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Cronache

Arbitri, c’è una gola profonda che alle Iene spiega “gravi anomalie” e “Var usato senza logiche”

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In una svolta inaspettata, un arbitro di Serie A attualmente in attività ha scelto di denunciare ciò che ritiene essere gravi anomalie all’interno del sistema arbitrale del calcio italiano. Presentato nell’ultima puntata di “Le Iene” su Italia 1, l’arbitro, che ha optato per l’anonimato per timore di ripercussioni sulla propria carriera, ha evidenziato preoccupazioni riguardo al sistema di valutazione che coinvolge molti arbitri.

L’Accusa: Intervistato in esclusiva e per la prima volta nella storia del calcio italiano, l’arbitro ha parlato con Filippo Roma de “Le Iene” per rivelare ciò che ritiene siano significative irregolarità nel sistema arbitrale del calcio italiano. Nonostante sia ancora in attività, l’arbitro ha scelto di parlare per amore del gioco e per la fiducia nei principi del fair play. Hanno sottolineato che la situazione attuale è diventata insostenibile, influenzando le carriere di numerosi arbitri attraverso un sistema di valutazione pieno di anomalie.

Errori in Campo e Ruolo del VAR: L’arbitro ha criticato i propri colleghi per gli errori in campo, affermando che non tutti sono stati correttamente rettificati dagli arbitri al VAR. Affrontando il ruolo del VAR, hanno messo in dubbio la logica dietro il mancato intervento del VAR in determinati episodi, come nella partita Juventus-Verona, dove, secondo l’arbitro, le immagini erano chiare e avrebbero dovuto richiedere l’intervento del VAR. Esprimendo incredulità, hanno dichiarato: “È impossibile che il VAR non abbia visto una condotta violenta con le immagini a disposizione.”

Selezione delle Immagini e Decisioni Dubbie: L’arbitro ha sollevato preoccupazioni anche sulla scelta delle immagini presentate per giustificare le decisioni prese dal VAR. Hanno affermato: “A volte, anche noi addetti ai lavori, non siamo convinti dalla scelta delle immagini per giustificare una decisione.” Ciò aggiunge ulteriore scetticismo sulla trasparenza del processo decisionale.

Azione Legale contro AIA e CAN: Secondo l’arbitro, almeno cinque arbitri e assistenti starebbero ricorrendo alle vie legali contro l’Associazione Italiana Arbitri (AIA) e la Commissione Arbitrale Nazionale (CAN). L’arbitro ha dichiarato: “Il problema è che se ci sono arbitri che non sbagliano e vengono sanzionati, mentre altri che sbagliano sono protetti e salvati, chiaramente questo sistema non funziona.”

La Replica: In risposta alle rivelazioni dell’arbitro, Filippo Roma ha cercato Gianluca Rocchi prima della partenza per Riyadh per assistere alla finale della Supercoppa italiana tra Inter e Napoli. Rocchi, designatore degli arbitri, è rimasto determinato, dichiarando: “Io vado dritto per la mia strada come ho sempre fatto.” Quando informato delle accuse dell’arbitro, Rocchi ha risposto con fermezza: “Problema suo. Se ha delle prove, ce le faccia vedere. Nessun problema. Io, vi ripeto, lavoro sempre ed esclusivamente in una maniera soltanto. Più di così non so cosa dobbiamo fare; facciamo vedere tutto. Ammettiamo se sbagliamo, più di così, non sappiamo cosa fare.” Rocchi ha ribadito con piccatezza la volontà di fornire la massima trasparenza possibile spiegando ogni singola decisione presa dagli arbitri e dal VAR nelle prossime giornate di Serie A.

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Liti e suore in fuga, il convento commissariato

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In fuga dal convento di clausura, per le “tensioni insopportabili” createsi nella comunità monastica e culminate con l’allontanamento della madre badessa. E’ la storia di cinque suore cistercensi del convento di San Giacomo di Veglia di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, che se ne sono andate sbattendo il portone per riparare in un altro luogo segreto, a causa delle vicissitudini che, a loro avviso, hanno minato il luogo di preghiera. Un monastero, per altro, ben conosciuto all’esterno: perchè le monache di San Giacomo di Veglia sono apprezzate produttrici di bottiglie di Prosecco Docg, fatto con le uve delle vigne del convento.

Tutto è uscito allo scoperto perché, per evitare si creassero allarmi sulla loro improvvisa ‘scomparsa’, le cinque si sono presentate alla caserma dei Carabinieri per avvisare della loro uscita e della necessità di “riparare in sicurezza” in un’altra località. Cosa che oggi ha trovato conferme in ambienti dell’Arma. Ma cosa è successo nel monastero? A parlare per ora, con il Gazzettino, è stata la più giovane delle monache, raccontando di “tensioni insopportabili”, e dell’arrivo di una Commissione ispettiva pontificia che ha portato all’allontanamento della badessa, madre Aline Pereira.

Proprio il forzato addio della superiora avrebbe generato una “forte pressione psicologica” nei confronti delle 5 consorelle, legate alla badessa. Pur nel riserbo dovuto alla vita conventuale, non risulterebbero però gravi ragioni sul piano penale o civile alla base del ‘divorzio’ del gruppo di suore da San Giacomo di Veglia. “Siamo dovute fuggire – ha raccontato la giovane monaca – perché il clima, da quando è arrivata la Commissione che ha allontanato suor Aline, è diventato insopportabile”. Alcune di loro risiedevano nel monastero da 25 anni. Avevano anche chiesto al loro Dicastero la dispensa dai voti e il permesso di rompere la clausura, ma hanno ottenuto un rifiuto.

“Hanno distrutto una situazione di pace che durava da mezzo secolo, ci siamo sentite soffocate” ha raccontato ancora la giovane monaca al Gazzettino. Ad ufficializzare il patatrac è stata la Diocesi di Vittorio Veneto che, pur non entrando nel merito della vicenda, ha reso nota la decisione del Dicastero per gli istituti di Vita consacrata e le società di vita apostolica: il monastero trevigiano è stato “commissariato” ed è stata nominata una Commissaria Pontificia (oltre a due consigliere), “che ha assunto tutte le competenze che la normativa dell’Istituto e quella universale della Chiesa attribuiscono alla Madre Abbadessa”. Le radici della storia parrebbero affondare in una querelle nata già nel gennaio 2023, quando dal convento partì una lettera di quattro monache indirizzata al Papa, con accuse nei confronti della madre badessa. Accuse che, due prime visite ispettive, aveva archiviato come “calunnie”.

(La foto non ha attinenza con l’articolo ed ha solo uno scopo illustrativo)

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Cronache

Incidente sul Faito, Thaeb Suliman è sveglio: unico sopravvissuto migliora, resta in prognosi riservata

Thaeb Suliman, 23 anni, unico sopravvissuto all’incidente sul Monte Faito, è sveglio e in miglioramento. Resta in prognosi riservata, ma si valuta il trasferimento in ortopedia.

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Thaeb Suliman, il giovane di 23 anni unico sopravvissuto al tragico incidente avvenuto sul Monte Faito lo scorso 17 aprile, “è sveglio e collaborante”. A comunicarlo sono fonti dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1, che seguono l’evoluzione clinica del paziente.

Le vittime dell’incidente e il quadro clinico

Nel drammatico schianto hanno perso la vita quattro persone. Suliman, unico superstite, è attualmente ricoverato presso l’Ospedale del Mare. Secondo quanto riferito, i suoi parametri respiratori sono stabili, e si registra un miglioramento generale delle sue condizioni. Tuttavia, la funzione renale è ancora compromessa: la diuresi è indotta e non sufficiente per interrompere la dialisi.

Possibile trasferimento in ortopedia

Il paziente è sottoposto a un continuo monitoraggio che nei prossimi giorni potrà consentire la sospensione della prognosi riservata e il trasferimento nel reparto di ortopedia. Una nota dell’ASL sottolinea la prudenza dei medici nel valutare l’evoluzione clinica, che resta complessa ma in miglioramento.

Il sostegno della famiglia

Thaeb Suliman riceve quotidianamente la visita del fratello, medico, ospite del Residence dell’Ospedale del Mare, a testimonianza di un importante supporto familiare in questa fase delicata del percorso di cura.

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Omicidio di Chiara Poggi, nuove testimonianze: “Potrebbero riscrivere la storia dello scontrino”

Il legale di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, parla di una testimonianza che potrebbe cambiare la ricostruzione del delitto di Chiara Poggi. Interviene anche l’avvocato di Andrea Sempio.

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«Immagino che questa testimonianza già acquisita potrebbe riscrivere la storia dello scontrino della mattina del delitto, questa testimonianza potrebbe essere molto importante». Lo ha dichiarato Antonio De Rensis, avvocato di Alberto Stasi, in diretta a Ore 14, la trasmissione condotta da Milo Infante su Rai 2. Il legale è intervenuto commentando la notizia di una nuova persona ascoltata nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.

Il ruolo della madre di Andrea Sempio

Il riferimento è alla convocazione in caserma, avvenuta lunedì scorso, di Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio. Poco prima che avesse un malore, la donna sarebbe stata informata della presenza di un nuovo testimone. «Vedremo cosa succederà – ha aggiunto De Rensis –. Per ora siamo di fronte a dichiarazioni personali che non hanno alcun riscontro, che possono essere vere o no, e che ci hanno descritto una mattinata, quella del delitto. Ora andremo a vedere se è vero quello che ci hanno raccontato».

“Forse altri finiranno nella scena del delitto”

Secondo De Rensis, i carabinieri disporrebbero di elementi non ancora noti: «Ritengo che abbiano molto ma molto di più di quanto possiamo immaginare al momento. Noi non abbiamo interesse a spostare dalla scena Stasi, ma forse altri, quelli che fanno le indagini, aggiungeranno altre persone e forse dopo tutto sarà più chiaro anche per quel che riguarda Alberto».

La replica dell’avvocato di Andrea Sempio

Durante la stessa puntata è intervenuto anche Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio insieme all’avvocata Angela Taccia. Lovati ha preferito mantenere il massimo riserbo: «Non ho idea di cosa abbiano chiesto alla signora Ferrari, e neanche voglio saperlo. Le prossime mosse della difesa saranno di controbattere a tutte le richieste, non c’è più nessun tipo di collaborazione».

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