Strage del Ponte Morandi, un anno di balletti e pressioni mediatiche sui cadaveri di 43 vittime innocenti
Oggi siamo ad un anno esatto dalla strage del Ponte Morandi. Stiamo parlando, per chi avesse smarrito quelle emozioni di un anno fa, di 250 metri di autostrada nel cuore di Genova crollati con un bilancio di sangue drammatico: 43 morti e decine di feriti. E danni per miliardi di euro alla città di Genova. […]
Oggi siamo ad un anno esatto dalla strage del Ponte Morandi. Stiamo parlando, per chi avesse smarrito quelle emozioni di un anno fa, di 250 metri di autostrada nel cuore di Genova crollati con un bilancio di sangue drammatico: 43 morti e decine di feriti. E danni per miliardi di euro alla città di Genova. Danni d’immagine per l’Italia non quantificabili ma assimilabili alla figura di merda planetaria che facemmo con la tragedia della Costa Concordia di capitan Schettino a largo dell’isola del Giglio.
Giovanni Castellucci. L’ad di Autostrade invitato alla cerimonia di commemorazione della strage del Morandi ha assoldato anche Sky Tg4 per le attività di lobbying pagando profumatamente per i servizi resi
C’è un inchiesta in corso che dovrà determinare responsabilità penali e civili. È compito della magistratura inquirente che sta facendo bene e in fretta il suo lavoro, sarà cura della magistratura giudicante sentenziare. All’epoca della strage del Morandi, il Governo del cambiamento (poi ribattezzato grazie agli equilibrismi propagandistici di Salvini governo del cambianiente) giurò: via le concessioni ad Aspi (Autostrade per l’Italia). Sembrava una reazione di pancia, invece il Governo fece sapere che era una reazione legittima “già che s’era speso quasi nulla per la sicurezza di quel tratto di autostrada di cui era conosciuta la pericolosità e il pericolo crollo”. Ci sono perizie tecniche della procura di Genova e relazioni della commissione tecnica del ministero delle Infrastrutture che fanno rabbrividire. Era una strage annunciata. E non è una espressione giornalistica campata in aria. È una certezza a leggere questi tecnici. Ma Autostrade ha diritto a difendersi in ogni sede, in ogni stato e luogo del procedimento penale in corso e quello amministrativo per la revoca delle concessioni avviato dal premier Conte.
Il Ponte Morandi. Autostrade per l’Italia era concessionaria di questo tratto di autostrada
Sulle concessioni ad Autostrade ballano miliardi di euro. Ed Autostrade ha consistenze economiche e risorse impegnate in attività di lobby che noi umani manco possiamo immaginare. Nulla di illegale, per carità. Tutto lecito. Ma lecito e etico non sono sempre aggettivi che camminano assieme. Andate a spulciare i nomi di chi è stipendiato per stare nei Consigli di amministrazione di società che fanno capo ad Autostrade e che gestiscono tratte autostradali a pagamento in Italia. Andate a vedere chi sono i consiglieri di amministrazione o i presidenti o i revisori dei conti di Tangenziale di Napoli, Autostrade Meridionali e altre consimili società della galassia Atlantia, casa madre di tutti. Leggerete nomi di ex ministri, ex deputati, ex senatori, figli di papà, ex magistrati che oggi prestano consigli a pagamento ad Autostrade. C’è un apparato di potere di lobby che è una macchina da guerra. E questa macchina da guerra oggi serve.
Genova. I cantieri aperti per la ricostruzione del Ponte Morandi
Questa macchina da guerra usa un linguaggio forense. Parla e scrive in punto di diritto. Sta mandando al manicomio il vicepremier Luigi di Maio che ha provato sinora (con alterne fortune) a fare gli interessi dello Stato italiano. Lui vorrebbe davvero togliere le concessioni ad Autostrade. E pensava che il suo “amico” (?) Salvini avesse le stesse intenzioni. Ma in un anno Di Maio è rimasto quasi da solo a sostenere questa volontà politica peraltro diventata promessa sui cadaveri di quelle 43 persone che non sono morte per un cataclisma naturale. Eh no, quei 43 italiani sono stati uccisi da qualcuno. Matteo Salvini aveva mollato Di Maio sulla questione Autostrade già da mesi, prim’ancora della mozione di sfiducia improvvisa e impavida a Conte. Questa mattina, alla commemorazione dei morti e nel giorno del ricordo di quella tragedia, nell’hangar del cantiere della ricostruzione, Di Maio (ma ancora di più i parenti delle vittime) si è ritrovare accanto a sé anche i vertici di Autostrade ovvero tutti quelli che sono indagati per la strage del Morandi. Poi sono stati mandati via. Perché o andavano via loro o se ne andavamo i familiari delle vittime.
Nessuna altra forza politica in questo Parlamento muoverebbe un dito per togliere le concessioni ad Autostrade. E allora possiamo già dire che, salvo fatti eccezionali, Autostrade potrà subire perdite in Tribunale con condanne penali o sentenze di condanna a risarcimenti di danni, ma le concessioni sono salve. Di Maio ha perso, Autostrade ha già “quasi” vinto la sua battaglia con lo Stato Italiano. La sconfitta decisiva per Di Maio è stata quella del ribaltone di Salvini: la sfiducia a Conte è la pietra tombale sulla revoca delle concessioni, come lo è stata (aldilà dei tatticismi) sulla riduzione dei parlamentari (che è l’ultima promessa da marinaio di Salvini).
Tutto è avvenuto in modo lecito? Immaginiamo ovviamente di sì. Il sistema delle lobbies che fa pressione sul Governo e sul Parlamento, usa strade lecite quando fa un lavoro di “pressione” lecito su legislatore e decisori della burocrazia. La guerra contro Di Maio e il suo Movimento è però andata a buon fine. Tra qualche giorno il Parlamento rilascerà il certificato di morte del governo Conte e l’apertura di altri scenari politici ed istituzionali. In nessuno di questi nuovi scenari è prevedibile trovare sponde per revocare le concessioni ad Autostrade. Il M5S è solo. Come per la Tav. Come per il taglio dei parlamentari. Come per i costi della politica.
E allora Autostrade ora deve gestire questa vittoria. E per farlo paga. Sempre tutto lecito. Pubblicità un po’ qua e un po’ là su certi media. Aumenti congelati dei pedaggi per chiudere qualche bocca e qualche fronte polemico. Qualche investimento in sicurezza come palliativo. E siccome Autostrade non ha problemi di risorse, s’è comprato i servizi di un intero telegiornale. Parliamo di Skytg24, ribattezzato con una punta di amara ironia anche Tg Lobby* da Il Fatto Quotidiano. Questo Tg, che ha ricevuto e riceve soldi da Autostrade in molte forme (non solo come attività di lobby e servigi vari) , ha piegato alcuni suoi stipendiati della redazione a fare il mestiere di lobbisti invece che i giornalisti. Lobbisti a favore di Autostrade. Ed è lo stesso Tg che oggi manda in onda servizi e approfondimenti sulla strage del Ponte Morandi. Un Tg che ha un direttore responsabile che riporta ed è sotto le dirette dipendenze del capo delle relazioni istituzionali del gruppo Sky. Ma questo è un altro capitolo che sarà affrontato su altro versante. Anche perché c’è una indagine in atto.
re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.
Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.
Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.
Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.
I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.
Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.
È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.
Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.
E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.