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Salute

Alzheimer e coscienza, vie aperte da Levi Montalcini

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 Rita Levi Montalcini avrebbe sorriso nel vedere le prime sperimentazioni cliniche della sua molecola, il fattore di crescita delle cellule nervose (Ngf) che le è valso il Nobel. A dieci anni dalla morte, sono vicini i primi test sull’uomo che prevedono l’uso della molecola contro la malattia di Alzheimer e contro alcune malattie neurodegenerative della retina. E’ il secondo traguardo importante, dopo che nel 2017 l’Ngf era diventato la base di un collirio per la cura delle dermatiti neurotrofiche dell’occhio.

“Immagino Rita Levi Montalcini sorridente nel pensare che la sua molecola era diventata un farmaco”, dice   il presidente della Fondazione Ebri, Antonino Cattaneo, ripercorrendo gli sviluppi delle strade aperte dalle ricerche del Nobel, a dieci anni dalla morte. Il 30 dicembre 2012 la ‘Signora della scienza italiana’ concludeva una vita lunga e intensa, lasciando un’eredità che in questi dieci anni ha confermato molte delle sue intuizioni, a partire dalla possibilità di utilizzare l’Ngf per curare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o per stimolare alcune cellule del sistema immunitario e, soprattutto, aveva intuito che la prossima grande sfida delle neuroscienze sarebbe stata comprendere la coscienza. Le due sperimentazioni di quella che Rita Levi Montalcini chiamava “la molecola meravigliosa” hanno avuto il via libera dal ministero della Salute e utilizzeranno il cosiddetto ‘Ngf senza dolore’, ossia la molecola Ngf modificata in modo che non stimoli i nervi legati alla percezione del dolore. “E’ una delle nuove strade per la terapia della malattia di Alzheimer”, osserva Cattaneo, che con Pietro Calissano è stato fra i collaboratori più stretti di Levi Montalcini. La sperimentazione consiste nella somministrazione della molecola per via nasale.

La seconda sperimentazione di fase 1, che si prevede possa iniziare fra alcune settimane, è diretta alla terapia di alcune malattie neurodegenerative della retina. Si stanno aprendo sviluppi interessanti anche per gli effetti dell’Ngf su alcune cellule del sistema immunitario: “negli ultimi dieci anni – prosegue Cattaneo – lo hanno dimostrato in modo molto preciso molte ricerche, condotte anche all’Ebri”, l’Istituto europeo per le ricerche sul cervello fondato da Rita Levi Montalcini. “Si è scoperto, per esempio, che fra le cellule bersaglio dell’Ngf ci sono quelle della microglia, che svolgono un ruolo protettivo e anti-infiammatorio”. Anche questo risultato potrebbe essere importante per la terapia dell’Alzheimer perché l’Ngf potrebbe fornire una protezione alle cellule nervose colpite dalla malattia.

Parallelamente si prepara l’azione su altri tre fronti: utilizzare l’occhio come una finestra sul cervello in cerca delle proteine mal ripiegate visibili nella retina, identificare le firme molecolari delle diverse forme della malattia in modo da dare a ogni paziente il farmaco più adatto, riuscire a combattere le anomalie direttamente all’interno delle cellule nervose. Ci sono infine le grandi sfide di riuscire a capire come si sviluppa il cervello e che cosa sia la coscienza. Nel primo caso un grande aiuto potrà venire dai cervelli in miniatura coltivati in laboratorio (organoidi) e nel secondo si stanno combinando tecniche come elettroencefalogramma e stimolazione magnetica transcranica per riuscire a rilevare i segnali caratteristici della coscienza in chi dorme o in chi è in coma o in stato vegetativo. “Esplorare la coscienza – conclude Cattaneo – è una sfida della ricerca che tocca la natura stessa dell’uomo e della mente”.

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Covid, l’identikit genetico influenza la risposta al vaccino

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La risposta alla vaccinazione contro Covid-19 è influenzata da caratteristiche genetiche individuali, in particolare da alcuni geni associati al complesso maggiore di istocompatibilità, il sistema attraverso cui l’organismo distingue le componenti proprie da quelle estranee. È quanto è emerso dallo studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Cnr-Itb) pubblicato sulla rivista Communications Medicine.

“Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, osserva Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb che ha guidato lo studio, condotto su 1.351 operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021 Dalla ricerca è emerso che le caratteristiche di una porzione del cromosoma 6 erano legati ai livelli di anticorpi anti-Covid. “In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria”, aggiunge la prima firmataria dello studio Martina Esposito.

“Questi geni – gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo – sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi”. Per i ricercatori, la scoperta potrebbe consentire di “differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili”, conclude Massimo Carella, vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, che ha collaborato allo studio.

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Record per raccolta del plasma, ma autosufficienza scende al 62%

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La raccolta di plasma ha raggiunto livelli record nel 2023 in Italia, ma paradossalmente l’autosufficienza di questa componente del sangue è più lontana, a causa dell’aumento della domanda di immunoglobuline. E’ quanto è emerso dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue (Cns), che ha visto a confronto esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari diffusi nel corso del convegno, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente.

L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, dai circa 104 grammi ogni mille abitanti del 2022 ai 108 del 2023 (+3,8%). Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.

L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale – ha commentato il direttore del Cns, Vincenzo de Angelis -. I dati, per quanto ancora preliminari, confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il Covid ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

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Corona Virus

Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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