Sale l’allerta per i casi di influenza aviaria nel mondo: dopo varie segnalazioni nell’ultimo anno in Russia, dalla Cina arriva la notizia di un primo caso umano da un nuovo ceppo che finora non aveva circolato, l’H10N3. Virus pericolosi, quelli che albergano in uccelli selvatici ma anche d’allevamento, e che secondo gli esperti possono rappresentare una nuova potenziale minaccia pandemica. Per questo, vanno strettamente monitorati. l’ultimo allarme e’ scattato appunto in Cina, dove il ceppo H10N3 dell’influenza aviaria si e’ trasmesso per la prima volta da animale a esseri umani, infettando un uomo di 41 anni che e’ stato ricoverato con sintomi influenzali in ospedale il 28 aprile. La Commissione sanitaria nazionale (Nhc) di Pechino ha pero’ precisato che “il rischio di una diffusione su larga scala e’ estremamente basso”. Il contagiato risiede nella citta’ orientale di Zhenjiang. Non si spiegano le circostanze del contagio ma si aggiunge che l’uomo e’ sotto osservazione ma potrebbe essere dimesso presto. L’ultima epidemia di influenza aviaria, causata dal ceppo H7N9, si e’ verificata fra il 2016 e il 2017. In totale, dal 2013 il ceppo H7N9 ha infettato 1.668 persone, provocando la morte di 616 di esse, secondo dati della Fao. E si monitorano con cautela anche i casi di influenza aviaria verificatisi in Russia: “Nessun allarme, ma e’ necessaria una crescente attenzione”, ha avvertito la Societa’ italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Dall’autunno 2020 in Russia sono stati infatti registrati diversi focolai di influenza aviaria e il 21 febbraio la Russia ha annunciato di aver individuato il primo caso di trasmissione all’uomo del ceppo H5N8 altamente patogeno. Anche un recente articolo della rivista Science riporta all’attenzione il potenziale pandemico di tali virus aviari. Questo virus “possono rappresentare una nuova potenziale minaccia pandemica e vanno dunque strettamente monitorati, anche se al momento la trasmissione da uomo a uomo, in grado di innescare una pandemia, e’ avvenuta solo in rari casi”, sottolinea all’ANSA Massimo Andreoni, past president della Simit. L’influenza aviaria, spiega, “e’ sempre stata considerata quella a maggior rischio di poter sviluppare una pandemia ed i virus aviari sono tra i piu’ temuti. In questi anni vari ceppi, come H5N1 e H7N9, hanno circolato formando dei focolai epidemici in cui pero’ la trasmissione e’ sostanzialmente stata quella da animale a uomo”. Nella maggior parte dei casi non c’e’ stato cioe’ il passaggio della trasmissione da uomo a uomo, che e’ poi quello in grado di innescare una pandemia. Finche’ infatti la malattia si limita al passaggio dall’uccello selvatico o anche domestico all’uomo, rileva l’esperto, “la situazione e’ controllabile, anche se va sottolineato che il tasso di letalita’ tra gli uomini per queste infezioni virali e’ anche arrivato al 50%, quindi ad un livello molto alto”. Tuttavia, “se il passaggio resta da animale a uomo – chiarisce – cio’ limita l’ulteriore diffondersi dell’epidemia”. Fino ad oggi, fortunatamente, “i passaggi da uomo a uomo sono stati limitatissimi e sono documentati in pochissimi casi sporadici. Cio’ permette di dire – afferma – che questi virus non hanno ancora acquisito l’ulteriore caratteristica della capacita’ di passaggio interumano, pur avendo fatto il salto di specie dall’uccello all’uomo”. Il virus aviario H10N3 descritto ora in Cina e’ “un nuovo ceppo di influenza aviaria che fino ad ora non aveva circolato e dunque va monitorato attentamente, proprio per contenerne la trasmissione e comprenderne le caratteristiche”. In generale, conclude, “si tratta di virus pericolosi ed e’ cruciale mantenere il sistema di monitoraggio stretto sugli uccelli sia selvatici sia di allevamento, andando a testarne subito la presenza”.