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Agente Yoghi, lo sbirro che arresta mafiosi: sequestrare i patrimoni è cruciale per battere la mafia

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Agente Yoghi. È il nome in codice di uno sbirro con la S maiuscola che ha operato in Sicilia e Calabria contro la mafia. È uno di quegli ufficiali  dotato di esperienza significativa con cui facciamo le classiche 2 chiacchiere.

Iniziamo con una domanda tutto sommato standard. Cosa serve fare oggi contro la mafia, nella sua eccezione più ampia?

Contro la criminalità organizzata credo che in Italia, da alcuni anni, si stia facendo tanto. Io distinguerei la lotta alla criminalità in due distinte tematica, ovvero quella giudiziaria vera e propria e quella sociale che divido solo per ragioni di compiti,  ma in realtà hanno entrambe un unico obiettivo: liberare la società da un male secolare. Dal punto di vista giudiziario, andrebbe certamente cambiato l’art. 416 bis del C.P., adeguarlo ai nostri tempi. Non dimentichiamoci che è stato introdotto nel 1982.  Tra le tante modifiche credo che sia giunto il momento  di inserire, accanto alle classiche condotte che tipicizzano l’associazione mafiosa, ovvero “ la forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà”, anche l’ipotesi della corruzione. In Mafia Capitale credo che non sia stata riconosciuto l’associazione mafiosa, poiché i componenti del gruppo criminale “corrompevano” i pubblici funzionari e/o i politici, quindi non esplicitavano una condotta classica dei gruppi mafiosi. La mafia della “coppola e lupara” non esiste più, si è evoluta: non minaccia, corrompe. Sul piano sociale sicuramente le varie associazioni, fondazioni, gruppi, debbono presenziare il territorio, parlare con la gente, con i ragazzi, creare una rete di contrasto sociale, facendo capire alle persone che senza la mafia si vive sicuramente meglio. Si è liberi di scegliere, quindi di autodeterminarsi.

Le mafie sono ormai presenti in Europa. Ritieni sufficiente le metodologie di contrasto o si potrebbe fare di più?

La criminalità organizzata emigra, cerca nuovi mercati, nuovi territori, quindi va introdotto un codice di contrasto a livello Europeo, uguale in tutti i Paesi, con la possibilità di attuare qualsiasi attività investigativa senza rogatoria o altri vincoli burocratici.  In questo momento, sebbene le misure di prevenzione patrimoniali, strumento indispensabile per aggredire il patrimonio dei mafiosi, possono essere applicate anche nei confronti di cittadini dimoranti e/o residenti all’estero, di fatto è materialmente impossibile sequestrare/confiscare, ma anche individuare,  eventuali beni fuori dal territorio nazionale, in quanto tale strumento di contrasto viene applicato solo in Italia ed in qualche altro Paese europeo. Ne deriva che se tale principio giuridico non è riconosciuto in un’altra nazione, non può essere applicato. Un codice antimafia valido per tutta Europa, se non addirittura a livello mondiale, sarebbe la risoluzione di tanti problemi, con un’incidenza di contrasto sicuramente superiore a quella attuale. 

Chi combatte oggi la mafia è spesso vittima di  mascariamento.  Mi dai una definizione di tal termine? 

E’ una vecchia e subdola tecnica siciliana, usata anche contro Falcone, per delegittimare le persone che combattono la criminalità affinché il fedele servitore dello Stato perda credibilità agli occhi del popolo e delle istituzioni. In genere il “mascariamento” viene attuato quando si inizia ad indagare il livello più alto della criminalità. Per restare in “campo” siciliano è una tecnica dei “pupari”, ovvero coloro che nelle antiche rappresentazioni del teatro siciliano muovevano i “pupi”. Personalmente, nell’ultimo anno, sono stato oggetto di due articoli stampa, scritto da una specie di blog, tra l’altro anche con errori grammaticali, accusando me e altre persone di fatti talmente gravi che se solo avessi pensato, non dico fatto, un quinto rispetto a quello scritto in quegli articoli, avrei meritato l’ergastolo. Non voglio parlare di me, ma sulla serietà delle persone indicate nei pezzi, senza alcun timore di smentita, dico che non solo potrei mettere “le mani sul fuoco” ma anche tutto il corpo. Le “mascariate” generalmente non appartengono alla criminalità organizzata ma a quel mondo sommerso che ruota intorno alla stessa, costituito da professionisti, appartenenti alle istituzioni, politici che non appena intuiscono che il loro potere possa minimamente vacillare, perché intaccato da accertamenti e/o indagini, subito creano la “tragedia” (espressione usata dai corleonesi, allorquando seminavano morti a Palermo, facendo ricadere la colpa su altri), nei confronti di chi fa il proprio dovere. Personaggi che io chiamo “traditori della Patria”, collocati da Dante Alighieri, nella divina Commedia, con il corpo nel ghiaccio ed il viso rivolto in su. Li definisco “traditori della Patria” perché il loro ruolo è quello di servire fedelmente il Paese, non di servire il potere o difendere la loro poltrona.  Mi preoccupano quindi i tranelli, specialmente quelli istituzionali, quelli che provengono da soggetti che indossano la cravatta ed il papillon che, credendo nel loro potere, quando hanno finito di mascariarti attraverso le trame oscure, passano alle minacce istituzionali, magari chiedendo di trasferiti. Succede anche questo. 

Una domanda che faccio a tutti: che rapporto hai con la paura?

La paura è insita nell’uomo. Chi fa il mio lavoro deve dominarla, anzi contrastarla, anche attraverso un pizzico di incoscienza ed una sana ilarità, così come aveva fatto il Giudice Borsellino con Falcone: “Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: “Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello… quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti… Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”.

Personalmente ho operato sempre in aree di alta densità mafiosa (Sicilia e Calabria) e mi sono sempre occupato di criminalità organizzata ed i risultati, grazie ai mie superiori ed ai miei collaboratori, sono stati eccellenti.   Nonostante questi risultati non ho mai registrato un pericolo concreto, se non qualche messaggio larvato. La paura deve essere dominata e tenuta nascosta, altrimenti si innesca una insicurezza che si proietta all’esterno, maggiormente verso i propri collaboratori. Chi ha un incarico di responsabilità, o meglio come si dice nel gergo militare “di comando”, ha l’obbligo morale di infondere coraggio e sicurezza ai propri collaboratori, tenendo nascosto i propri sentimenti. Un’assunzione di responsabilità morale che distingue l’uomo dall’ignavo.  Del resto non posso permettermi di manifestare queste emozioni, perché ho la fama del “duro”. Lei stesso, dr. Calleri, mi definisce un orso, chiamandomi Yoghi ( il mio nome di battaglia è un altro). Un orso può permettersi di avere paura  quando è da solo nella propria tana, perché quando gira nei boschi, anche sfidando la cattiveria dell’uomo e le altre avversità, deve cercare di sopravvivere e proteggere i propri cuccioli pur sapendo di rischiare la vita. Vivere o morire non ha importanza. E’ importante avere vissuto a testa alta, senza piegarsi al potere occulto. Meglio spezzarsi che piegarsi. 

Un ricordo bello di qualche cosa di particolare che hai fatto in servizio da raccontare?

I ricordi operativi sono tantissimi, legati anche a momenti goliardici con i collaboratori; un modo per allentare lo stress e creare gruppo. Credo che il ricordo più bello sia legato alla cattura del capo della ‘ndrangheta, allorquando con due mie collaboratori, dopo aver sfondato la porta, ci siamo trovati davanti il latitante insieme a tre favoreggiatori. In quel momento ti rendi conto che hai raggiunto l’obiettivo,  di avere liberato un territorio da un personaggio che vessava un’intera popolazione. Il giorno dopo una donna telefonò alla centrale operativa e chiese di parlare con un carabiniere che aveva arrestato il latitante. L’operatore transitò la chiamata sul mio cellulare e la donna, in singhiozzo, disse testualmente: “Grazie. Avete liberato la città. Che Dio vi sia riconoscente”.  Credo che sia un grande soddisfazione, aldilà dei riconoscimenti ufficiali e di circostanza, poiché il ringraziamento che viene dal popolo è il più importante,  ti accorgi di aver fatto qualcosa per la società.

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Frontale ad Albanella, cinque feriti tra cui due bambini: coinvolte un’Audi Q3 e una Punto

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Paura nel pomeriggio di oggi nella zona di Matinella – Albanella, nel salernitano, dove si è verificato un grave incidente stradale nei pressi del caseificio La Perla a Pontebarizzo. Due auto, una Audi Q3 e una Fiat Punto, si sono scontrate frontalmente causando cinque feriti, tra cui due bambini.

A bordo dell’Audi si trovavano quattro persone, compresi i piccoli, mentre la Fiat Punto era occupata da un solo conducente. Tutti i coinvolti, in condizioni al momento non precisate, sono stati trasportati in ospedale per accertamenti e cure.

Sul posto sono intervenuti tempestivamente i Vigili del Fuoco del distaccamento di Agropoli, che hanno provveduto a mettere in sicurezza l’area dell’incidente e a supportare le operazioni di soccorso. Ancora in corso le indagini per ricostruire l’esatta dinamica del violento impatto.

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Inchiesta curve, Inter Milan patteggiano: per Inzaghi e Chalanoglu solo 1 turno stop

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Una giornata di squalifica per Simone Inzaghi e Hakan Calhanoglu, ammende rispettivamente di 15 e 30 mila euro e 70mila per l’Inter. Multa di 30mila euro per il Milan. Sono le sanzioni rese note dalla Figc comminate ai due club e ai tesserati coinvolti in seguito al patteggiamento con la Procura Federale, in merito al filone sportivo dell’inchiesta penale sulle curve e sui rapporti fra ultras e giocatori di Inter e Milan. La squalifica per Inzaghi e Calhanoglu verrà scontata nel prossimo turno con il Verona.

Grazie al patteggiamento le pene vengono dimezzate e non c’è il processo. Inzaghi e Chalanoglu hanno violato due articoli del codice di giustizia sportiva, quello sulla lealtà e correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme federali (4, comma 1) e l’articolo 25 comma 10 “che prevede il divieto di avere rapporti con esponenti di gruppi o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società, per avere avuto, quantomeno a partire dalla stagione sportiva 2022-23, rapporti con esponenti del gruppo Ultrà denominato Curva Nord’.

Tra gli esponenti del club multati c’è anche Javier Zanetti con 14.500 euro. L’Inter viene sanzionata con 70mila euro per responsabilità diretta e oggettiva (art. 6, commi 1 e 2) per i comportamenti del tecnico e del centrocampista, dello stesso Zanetti, di Massimiliano Silva e Claudio Sala (14.500 di multa e 30 giorni di inibizione). Quanto al Milan (sanzione di 30mila euro) per responsabilità oggettiva per i comportamenti ascritti a Fabio Pansa (30 giorni di inibizione e 13mila euro di multa) e Davide Calabria, che non ha al momento scelto la strada del patteggiamento e sarà quindi ascoltato dalla Procura federale.

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Chieti, tragedia durante un’escursione: trovati morti due Vigili del Fuoco nella forra del fiume Avello

Nico Civitella ed Emanuele Capone avevano 42 anni. Salvi altri due colleghi. Cordoglio delle istituzioni.

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Sono stati individuati e recuperati i corpi senza vita di Nico Civitella ed Emanuele Capone, i due Vigili del Fuoco di Chieti dispersi da ieri sera durante un’escursione in località Balzolo, nel territorio di Pennapiedimonte, provincia di Chieti. I due erano scivolati in una forra del fiume Avello mentre erano fuori servizio insieme ad altri due colleghi, tratti in salvo nella serata di ieri: Giulio De Panfilis, 32 anni, e Gabriele Buzzelli, 48.

Le operazioni di recupero

Il recupero dei corpi è stato lungo e complesso, affidato ai soccorritori del Corpo nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico e ai Vigili del Fuoco, con il coordinamento della Prefettura di Chieti. Sul luogo della tragedia anche i familiari delle vittime, alcuni dei quali hanno accusato malori per lo choc e sono stati assistiti dal personale del 118.

I corpi, rinvenuti in una zona impervia, sono stati trasferiti in un’area accessibile per permettere l’intervento dell’elisoccorso, che li ha trasportati all’obitorio dell’Ospedale di Chieti. È stata disposta l’autopsia per chiarire le cause esatte della morte, mentre ulteriori accertamenti saranno effettuati sui luoghi dell’incidente a cura dei Carabinieri del Comando Provinciale di Chieti e del Reparto Forestale del Parco Nazionale della Maiella.

Il cordoglio delle istituzioni

«Esprimo la mia più grande vicinanza alle famiglie dei due giovani, ai colleghi e a tutto il Corpo Nazionale», ha dichiarato il prefetto Attilio Visconti, Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco. «Anche fuori servizio, i Vigili si tengono in allenamento per migliorarsi e garantire soccorso agli altri».

Dolore e partecipazione anche dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Oggi piangiamo la tragica scomparsa di due Vigili del Fuoco. Ai loro familiari e colleghi va la mia più sincera vicinanza e gratitudine». Sul posto anche il sindaco di Pennapiedimonte Rosalina Di Giorgio, le unità psicologiche del Corpo, volontari della Protezione Civile e operatori da Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio.

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