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Accordo Ue sui migranti, Roma canta vittoria sulle Ong

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Una svolta notturna, un giro di telefonate che forse ha coinvolto direttamente Giorgia Meloni e Olaf Scholz, il successivo passo indietro della Germania: alla viglia del vertice di Granada l’Ue trova l’intesa sul regolamento delle crisi migratorie e può finalmente tornare a sperare di finalizzare il Patto nel suo complesso entro la legislatura. L’accordo è arrivato nella riunione dei rappresentanti permanenti a Bruxelles e, per raggiungerlo, è stato decisivo il declassamento del punto riguardante il principale pomo della discordia tra Roma e Berlino: le Ong.

“E’ passata la nostra linea, l’emendamento tedesco è stato ritirato”, ha sottolineato Meloni, che potrà volare in Andalusia dopo aver incassato una vittoria politica non scontata sul fronte migranti. Il nuovo testo mantiene il punto in cui si dice che gli aiuti umanitari sono esclusi dai casi di strumentalizzazione della migrazione ma lo declassa dall’articolato vero e proprio ai ‘considerando’, ovvero a quelli che figurano come i prequel di quanto viene disciplinato da una normativa. Da un punto di vista legislativo, di fatto, il passaggio perde tutta la sua forza.

Il testo è tornato così molto simile a quello precedente al compromesso presentato dalla presidenza spagnola giovedì scorso al Consiglio Affari Interni. Un compromesso che all’Italia non era piaciuto né nella tempistica, né nel merito, visto che andava a enfatizzare le operazioni delle Ong proprio nei giorni dello scontro tra Roma e Berlino. “L’emendamento tedesco era un passo indietro”, ha ribadito la presidente del Consiglio rimandando anche alle dichiarazioni del vertice Med 9 di Malta, dove ha incassato la sponda di Parigi sulla migrazione.

“L’intesa è stata un successo per l’Italia, ora si può accelerare”, ha sottolineato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani. L’accordo è stato salutato anche dai vertici Ue, a cominciare dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e dalla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola. Con l’ok al regolamento sulle crisi, infatti, viene a cadere anche il veto ai negoziati che l’Eurocamera aveva imposto sugli altri file del Patto sulla migrazione e l’asilo. Un patto che, ha ribadito von der Leyen, va concluso entro la fine della legislatura. Ovvero prima che diventi ostaggio della campagna per le Europee. Berlino da parte sua non ha ammesso alcuna sconfitta. In un tweet, Scholz ha parlato “di svolta storica” soffermandosi su uno dei punti più cari al governo tedesco, quello dei movimenti secondari. Il regolamento sulle crisi “limiterà efficacemente l’immigrazione irregolare in Europa e alleggerirà in modo duraturo l’onere di Stati come la Germania”.

Il quotidiano tedesco Faz non ha mancato di sottolineare come Berlino abbia “sbattuto sul granito di Roma” nel negoziato. In realtà, all’interno del governo semaforo il punto sulle Ong era caro soprattutto alla componente dei Verdi della ministra degli Esteri Annalena Baerbock. Che già sul testo presentato giovedì scorso dalla Spagna aveva dovuto far buon viso a cattivo gioco di fronte alla linea imposta da Scholz. “L’intesa è stata un successo per Berlino e l’Ue, abbiamo lottato perché fossero garantiti gli standard umanitari minimi”, si è comunque difesa Baerbock. La fumata bianca, in ottica europea, restringe le possibilità che il vertice dei 27 a Granada si trasformi in un ring.

Di migrazione si parlerà eccome ma è improbabile che si torni sul regolamento. Più realistico, invece, che si parli del Memorandum sulla Tunisia, che dopo gli ultimi ricatti di Kais Saied ha innescato un nuovo scontro tra von der Leyen e Charles Michel. Più di un Paese è pronto ad attaccare il modus operandi usato dalla Commissione. E la compilazione della Dichiarazione di Granada si sta rivelando più difficile del previsto. Polonia e Ungheria, contrarie al Patto sulla migrazione nel suo complesso, annunciano battaglia. Il rischio di uno scontro all’ombra dell’Alhambra è comunque dietro l’angolo. Nessuno vuole lasciare Granada come fece l’ultimo Sultano dei Mori, Boabdil, alla fine del XV secolo: in lacrime mentre, da uno sperone, salutava per sempre la città andalusa.

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La Rai annulla il confronto televisivo tra Meloni e Schlein per le Europee

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La Rai ha annullato il previsto confronto televisivo tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, in programma per il 23 maggio. Questa decisione arriva dopo la comunicazione dell’Agcom che ha sottolineato come un confronto del genere potesse avvenire solamente con il consenso di tutti i gruppi parlamentari rappresentati, condizione non soddisfatta dato che solo quattro degli otto gruppi hanno dato il loro assenso.

Il dibattito, che avrebbe avuto luogo nel contesto delle imminenti elezioni europee e che sarebbe stato moderato dal noto giornalista Bruno Vespa, è stato cancellato per mancanza della maggioranza richiesta dall’Agcom. La decisione di annullare l’evento è stata annunciata dalla Rai attraverso una nota ufficiale in cui si spiega che “nessun confronto è possibile in assenza della maggioranza richiesta”.

La Rai ha inoltre precisato che continuerà a garantire il rispetto della par condicio nei suoi notiziari e programmi di approfondimento, seguendo le linee guida dell’Autorità di regolamentazione. Con questa mossa, il servizio pubblico italiano si impegna a mantenere un equilibrio e una correttezza nella copertura delle campagne elettorali, riconosciute e sostenute dall’Agcom.

Questo annullamento segna un momento significativo nel dibattito politico italiano, influenzando non solo la visibilità dei candidati ma anche la dinamica dell’informazione politica in vista delle elezioni europee.

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Ultima stretta sul Superbonus e tutte le nuove norme finanziarie: l’esame approfondito

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Nell’arena politica italiana, la giornata di oggi segna un passaggio cruciale con la conclusione della prima fase di esame parlamentare del decreto legge sul Superbonus al Senato. Il dibattito è stato particolarmente acceso, evidenziando le fratture interne alla maggioranza, con Forza Italia che si è distinta in opposizione a specifiche misure proposte dal governo.

Il decreto, che introduce significative modifiche normative, è stato al centro di aspre discussioni, specialmente per quanto riguarda l’introduzione della misura dello spalma-crediti su 10 anni e la retroattività di tale provvedimento per le spese del Superbonus del 2024. Inoltre, Forza Italia ha combattuto, con successo parziale, la proroga della sugar tax, supportata dal resto della maggioranza e posticipata al 1° luglio 2025.

Durante i lavori della 6a Commissione, si sono verificati momenti di tensione significativa. In particolare, Forza Italia si è astenuta durante il voto su un emendamento cruciale, che è passato solo con il sostegno del presidente della commissione, Massimo Garavaglia (Lega), e di Italia Viva, che ha giocato un ruolo decisivo. La fiducia posta dal governo sul testo è stata approvata senza sorprese con 101 voti a favore, dimostrando una solida tenuta della maggioranza nonostante le divergenze interne.

Tra le novità più rilevanti approvate, si evidenzia il fondo di 35 milioni di euro istituito per il 2025, destinato al sostegno di interventi su edifici danneggiati da sismi, non coperti da precedenti decreti. Questo si aggiunge alle modifiche alla ripartizione dei crediti di imposta e alle diverse proroghe, come quella della Plastic tax al 1° luglio 2026 e varie nuove disposizioni per le banche e le assicurazioni riguardo la gestione dei crediti del Superbonus.

Importanti anche le risorse aggiuntive destinate a migliorare la gestione delle emergenze e del demanio, con significativi aumenti di fondi destinati a vari aspetti della gestione pubblica e infrastrutturale.

Il decreto ora passerà alla Camera per l’approvazione definitiva, prevista entro il 28 maggio, in una fase in cui il governo spera di consolidare ulteriormente le misure introdotte senza ulteriori ostacoli.

In sintesi, il cammino del decreto Superbonus si dimostra emblematico delle dinamiche politiche e delle priorità economiche attuali, rappresentando un tassello fondamentale nel più ampio quadro delle politiche di incentivazione e regolamentazione fiscale italiane.

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Accolto ricorso, Ilaria Salis va ai domiciliari a Budapest

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E’ stato accolto dal tribunale di seconda istanza ungherese il ricorso presentato dai legali di Ilaria Salis che può quindi uscire dal carcere e andare ai domiciliari a Budapest. Il ricorso era stato presentato dai legali di Ilaria Salis contro la decisione del giudice Jozsef Sós che nell’ultima udienza del 28 marzo le aveva negato i domiciliari sia in Italia che in Ungheria. In appello, la richiesta è stata invece accolta e quindi la 39enne attivista milanese, candidata con Avs alle prossime Europee, potrà lasciare il carcere a Budapest dove si trova da oltre 15 mesi con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Il provvedimento, che prevede il braccialetto elettronico, diventerà esecutivo non appena verrà pagata la cauzione prevista dal tribunale.

“Ilaria è entusiasta di poter finalmente uscire dal carcere e noi siamo felicissimi di poterla finalmente riabbracciare”: così Roberto Salis ha commentato la decisione del tribunale ungherese di concedere i domiciliari a sua figlia Ilaria che, dopo oltre 15 mesi, potrà lasciare il carcere dove è detenuta con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. “Non è ancora fuori dal pozzo – ha aggiunto ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo”.

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