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Cronache

Pinchiorri accusato di stalking, “supererò anche questo”

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“Ne ho passate tante, superero’ anche questa”. Giorgio Pinchiorri, il re dei sommelier travolto dall’accusa di stalking da parte di una sua ex dipendente, si dice fiducioso “di dimostrare la mia correttezza”. Il titolare dell’omonima e celebre enoteca, premiata con tre stelle Michelin, al pm Giovanni Solinas, che segue le indagini sul presunto caso di stalking, a suo tempo ha gia’ fornito la sua versione dei fatti. Fatti che pero’, descritti da una sua ex dipendente, una donna moldava di 33 anni, raccontano un incubo fatto di una vera e propria persecuzione, pedinamenti, regali insistenti e sgraditi. Una ragnatela di attenzioni non volute e asfissianti, secondo la donna, che la costringono persino a licenziarsi. Ma anche la sua lontananza dall’enoteca non fermano, racconta, le insistenze dell’uomo ora indagato proprio perche’ nella denuncia la 33enne spiega di essere stata molestata con fastidiose avances per 5 anni. Non solo regali e pedinamenti ma anche sms e telefonate. E nonostante fosse stato gia’ denunciato in varie occasioni e un anno fa sarebbe stato raggiunto da un ammonimento del questore di Firenze, avrebbe continuato a perseguitarla. La vicenda avrebbe avuto inizio nel 2015 e un anno dopo la donna avrebbe deciso di licenziarsi per non dover continuare a subire. L’ultimo episodio risalirebbe alla notte tra giovedi’ e venerdi’ scorso quando, uscendo da un ristorante del centro di Firenze dove lavora attualmente, la donna si sarebbe ritrovata Pinchiorri nuovamente di fronte. A quel punto avrebbe chiamato i carabinieri. La procura di Firenze avrebbe gia’ chiuso le indagini e si appresterebbe a chiedere il rinvio a giudizio. Il faldone in mano ai magistrati conterrebbe le denunce raccolte nei mesi dalla donna, assistita dall’avvocato Federico Scavetta. Stando al racconto fatto dalla ex dipendente, Pinchiorri aveva cercato di conquistala anche con regali e sorprese sotto casa. Alle accuse per il momento non replica il diretto interessato. A parlare e’ invece il suo avvocato Maria Cristina Paoli. “Quello che posso dire e’ che la giovane e’ stata dipendente dell’Enoteca e non andava d’accordo con nessuno”, dice l’avvocato. E per questo si sarebbe dimessa una prima volta. La donna “e’ poi stata riassunta – conclude l’avvocato Paoli – ma ha continuato a litigare con tutti”. “Il mio assistito e’ preoccupato ma anche molto tranquillo”, conclude l’avvocato Maria Cristina Paoli.

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Baby prostitute a Bari, i clienti pagavano fino 1000 euro

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Uomini, per lo più professionisti facoltosi, disposti a pagare mille euro per rapporti sessuali con ragazzine. C’è anche chi ha donato una carta di credito oro “da cui potevamo prelevare più di 20mila euro a settimana ma il pin che ci aveva dato non permetteva il prelievo”, ha raccontato agli inquirenti una delle 16enni coinvolte nel presunto giro di prostituzione scoperto dalla squadra mobile di Bari. “La mia amica che sa tutto di me – ha detto un’altra minorenne coinvolta – un paio di mesi fa mi ha raccontato di rapporti avuti con un uomo di Molfetta che l’ha contattata via Instagram e in seguito le ha dato mille euro”. Denaro che le ragazzine incassavano anche se costrette ad assistere ai rapporti di amiche con adulti.

Sono alcuni dei dettagli contenuti nell’ordinanza, firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Giuseppe Ronzino, che ieri ha portato alla esecuzione di 10 misure cautelari a carico di altrettante persone accusate a vario titolo di aver indotto, favorito, sfruttato, gestito e organizzato la prostituzione delle ragazzine. Gli incontri si organizzavano anche via Telegram, attraverso un gruppo realizzato da uno dei clienti. “Questo gruppo era impostato – ha spiegato una delle ragazzine – in modo tale che ogni giorno si cancellavano tutte le chat”.

Tra gli indagati ci sono anche alcuni dei presunti clienti: si tratta di Fabio Carlino e Roberto Urbino, che sono agli arresti domiciliari, mentre per un altro, Stefano Chiriatti, avvocato di 55 anni di Lecce, è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza, come per il 45enne barese Michele Annoscia che gestiva una struttura ricettiva in cui “tollerava l’esercizio della prostituzione”, si legge negli atti dell’inchiesta. In carcere sono finite quattro donne, Marilena Lopez di 35 anni, Federica Devito di 25 anni, Elisabetta Manzari di 24 anni e la 21enne Antonella Albanese.

Per quest’ultima il gip al termine dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto nel pomeriggio di oggi, ha disposto i domiciliari perché ha “ammesso gli addebiti contestati in merito alla introduzione nella attività di prostituzione” di una delle 16enni coinvolte. In cella sono finiti anche il 29enne Ruggero Doronzo, originario di Trani; e Nicola Basile di 25 anni. Il 25enne ha respinto l’accusa di aver organizzato, gestito e sfruttato il giro di prostituzione minorile ammettendo di aver avuto rapporti sessuali, a suo dire, “consenzienti e non a pagamento” con due sedicenni, una delle quali conosciuta da tempo. L’uomo avrebbe anche confermato di aver passato il numero di telefono della sua amica a un uomo di 55 anni con cui lui giocava a poker e di averlo fatto per favorire un incontro che pare abbia fruttato alla 16enne o a chi gestiva il giro di prostituzione tra i 400 e i 500 euro. Nei prossimi giorni saranno ascoltati anche gli altri indagati.

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Geenna, annullata gran parte della confisca dei beni di Raso

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La Corte d’appello di Torino ha annullato gran parte del decreto di confisca dei beni del ristoratore Antonio Raso, coinvolto nel processo Geenna sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Tra i beni che non sono più confiscati anche le quote del ristorante ‘La Rotonda’ e un appartamento. Non è rientrato nelle disponibilità del ristoratore solo un conto corrente, per il quale si discuterà molto probabilmente in Cassazione. La decisione arriva all’esito dell’appello-bis relativo alla misura di prevenzione: la perizia del commercialista nominato dai giudici ha infatti appurato una ‘sproporzione ingiustificata’ tra i beni e i redditi di Raso di circa 140 mila euro. Una cifra molto inferiore a quella che invece aveva accertato la Direzione investigativa antimafia, che nel dicembre 2019 aveva sequestrato beni per un valore stimato di circa un milione.

La confisca, che era stata disposta il 12 aprile 2021 dalla sezione misure di prevenzione del tribunale ordinario di Torino, riguardava – oltre alle quote appartenenti a Raso della società che gestisce il ristorante La Rotonda di Aosta e un appartamento – anche un’autorimessa, due autovetture, tre conti corrente (dei quali uno al 50%) e il saldo attivo di due carte prepagate. “Siamo soddisfatti perché è stata restituita buona parte dei beni. E’ dall’inizio che noi sosteniamo questa tesi”, commenta l’avvocato Ascanio Donadio, che in questo procedimento assiste Raso con il collega e professore Enrico Grosso. Raso, scarcerato il 31 marzo 2023 dopo oltre quattro anni di custodia cautelare, è in attesa della sentenza – prevista dopo l’estate – del processo d’appello-bis di Geenna che si celebra con rito ordinario a Torino.

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Caso Iovino, al vaglio anche rapporti economici Fedez-ultras

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Nelle indagini sul caso Fedez-Iovino, ossia la vicenda del pestaggio del personal trainer romano “punito” con un blitz messo in atto da ultrà milanisti della cerchia del rapper lo scorso aprile, sono al vaglio, da quanto si è saputo, anche presunti rapporti economici tra il cantante di Rozzano e gli ultras che userebbe come “guardie del corpo”. Da quanto si è appreso, infatti, gli ultrà più vicini al rapper, come Christian Rosiello, riceverebbero compensi per questo servizio di “bodyguard” e poi, come nel caso Iovino, sarebbero anche stati utilizzati per risolvere questioni (nella vicenda del personal trainer si sarebbe trattato di un contrasto personale tra i due) con azioni intimidatorie o violente. Accertamenti sono in corso su questi aspetti, così come in Procura a Milano, più in generale, sono già aperte da tempo indagini sul mondo delle curve e sui relativi business illeciti.

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