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Ancora guerra tra Jihad e Israele, raid e razzi

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La tensione non accenna a scendere tra la Jihad islamica e Israele con un secondo giorno di di guerra tra razzi e raid. Nella Striscia di Gaza i morti sono arrivati ad almeno 15, oltre 100 feriti e la centrale elettrica che eroga energia alla Striscia e’ fuori uso per mancanza di diesel, con gli ospedali in difficolta’. Tra i morti anche due donne: la piu’ giovane, 23 anni, e’ stata uccisa in una casa colpita a Khan Younis nel sud della enclave palestinese, 6 i feriti tra cui 3 minori. Su Israele – che nella notte scorsa ha arrestato in Cisgiordania 19 membri della Jihad – si e’ rovesciata da Gaza una pioggia di colpi di mortaio e razzi che, per la prima volta, hanno lambito il perimetro urbano di Tel Aviv. Ne sono stati calcolati dall’esercito – soprattutto nella zona sud di Israele – almeno 380 in circa 24 ore di conflitto: 120 sono stati intercettati dal sistema di difesa dell’Iron Dome, 90 sono caduti all’interno della stessa Striscia. La situazione non sembra destinata a sbloccarsi al momento: l’esercito ha calcolato una settimana di operazioni e il premier Yair Lapid ha convocato il Gabinetto di sicurezza con i vertici militari per una ricognizione dello stato dell’operazione ‘Breaking dawn’ avviata ieri. Il ministro della difesa Benny Gantz e’ stato ancora piu’ chiaro ed ha avvertito che anche i leader all’estero della Jihad islamica – notoriamente legata all’Iran – “dovranno pagare il prezzo” per gli attacchi condotti contro Israele.

“I leader della Jihad – ha sottolineato Gantz indicando probabilmente i possibili obiettivi – si muovono all’estero in ristoranti e hotel, a Teheran, in Siria e in Libano”. A poter influire, tuttavia, sul confronto ci sono due fattori: il primo e’ che finora Hamas – che governa Gaza – non ha partecipato allo scontro: non un solo razzo – hanno osservato gli esperti – e’ partito dalle sue rampe di lancio. Il secondo e’ legato alla possibile mediazione egiziana: una delegazione dei servizi segreti di quel Paese ha “stabilito diversi contatti tra le parti, israeliana e palestinese, al fine di imporre un cessate il fuoco” ed evitare un nuovo conflitto su vasta scala. L’Egitto e’ stato piu’ volte elemento decisivo nelle precedenti guerre tra Gaza e Israele. Fatto sta che la crisi rischia di innescare un conflitto piu’ largo se i due fattori dovessero venire meno. In Israele l’intero sud e’ sotto la morsa dei lanci con la popolazione costretta a correre nei rifugi: finora non ci sono state vittime grazie alla copertura dell’Iron Dome ma ci sono persone feritesi durante la corsa nei bunker anti missili o colpite da crisi di panico. A fotografare bene la situazione, il fatto che l’amichevole tra la Juventus e l’Atletico Madrid in programma domani sera a Tel Aviv sia stata annullata dagli organizzatori e spostata a Torino per “le tensioni di sicurezza nel sud di Israele”. La Ue ha detto di seguire “con grande preoccupazione gli ultimi sviluppi a Gaza” ed ha chiesto “la massima moderazione a tutte le parti per evitare un’ulteriore escalation e altre vittime”. “Sebbene Israele – ha detto il portavoce del Servizio d’azione esterna Ue (Seae), Peter Stano – abbia il diritto di proteggere la sua popolazione civile, e’ necessario fare tutto il possibile per prevenire un conflitto piu’ ampio”.

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I 5 secondi che hanno messo in ginocchio la Spagna

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Cinque secondi, il tempo di un sospiro, ma lunghissimi in termini di velocità della luce. Sono stati sufficienti per mettere in ginocchio la Spagna. E’ il lasso di tempo in cui si sono verificate “due perdite di generazione di corrente successive, che il sistema non è stato in grado di assorbire”, provocando alle 12,33 di lunedì il crollo al ‘punto zero’, il collasso totale del sistema elettrico.

La causa di quei cali di tensione, con un intervallo di appena un secondo e mezzo fra loro, seguito dopo 3,5 secondi dal collasso, è il principale nodo che si cerca di sciogliere per risalire alle origini del grande buio in cui è sprofondata ieri la penisola iberica, come ha spiegato il capo delle operazioni della Rete Elettrica Spagnola (Ree), Eduardo Prieto. “Bisognerà analizzare il perché si sono prodotte le due disconnessioni, in particolare la seconda che ha portato al collasso del sistema”, ha segnalato Prieto. Si dovranno “verificare le cause, analizzare la potenza, l’ubicazione, le condizioni in cui si è prodotta la disconnessione”.

Ma ha anche riconosciuto come “molto probabile” che la fonte di generazione interessata dal calo sia quella solare, senza dare però ulteriori spiegazioni. Lunedì, in quei cinque secondi precedenti al collasso, che ha fatto “scomparire 15 gigawatt di elettricità dalla rete”, l’equivalente al 60% della domanda di energia spagnola – come aveva segnalato il premier – si era registrato un picco di produzione di energia solare nella zona del sudovest della Spagna, in Estremadura. E le rinnovabili stavano fornendo il 78% della domanda di elettricità del Paese. Il surplus di energia disponibile avrebbe provocato uno sbilanciamento della rete elettrica iberica, rendendo impossibile assicurare la stabilità del sistema, secondo quanto ha ipotizzato l’ex presidente di Rete Elettrica, Jorge Fabra, a Tve. Un primo squilibrio sarebbe stato assorbito dalla rete, mentre il secondo con un effetto domino, avrebbe superato la capacità di risposa del sistema, facendo crollare prima la rete spagnola e poi quella portoghese. E causando il distacco della interconnessione con la Francia.

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Parigi, al via il processo ai “nonnetti rapinatori” che derubarono Kim Kardashian

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È iniziato ieri, davanti al tribunale di Parigi, il processo contro i dieci imputati – nove uomini e una donna – accusati della clamorosa rapina ai danni di Kim Kardashian, avvenuta nell’autunno del 2016. Il principale indiziato, Aomar, 68 anni, si è presentato in aula con passo incerto e bastone alla mano, fedele al suo profilo di “papy braqueur”, come i media francesi hanno soprannominato la banda: i nonnetti rapinatori.

I protagonisti della rapina

Aomar, nato nel 1956 in Algeria, è un veterano del crimine, autore dei primi furti già a 14 anni. A presentargli i complici era stata la compagna Christiane Glotin, detta Cathy, oggi 78enne, che gli fece incontrare “Pierrot il grosso”, 80 anni, altra vecchia conoscenza del mondo criminale francese.

Tra gli altri protagonisti c’è Yunice Abbas, 71 anni, che tentò una fuga rocambolesca in bicicletta portando con sé una borsa che credeva piena di armi, ma che invece conteneva gioielli e perfino il cellulare di Kim Kardashian, da cui avrebbe ricevuto una chiamata della cantante Tracy Chapman.

Spicca anche Didier “occhi blu” Dubreucq, 69 anni, con 23 anni di prigione alle spalle, che avrebbe partecipato direttamente all’irruzione nella suite della star americana.

La notte del colpo milionario

La rapina avvenne la notte del 3 ottobre 2016, in una suite di lusso nascosta in rue Tronchet, vicino alla Madeleine. Kim Kardashian, sola nella stanza, fu sorpresa da due uomini travestiti da poliziotti. Le strapparono il cellulare e, sotto minaccia, la costrinsero a consegnare l’anello di fidanzamento, un diamante da quasi 19 carati, regalo del marito Kanye West, valutato circa quattro milioni di dollari. La star fu legata, imbavagliata e rinchiusa nel bagno, mentre i rapinatori fuggivano con il bottino, comprendente anche contanti, gioielli e orologi di lusso.

La banda fu individuata grazie alle tracce di Dna lasciate nella suite.

Una rapina da fumetto

Sull’incredibile vicenda sono già stati pubblicati fumetti e libri, alcuni scritti dagli stessi imputati, che hanno contribuito ad alimentare il mito dell’«impresa dei nonnetti». Kim Kardashian è attesa in aula per testimoniare il prossimo 13 maggio.

 

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Elezioni in Canada, liberali di Carney vincono legislative e preparano la guerra a Trump

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Secondo le proiezioni dei media locali, è il Partito liberale di Mark Carney a vincere le elezioni legislative canadesi. I risultati preliminari del voto non permettono però di stabilire se il premier guiderà un governo di maggioranza o di minoranza.

Il primo ministro si avvierebbe quindi a portare i Liberali verso un nuovo mandato, dopo aver convinto gli elettori che la sua esperienza nella gestione delle crisi economiche lo rende pronto ad affrontare le mire del presidente americano Donald Trump. L’emittente pubblica Cbc e Ctv News hanno entrambe previsto che il Partito liberale formerà il prossimo governo canadese. Solo pochi mesi fa la strada per il ritorno al potere dei conservatori guidati da Pierre Poilievre sembrava spianata, dopo dieci anni sotto la guida di Justin Trudeau. Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua offensiva senza precedenti contro il Canada, con dazi e minacce di annessione, hanno cambiato la situazione.

Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

A Ottawa, dove i liberali si sono radunati per la notte delle elezioni, l’annuncio di questi primi risultati ha provocato un applauso e grida di entusiasmo. “Sono felicissimo, è ancora presto ma sono fiducioso che riusciremo ad avere la maggioranza”, David Lametti, ex ministro della Giustizia. La guerra commerciale di Trump e le minacce di annettere il Canada, rinnovate in un post sui social media il giorno delle elezioni, hanno indignato i canadesi e hanno reso i rapporti con gli Stati Uniti un tema chiave della campagna elettorale.

Carney, che non aveva mai ricoperto una carica elettiva e aveva sostituito Trudeau come premier solo il mese scorso, ha basato la sua campagna su un messaggio anti-Trump. In precedenza ha ricoperto la carica di governatore della banca centrale sia nel Regno Unito che in Canada e ha convinto gli elettori che la sua esperienza finanziaria globale lo rende pronto a guidare il Paese attraverso una guerra commerciale. Ha promesso di espandere le relazioni commerciali con l’estero per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

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