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Esce Legnini entra Ermini, il Csm resta nelle mani di un ex deputato del Pd e infuria la polemica politica

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A volte, diciamolo, il sistema politico ed istituzionale italiano se le va a cercare certe situazioni al limite. Non della decenza ma al limite della credibilità. Perché le istituzioni devono essere credibili. Non sembrare, apparire credibili ma essere credibili. E tra le situazioni limite c’è sicuramente la elezione del vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. È un organo avente rilievo Costituzionale. È l’organo di autogoverno che assicura e difende l’indipendenza dei giudici rispetto non tanto al potere politico ma rispetto a tutti gli altri poteri dello Stato. È un modo anche per tenere lontani i sospetti che i giudici possano essere politicizzati o possano in qualche modo essere vittime delle sirene della politica. Nella realtà, però, non è così. O non sempre è così. Prediamo la elezione a vice presidente del Csm di David Ermini. È un eccellente avvocato. Negli ultimi dieci anni, però, è stato responsabile giustizia del Pd, riferimento di un mondo politico in materia di giustizia, impegnato per il Pd sul fronte giustizia in tutte le salse e in tutte le istituzioni parlamentari. Non c’è nulla di male, dirà qualcuno. È vero. Ma troppe cose stonano nella elezione di Ermini alla terza votazione. La sua elezione non è andata giù a molti. In primis al ministero della Giustizia, Alfonso Bonafede.

“Prendo atto che all’interno del Csm c’è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica!”. Così, in un post su Facebook, il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, ha commentato di primo acchito  l’elezione di Ermini.

Elezione vicepresidente del Csm. Il Presidente Mattarella proclama eletto alla terza votazione David Ermini

“Affidare la vice presidenza del loro organo di autonomia ad un esponente di primo piano del Pd, unico politico eletto in questa legislatura tra i laici del Csm è un segnale chiaro” spiega il ministro, che ricorda come in questi anni si è sempre battuto “affinché, a prescindere dallo schieramento politico, il Parlamento individuasse membri laici non esposti politicamente. Una battaglia essenziale, a mio avviso, per salvaguardare l’autonomia della magistratura dalla politica”. Ovviamente, spiega Bonafede, non c’è “nulla di personale nei confronti del neo eletto vicepresidente David Ermini, a cui faccio i migliori auguri di buon lavoro. Continuo a credere che il rapporto tra il ministero e il Csm sia fondamentale per il buon funzionamento della giustizia e mi impegnerò sinceramente. Ma ci sono atti che hanno un significato politico che non può essere ignorato” Luigi Di Maio parla di vicenda “Incredibile!”.

“Questo renzianissimo deputato fiorentino del Pd è appena stato eletto presidente di fatto del Consiglio Superiore della Magistratura. Lo hanno votato magistrati di ruolo e i membri espressi dal Parlamento. Ma dov’è l’indipendenza? E avevano pure il coraggio di accusare noi per Foa che non ha mai militato in nessun partito? È incredibile” scrive sempre su Fb il vicepremier Luigi Di Maio che spiega a chi lo segue che l’esponente dem Ermini  “si è fatto 5 anni in parlamento con il Pd lottando contro le intercettazioni: la riforma che abbiamo bloccato era proprio la sua. Ora lo fanno pure presiedere il Csm. Il Sistema è vivo e lotta contro di noi”, conclude il capo politico dei 5 Stelle.

Pe il resto ci sono i complimenti scontati ma freddini del presidente Mattarella che gli ricorda assieme agli auguri di buon lavoro che il Csm “è un organo collegiale che porta avanti collegialmente i compiti assegnati dalla Costituzione”. E gli auguri dei Presidenti delle due Camere.

A proposito di giudici e politica e di necessità di tenere separate queste due stanze del potere, ricordiamo che dei 24 membri del Csm  16 sono  membri togati, e sono eletti dai magistrati, mentre gli altri otto sono membri laici che vengono votati dal Parlamento in seduta comune. I laici sono Alberto Maria Benedetti, Filippo Donati, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna, Emanuele Basile, Alessio Lanzi, Michele Cerabona e David Ermini. Tre dei membri del Csm sono in quota M5S, che ha fatto votare online i candidati sulla piattaforma Rousseau (Benedetti, Donati, Gigliotti). Due in quota Lega (Cavanna e Basile). Gli ultimi tre sono stati indicati dalle opposizioni. Michele Cerabona e Alessio Lanzi, espressi da Forza Italia, entrambi avvocati. E infine Davide Ermini, ex responsabile giustizia del Pd. Ed Ermini, unico parlamentare uscente, ora il Csm lo presiederà. Come peraltro era accaduto col suo predecessore, Giovanni Legnini. Anche lui era stato Deputato e sottosegretario prima di andare a presiedere il Csm. Ecco davanti a questi fatti, spiegare poi alla gente comune concetti come indipendenza e autogoverno dei giudici diventa un po’ più complicato del solito. Però, come si dice, è la giustizia, bellezza!!!

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Detrazioni o assegni, governo a lavoro sulla famiglia

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Sostegno alla famiglia e ai ceti medi. Sono le due priorità alla quali il governo lavora in vista della predisposizione della manovra. E per le quali è caccia alle risorse nelle pieghe del bilancio ma anche attraverso uno strumento come quello del concordato preventivo che, nelle intenzioni della maggioranza, verrà reso “ancora più attrattivo”, attraverso lo strumento del decreto omnibus, in discussione al Senato. Dipenderà proprio dal gettito che porterà questo strumento il destino del taglio delle aliquote Irpef che il governo vorrebbe fortemente e che viene quantificato tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro. Per portare l’aliquota dal 35% al 33% sui redditi fino a 50mila euro – calcola il viceministro Maurizio Leo – servono 2,5 miliardi, mentre il conto sale a 4 miliardi se il beneficio fiscale viene esteso fino a 60mila euro, ora tassati al 43% nell’ultima tranche di reddito. Ma oltre ai ceti medi si punta anche sul sostegno alla natalità. “L’obiettivo – spiega Leo – è venire incontro alla famiglia. Questo è un tema prioritario”.

Con una doppia possibilità allo studio: il governo, spiega Leo, vuole “favorire le detrazioni per la famiglia e la natalità. Ci sono diverse strade: o potenziare l’assegno unico o introdurre detrazioni specifiche per i figli, perché adesso la detrazione c’è dopo i 21 anni”. Due opzioni allo studio, dunque, per un pacchetto che viene stimato tra i 5 e i 6 miliardi. L’assegno unico potrebbe essere rimpinguato ma è difficile ipotizzare, si spiega dalla maggioranza, l’introduzione di una soglia di reddito che andrebbe a cambiare del tutto la misura di tipo universalistico. Altro discorso, sul quale si starebbe ragionando, invece, è quello di escludere l’assegno dall’Isee per evitare un ricasco su altre possibili agevolazioni. Un’altra strada è invece quella dell’introduzione di detrazioni per scaglioni di reddito.

La soluzione, in ogni caso, dipenderà non solo dalla fattibilità tecnica ma anche dalle risorse a disposizione per una manovra viene quotata tra i 23 e i 25 miliardi. Il primo step per capire quanto la coperta potrà essere ampia sarà quello del Psb: il piano che indicherà riforme e investimenti della traiettoria settennale per l’aggiustamento del bilancio. Il piano dovrebbe essere illustrato dal ministro Giancarlo Giorgetti nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo anche se servira ancora del tempo. Soprattutto servirà la revisione dei dati macro che l’Istat ha in programma per il 23 settembre, dopo di che verrà definitivamente ultimato per il varo in Cdm. Poi ci saranno, come spiegato in capigruppo dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, una decina di giorni per l’esame parlamentare e verrà inviato a Bruxelles entro la prima decade di ottobre. “E’ davvero importante – ha ricordato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe al termine della riunione di oggi – che i piani siano credibili e completi per garantire che realizziamo i due obiettivi di consentire alle nostre economie di crescere e anche di garantire che abbiamo finanze pubbliche stabili, sicure e solide”.

Una volta messo a punto il Psb sarà più chiaro su quante risorse si potrà contare anche per esaudire eventuali richieste dei partiti. Che rivendicano le loro misure bandiera oltre anche a fronte del pacchetto famiglia. Sul fronte detrazioni Noi Moderati chiede il raddoppio del tetto delle detrazioni scolastiche al 19% (attualmente è a 800 euro). Prioritaria per la Lega è la questione della flat tax mentre si mentre per Forza Italia resta centrale la conferma della rivalutazione straordinaria almeno al 2,5%. Gli azzurri insistono anche sul fondo per il caro affitti degli studenti fuori sede. Per capire quanta agibilità ci sarà sulle richieste che esulano dai filoni prioritari della manovra sarà però necessario attendere il varo del Psb.

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Ursula vuole chiudere sulle nomine, il nodo deleghe

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Chiudere la lista dei nuovi commissari martedì prossimo per avere il nuovo esecutivo formalmente efficace dal primo dicembre, a meno di un mese dalle elezioni americane: Ursula von der Leyen, in queste ore, ha un solo obiettivo in testa. Centrarlo, tuttavia, resta non facile. Le incognite attorno ai portafogli da assegnare ai vari commissari restano diverse, il Parlamento sloveno continua a tenere in sospeso il via libera al candidato di Lubiana, e le formazioni del centro e del centro-sinistra sono pronte ad una battaglia senza esclusione di colpi per dire la loro.

“Da qui a martedì è lunga, soprattutto se si parla di politica”, sono le parole con le quali, il portavoce della Commissione Eric Mamer, ha riassunto i mille dubbi che attanagliano i vertici di Palazzo Berlaymont. Lo stesso Mamer, invero, ha spiegato tuttavia che von der Leyen è “determinata” nel rispettare la scadenza prefissata. Martedì, a Strasburgo, vuole presentare la sua squadra al Conferenza dei presidenti, e poi illustrare le sue scelte alla stampa. Lunedì in un ultimo round di incontri con i gruppi della maggioranza, proverà a puntellare il suo castello. Con il rischio che una pedina sbagliata potrebbe far saltare tutto, in un quadro nel quale i rapporti tra il Ppe e gli altri gruppi filo-Ue – Socialisti, Liberali e Verdi – sono tornati ad essere a dir poco traballanti. “I Socialisti non sono mai stati così deboli, bocciare i candidati sostenuti dal Ppe potrebbe trasformarsi in un boomerang”, ha avvertito il capodelegazione di FI Fulvio Martusciello. Il primo vero ostacolo davanti a von der Leyen si annida invero non a Roma, ma nella piccola Slovenia. Nel Paese carsico il cambio di candidato deciso dal primo ministro Robert Golob ha innescato una rivolta politica bipartisan.

L’accusa, trasversale, è che sia stata von der Leyen a costringere Golob a far ritirare Tomaz Vesel sostituendolo con Marta Kos, in nome dell’equità di genere. La commissione parlamentari per gli Affari Esteri e Ue, che era chiamata a votare Kos, non è stata neppure convocata. Gli europarlamentari sloveni di Sds – forza che fa capo all’ex premier populista Janez Jansa ma che è dentro al Ppe – hanno annunciato che non voteranno per la candidata e hanno chiesto accesso ai documenti della Commissione e del governo sloveno relativi alle procedure di candidature. E l’ex diplomatica Marta Kos è stata accusata di aver collaborati con i servizi segreti iugoslavi. Von der Leyen, di fronte allo stallo sloveno, potrebbe andare comunque sulla sua strada, forzando la mano e presentando ugualmente la lista, con il nome di Kos al suo interno. Ma sarebbe una mossa che non distenderebbe il clima attorno alle nomine europee. Nomine sulle quali le deleghe da assegnare restano avvolte in una nube di incertezze. Le vice presidenze esecutive dovrebbero essere sei, come anticipato, e andare a Thierry Breton, Teresa Ribera, Valdis Dombrovskis, Raffaele Fitto, Maros Sefcovic, Kaja Kallas.

Del sestetto il più debole è Sefcovic, commissario uscente di lunga esperienza e apprezzato a Bruxelles, ma rappresentante di un Paese, la Slovacchia, che con il populista Robert Fico si avvicina a grandi passi alle posizioni orbaniane. Fitto potrebbe invece avere una delega diretta alla Coesione e al Pnrr, perdendo quella all’Economia, dossier che non è ancora chiaro se rientrerà in quelli sotto la sua vicepresidenza. Per l’Italia, in ogni caso, è importante che sotto l’ala di Fitto finisca una Direzione Generale (la dg Regio, ad esempio). Nel frattempo è stato Enrico Letta a spiegare che, se Fitto si mostrerà impegnato per l’Ue, dovrebbe avere “il più ampio sostegno possibile”: A Breton è in via di assegnazione il potente portafogli dell’Industria, a Ribera andrebbe la Concorrenza, a Dombrovskis l’Allargamento e il dossier della ricostruzione ucraina. Von der Leyen, per placare i Socialisti, dovrà assegnare gli Affari Sociali e le Politiche abitative ad un loro esponente, forse la romena Roxana Minzatu. Nel frattempo il gruppo S&D continua ad alzare la posta: l’ultima richiesta è quella di un commissario ad hoc allo Sviluppo.

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Appalto ai fratelli di Emiliano, imbarazzo del governatore

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La gara d’appalto da 41mila euro affidata dal Consiglio regionale pugliese ad una società dei fratelli del governatore Michele Emiliano sta mettendo in imbarazzo il presidente della Regione Puglia. Nulla di irregolare, come tutte le parti si stanno affrettando a sottolineare, ma il caso è evidentemente politico. Lo ha ammesso lo stesso Emiliano questa mattina. “La società – ha spiegato – è stata invitata, in modo inopportuno, dal Consiglio regionale” per la fornitura di attrezzatura e “in maniera inopportuna” l’azienda “ha risposto alla richiesta di fornitura”. “Credo – ha tuonato Emiliano – che dal punto di vista formale sia tutto regolare, ma se la potevano risparmiare sia gli uni che gli altri. Mettere in difficoltà il presidente è una cosa che si doveva evitare, sono dispiaciuto ma non è successo nulla di drammatico”.

Al centro dello scontro politico c’è un affidamento diretto da 41mila euro destinato all’acquisto di arredamento per l’area relax e la biblioteca del Consiglio regionale. Unica azienda invitata a partecipare quella dei fratelli di Emiliano, la Emiliano srl, che si è aggiudicata la gara con un ribasso dell’1%. La procedura è stata già verificata e, secondo gli uffici del Consiglio regionale, risulta essere conforme alla normativa. Nessun illecito, quindi. Ma, come sottolineato dal governatore, resta l’opportunità. La gara ha messo evidentemente in difficoltà il presidente della Regione: “L’impudenza di Michele Emiliano – ha attaccato il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto – ha toccato il fondo. Confidare, o meglio pretendere che qualcuno possa credere che lui non fosse a conoscenza dell’aggiudicazione ai fratelli della fornitura di arredi, avvenuta sotto il suo naso, significa chiedere ai pugliesi di credere alla fata turchina”.

Anche il gruppo di FdI si chiede se sia “mai possibile che tutti scendano dal pero?”. Possibile, insistono, che venga “fatta una ricerca di mercato chiamando a partecipare l’azienda di famiglia del governatore, tenuto conto che la società si chiama proprio Emiliano srl?”. Per i consiglieri regionali di Forza Italia si tratta di “una pagina imbarazzante, con diversi profili di inopportunità”.

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