ufficiali della protezione civile algerina mostrano che l’anno scorso più di 200 persone sono annegate al mare, stagni e dighe.

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Morto a 2 mesi dal trapianto l’uomo con un rene di maiale

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E’ morto dopo due mesi dall’intervento il primo uomo che si era sottoposto al trapianto di un rene di maiale geneticamente modificato, l’ospedale ha dichiarato di non avere alcuna indicazione che la causa sia stata proprio il trapianto. Lo riferisce il Guardian. Richard “Rick” Slayman, 62 anni, era stato sottoposto all’impianto di rene di maiale nell’ospedale generale del Massachusetts. I chirurghi avevano affermato di ritenere che l’organo sarebbe durato almeno due anni. Ieri, la sua famiglia e l’ospedale hanno confermato la morte di Slayman.

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Esteri

Idf, avanti con operazione Rafah per portare ostaggi a casa

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“Le Forze di Difesa di Israele stanno continuando la loro operazione mirata contro Hamas a Rafah come parte degli sforzi per ottenere una duratura sconfitta di Hamas e per portare a casa tutti i nostri ostaggi”. Lo ha detto il portavoce dell’Idf, Rear Admiral Daniel Hagari, in un video diffuso sul canale Telegram dell’esercito israeliano. “La nostra guerra – ha aggiunto – è contro Hamas non contro la popolazione di Gaza”.

“Le nostre operazioni contro Hamas a Rafah restano limitate e dirette a progressi tattici, aggiustamenti tattici, progressi militari e ad evitare aree densamente popolate – ha sottolineato il portavoce dell’Idf -. Dall’inizio della nostra azione mirata contro Hamas a Rafah abbiamo eliminato dozzine di terroristi, scoperto tunnel e numerose armi. Prima delle nostre operazioni invitiamo i civili a spostarsi temporaneamente nelle aree umanitarie e ad allontanarsi dal fuoco incrociato in cui li mette Hamas”.

“Negli ultimi giorni – ha spiegato Rear Admiral Daniel Hagari – abbiamo facilitato l’ingresso di 200.000 litri di carburante dal valico di Kerem Shalom, abbiamo facilitato e coordinato l’apertura di un nuovo ospedale da campo a Gaza e ci stiamo adoperando per consentire il flusso di aiuti umanitari verso Rafah attraverso il valico di Salah Al-Din Road. Solo negli ultimi giorni, ci siamo ricordati del perché il nostro attacco contro Hamas sia vitale: Hamas ha lanciato missili da Rafah verso il valico di Kerem Shalom attraverso il quale Israele lascia entrare gli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. E venerdì notte, Hamas ha lanciato 9 missili da Rafah verso la città israeliana di Beer Sheva, colpendo un parco giochi per bambini. Continueremo a compiere la nostra missione per ottenere la sconfitta di Hamas e per riportare a casa i nostri ostaggi”.

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