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Corona Virus

Coronavirus: siamo a 17 morti morti e 653 contagiati, ma anche tantissimi pazienti guariti

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Salgono ancora morti e contagiati dal Coronavirus ad una settimana dal primo caso italiano: con le cinque di oggi (tutte in Lombardia) le vittime sono 17. Mentre i positivi al Covid-19 diventano 653. Ma crescono anche i guariti dimessi dagli ospedali (sono 45). Ed arrivano segnali che indicano voglia di ripresa di una vita normale dopo giorni di quarantena: dalla riapertura del Duomo di Milano ai turisti alla possibile ripresa delle scuole da lunedi’ in diverse regioni. Mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio vuole rassicurare il mondo: “girano tante notizie errate che stanno danneggiando la nostra economia, ma solo lo 0,1% dei Comuni e’ coinvolto dall’epidemia”. Proprio la necessita’ di dare una svolta alla comunicazione e’ stata stressata dal Governo, dopo giorni segnati dalle notizie sull’escalation del contagio, dalle polemiche con le Regioni e da posizioni divergenti nella comunita’ scientifica.

In mattinata, il premier Giuseppe Conte, prima di andare a Napoli per il vertice con la Francia, ha fatto visita alla sede della Protezione civile dove era riunito il Comitato operativo sull’emergenza. Il capo del Dipartimento, Angelo Borrelli, e’ sceso subito dopo in sala stampa per il consueto punto delle 12 ed e’ partito subito con la “buona notizia” dei 37 guariti in Lombardia. Walter Ricciardi, il consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, aveva in precedenza invitato a considerare come casi positivi solo quelli confermati dall’Istituto superiore di Sanita’, “mentre quelli comunicati dalle Regioni devono essere considerati come casi sospetti. Le Regioni hanno l’obbligo morale di seguire le indicazioni centrali altrimenti si genera il panico collettivo”. Finora, tuttavia, tutti i 282 casi inviati dai laboratori regionali all’Iss sono stati confermati come positivi.

In Lombardia 5 i morti di oggi, ultraottantenni che avevano un quadro clinico gia’ delicato. E nella regione in testa per numero di contagiati (403) si registrano anche 40 guariti dimessi. Complessivamente, questi ultimi sono 45 (il 7% dei 650 positivi). Tra le regioni piu’ colpite dal virus seguono poi Veneto (111 contagiati, 2 morti), Emilia Romagna (97 e 1 morto), Liguria (19), Sicilia (4 e 2 guariti), Marche (6), Lazio (tutti e 3 guariti), Campania (3), Toscana e Piemonte (2), Alto Adige, Abruzzo e Puglia (1). I ricoverati con sintomi sono 248, 56 sono in terapia intensiva e 284 in isolamento domiciliare. Non sono emerse nuove ‘zone rosse’. Ricciardi ha parlato di “un focolaio e mezzo” in Italia: “quello originale e’ nella Bassa Lombardia e poi ce ne e’ uno piu’ piccolo in Veneto che siamo riusciti a ricondurre al focolaio lombardo”. I tamponi somministrati sono stati 12.014 (la meta’ in Veneto). Il sistema dei tamponi, ha riconosciuto il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, “che forse nei primi giorni ha avuto un impiego eccessivo, anche comprensibile, credo che una volta regolamentato nei prossimi giorni tornera’ a regime. Il tampone – ha aggiunto – va fatto solo nei sintomatici. Questo non vuol dire pero’ che i sospetti di contatti stretti non debbano mettersi in quarantena. Le due misure non sono due alternative: faccio il tampone e non mi metto in quarantena”.

Sul fronte ordinanze, il Tar ha sospeso quella con cui la Regione Marche aveva disposto la chiusura di scuole, musei e inibito tutte le manifestazioni pubbliche fino al 4 marzo, perche’ quando e’ stato preso il provvedimento non c’erano casi accertati di contagio nella regione. Il Governatore Luca Ceriscioli pero’ non si e’ arreso e con una nuova ordinanza ha ribadito lo stop alle attivita’, ma solo fino alle 24 di sabato, “con nuove motivazioni rafforzate” dal fatto che “i casi positivi nelle Marche sono diventati sei”. Intanto, si accende anche il faro dell’Antitrust sul business di mascherine (c’e’ chi li ha commercializzate a 5mila euro) e igienizzanti venduti online, dopo le ispezioni della Guardia di finanza – su disposizione della procura di Milano – ad Amazon ed e-Bay. L’Authority ha inviato una richiesta di informazioni ed alle principali piattaforme di vendita e ad altri siti di vendita on line in riferimento alle modalita’ di commercializzazione di questi prodotti. I chiarimenti dovranno arrivare entro tre giorni.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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