I sondaggi sono un po’ come la droga. A furia di assumerne dosi sempre più massicce si diventa dipendenti e si scambia il mondo virtuale con quello reale. Matteo Salvini, leader della Lega che ha dato il benservito al premier Giuseppe Conte ed ha aperto ufficialmente la crisi di Governo, è molto su di giri per i sondaggi che vedono la sua Lega veleggiare sotto il 40 per cento. Perchè le piazze che lui frequenta per comizi quasi quotidiani sono oggettivamente piene. Ma c’è quel famoso brocardo: “piazze piene, urne vuote”. E Salvini lo sa. È un politico navigato. Era un giovane collaboratore di Umberto Bossi nel 1994, da allora ne ha fatta di strada. In questo anno e mezzo di Governo, ministro dell’Interno che s’è visto pochissimo al Viminale, ha saputo parlare alla pancia del BelPaese e stimolarne gli istinti che sono poi le paure più recondite e profonde: il diverso, il migrante, il lavoro che non c’è, le tasse assurde, la sanità che non funziona, l’autonomia, i banchieri cattivi etc etc etc. Eppure anche lui era al Governo e poteva fare qualcosa. Ma, spiega Salvini, “non me l’hanno fatto fare per i continui no e rinvii del M5S”.
“Non sono nato per scaldare la poltrona – dice Salvini in queste prime ore di crisi di Governo -. Chiedo agli italiani se ne hanno la voglia di darmi pieni poteri per fare quel che abbiamo promesso di fare, fino in fondo senza rallentamenti. Se mi candido premier? Questo sicuramente sì. Poi siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie”, ha ribadito parlando con i giornalisti nella notte a margine del comizio elettorale di Pescara.
“L’Italia non può sopportare altri no, si facciano un esame di coscienza i M5S sui troppi no ideologici detti in questi mesi: basta si vada al voto” urla in piazza Salvini. Poi con i giornalisti assume toni più pacati e corregge un pochino il tiro, non foss’altro per garbo istituzionale. “Sul voto non decido io, decide il presidente della Repubblica – ha detto -. Lasciamo lavorare il presidente Mattarella, porto rispetto al presidente Mattarella”. E ne ha così tanto rispetto che teme possano nascere “governi alla Scilipoti, di salvapoltrone o voltagabbana”. Salvini sa che non c’è alcun automatismo tra le sue richieste legittime di elezioni e le elezioni, ma mette le mani avanti perchè lui è sicuro che non c’è alcun altra maggioranza in questo Parlamento. Gli italiano che che andarono al voto il 4 marzo del 2008 consegnarono un Parlamento senza maggioranza, il governo Salvini – Di Maio con premier Giuseppe Conte nacque per necessità non per virtù, sulla base di un contratto di Governo non per condivisione di ideali politici. In ogni caso è durato quel che è durato. Ed ora, quando Salvini in Parlamento farà cadere Conte e spiegherà perchè lo fa, la parola passerà non agli elettori automaticamente ma al presidente Mattarella che, per dovere costituzionale, dovrà esperire ogni possibile tentativo per verificare se c’è una maggioranza capace di governare il Paese. Se così non fosse, si vedrà con quale governo andare alle elezioni. Se con un governo balneare, se con un governo tecnico o se invece con questo governo in carica per gli affari correnti. Ma sono discorsi prematuri.
Matteo Salvini che già è candidato premier, anche se non ci sono ancora le elezioni, ora spera che “non ci sia nessuno che la tira in lungo per non mollare la poltrona” va dicendo nelle piazze.
Ed a proposito di poltrone, a chi gli chiede che fine farà la riforma costituzionale cara al M5S (che necessità del quarto e ultimo voto ) che porta al taglio di 345 poltrone in Parlamento, il leader legista è chiaro.
“Approvare prima la riforma per il taglio dei parlamentari come chiede Di Maio? Così poi non si vota – risponde Salvini -. Se passa questa legge non si va più a votare, tanta gente che ha paura di non essere rieletta userà nei prossimi giorni qualsiasi mezzo per mantenersi la poltrona ancora a lungo. Tempo scaduto”.
Delle questioni economiche, dell’Iva, dei commissari Ue ed altre scelte delicate? “La manovra economica la deve fare chi ha la forza e il sostegno del popolo italiano”dice Salvini. In democrazia lo dicono le urne queste cose, e le urne nel marzo del 2018 dissero che questo consenso era appannaggio del M5S. Ma Salvini è anche oltre la piattaforma Rousseau dei Cinquestelle. Salvini è già nella democrazia dei sondaggi. Per lui il 38 per cento che gli attribuiscono i sondaggisti sono voti, non speranze di voti.