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Cronache

Bus del terrore, Sy si presenta dal giudice con una foto di Di Maio: “È un terrorista che voleva fare una strage”

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Il signor Ousseynou Sy, l’autista che tre giorni fa ha sequestrato un bus con 51 bambini e gli ha dato fuoco, deve restare in  carcere. Il gip di Milano Tommaso Perna ha convalidato l’arresto, ha disposto la custodia cautelare ed ha smontato anche alcune sceneggiate penose dell’aspirante terrorista.  Ousseynou Sy dovrà difendersi anche dal reato di strage aggravata dalla finalità terroristica. Il gip Tommaso Perna nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere non ha dubbi nel contestare anche l’aggravante terroristica oltre ad altri reati come il sequestro di persona, la resistenza e l’incendio già contestati dal capo del pool dell’Antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Luca Poniz.

Sulle “voci” di “bambini morti in mare” che l’avrebbero spinto all’azione, nell’interrogatorio di convalida dell’arresto,  il giudice Perna è stato durissimo. Sy, ragiona il gipPerna, ha fornito “una posticcia e maldestra opera di rivisitazione della realtà” al fine “di poter contare sui benefici conseguenti ad una eventuale, ed improbabile, dichiarazione di incapacità di intendere e di volere”. A differenza del contenuto delle dichiarazioni rese dall’indagato innanzi al pm “nelle quali non aveva mai parlato delle voci”, scrive il gip, “in sede di udienza di convalida, da una parte” ha “confermato quanto dichiarato in precedenza, dall’altra, non senza una certa abilità, ha contestualmente tentato di fornire un quadro in qualche misura viziato da una sorta di pregiudizio di natura psichica”.

“Io non dormo quasi mai – ha messo a verbale Sy davanti al gip – perché ricorrono nella mia mente le voci dei bambini morti. Una volta sull’autobus mi si è presentato un bambino che mi ha chiesto di direzionare l’autobus a Linate”.  E ha anche mostrato al giudice una “effige in cui è raffigurato il vicepremier Di Maio, che viene presentato dall’indagato come la foto di un bambino morto”.

E ha insistito: “I bambini che si presentano nella mia mente mi hanno chiesto di essere aiutati, ma di non fare male ai bambini presenti sull’autobus”. In più occasioni nell’interrogatorio, spiega il gip, “si è riferito alla propria persona al plurale, così intendendo volersi riferire a sè stesso ed ai ‘bambini nella mia mente'”. “Quando i Carabinieri mi hanno intimato di fermarmi – ha detto ancora – io ho proseguito perchè loro non possono fermarmi quando io e i miei bambini decidiamo di fare qualcosa. Tra i miei bambini ce ne sono alcuni molto cattivi …Io e i bambini morti in mare non accettiamo che l’Africa venga sfruttata. Non avrei mai avuto lo stesso comportamento se sull’autobus ci fossero stati i miei bambini morti”. Il giudice, che non gli ha creduto, parla di un “maldestro tentativo dell’indagato di fornire una versione viziata del suo operato” che si scontra “con alcuni dati fattuali che debbono ritenersi incontrovertibili”. Davanti ai pm, infatti, spiega il gip, quei “bambini morti in mare” li aveva usati ma “per ribadire il suo convincimento di matrice fortemente ideologica”. Nel primo interrogatorio aveva dichiarato “anche condivisibilmente, di soffrire a causa delle morti in mare, di sentire il dolore dei morti (“Perchè quando tocchiamo queste cose qua – aveva detto – io sento il dolore dei bambini che stanno li'”)”.

É “provato” che Ousseynou Sy, avesse con sè, oltre che un coltello, anche una “pistola” scrive il gip  Perna che richiama sul punto le testimonianze, come quella di un insegnante che ha raccontato che il 47enne alzò “la sua maglietta mostrando una pistola inserita all’interno dei pantaloni ed in mano una lama, di circa 10 cm”.

Lo “scopo sotteso all’azione” di Ousseynou Sy, “era quello di costringere, o comunque condizionare, le politiche migratorie attualmente adottate dal Governo in carica”. Il suo “intento” era “quello di compiere un’azione dimostrativa sull’onta dell’ira” in lui generata, come ha riferito, “dall’episodio del mancato sbarco di 49 persone”, ossia la vicenda della nave Mare Jonio,  scrive sempre  il gip di Milano Perna nell’ordinanza.

Per il giudice è “del tutto inverosimile” la versione “offerta dall’indagato secondo cui non era sua intenzione quella di mettere in pericolo la vita degli ostaggi, dovendosi invece ritenere che soltanto per una combinazione di fattori indipendenti dalla sua volontà non si sono verificate conseguenze ben più gravi”.

La potenzialità offensiva della sua azione, si legge, era “elevatissima e concretamente idonea a raggiungere lo scopo terroristico prefissato”. Se fosse stata portata a compimento, “l’azione avrebbe senza dubbio alcuno gravemente intimidito la popolazione e avrebbe, con ogni probabilità, condizionato i pubblici poteri in relazione alle politiche in materia di accoglimento degli stranieri”.

Dato che “l’azione è stata condotta verso una scolaresca composta da ben 51 studenti, oltre dei loro insegnanti, deve altresì ritenersi che l’effetto intimidatorio nei confronti della popolazione, colpita nella sua primaria essenza vitale, ovvero i suoi figli, sia stato massimo” scrive il gip  Perna.

Ousseynou Sy “ha reagito ad un male che egli ritiene ingiusto per il suo popolo, con una sorta di rappresaglia verso un altro popolo, se di più popoli si può parlare in questa indistinta umanità di cui tutti facciamo parte” conclude il gip  Perna, che ha così confermato per lui l’accusa principale di strage aggravata dalle finalità terroristiche, evidenziando in più passaggi dell’ordinanza il suo “convincimento ideologico”. Sy, sottolinea il gip, “non si è pentito dell’azione” confondendo “la liceità del fine ideologico prefigurato (salvare delle vite) con i mezzi adoperati per lo scopo (che hanno invece messo a repentaglio altre vite)” ed è “rimasto totalmente indifferente rispetto ai rischi mortali ai quali ha esposto una moltitudine di individui”, tra i quali “donne e minori da lui indistintamente adoperati come ‘scudo’ umanitario”. E se non ci sono state “conseguenze” peggiori, scrive il gip, è solo per il “coraggio” di alunni e insegnanti e dei carabinieri.

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L’Italia: terra di santi, poeti, navigatori… e commercialisti

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L’Italia, patria di santi, poeti, navigatori e… commercialisti? Sembrerebbe proprio di sì, se guardiamo ai dati recentemente pubblicati dalla Fondazione nazionale di ricerca dei commercialisti. Nel loro rapporto annuale sull’albo della categoria professionale, emerge un trend in crescita che potrebbe far sorridere gli amanti delle espressioni stereotipate sul popolo italiano.

Nel corso del 2023, il numero di nuovi iscritti alla professione di commercialista ha registrato un significativo incremento, con ben 1.864 nuovi membri che hanno varcato la soglia dell’Albo. Ma non è tutto: sono state anche costituite 161 nuove Società tra professionisti, segno di un interesse sempre più vivo per questa professione.

Secondo i dati riportati, rispetto al 2007, anno cruciale che ha segnato la formazione dell’Albo unico tra dottori e ragionieri, il numero degli associati è aumentato del 12%, raggiungendo la considerevole quota di 120.424. Una crescita significativa, che testimonia l’importanza e la rilevanza che questa figura professionale continua a rivestire nell’ambito economico italiano.

Ma non è solo il numero degli iscritti a destare interesse. Anche la composizione della professione sta subendo delle trasformazioni. Secondo il rapporto, al 31 dicembre scorso le professioniste hanno raggiunto il 33,8%, mentre i giovani rappresentano il 14,7% della platea professionale. Un segno di cambiamento e di inclusione che caratterizza il tessuto dei commercialisti italiani.

Tuttavia, non mancano le sfide. Se da un lato si registra una crescita costante degli iscritti, dall’altro si osserva un rallentamento in alcune aree geografiche. Le regioni settentrionali e centrali, ad esempio, mostrano un tasso di crescita inferiore rispetto agli anni precedenti, mentre nelle regioni meridionali si assiste addirittura a un’inversione di tendenza.

Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, interpreta questi dati come una testimonianza della resilienza della professione di commercialista in un momento di crisi per molti altri settori professionali. La crescita costante e il recupero del reddito medio negli ultimi due anni dimostrano, secondo de Nuccio, la solidità e la dinamicità di questa figura professionale.

Insomma, se l’Italia è stata storicamente celebrata per i suoi santi, poeti e navigatori, sembra che ora i commercialisti abbiano conquistato un posto di rilievo nella narrazione del paese. Forse è proprio vero quello che si dice: in Italia c’è posto per tutti, anche per i numeri e le cifre.

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Scontro fra Vannacci e Paglia, consigliere di Crosetto

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Scontro a distanza fra Roberto Vannacci e il tenente colonnello Gianfranco Paglia , consigliere del ministro della Difesa Guido Crosetto, che a Zona Bianca, su Rete4, ha sostenuto che il generale, sospeso dal servizio e ora candidato con la Lega alle Europee, con il suo libro “ha macchiato l’uniforme, e noi militari non possiamo permettercelo”.

“Il mio dovere – ha aggiunto Paglia – è spiegare all’Italia tutta che il pensiero Vannacci non è il pensiero della Difesa”. “Io non ho visto la TV ma mi faccio una domanda – la replica di Vannacci su Facebook -: parlando in Uniforme esprimeva un suo parere personale o quello dell’Istituzione a cui appartiene? Perché io, per aver scritto un libro a titolo personale nel mio tempo libero, sono stato accusato e sospeso anche per aver suscitato l’associazione tra l’autore e le idee dallo stesso espresse all’Istituzione di appartenenza! Ma non mi preoccupo….si tratta di un fuoco di PAGLIA!”.

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Tabaccaio morto a Jesolo, non si esclude l’omicidio

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Una morte misteriosa ha turbato la tranquilla Jesolo Paese, la parte cittadina della località balneare veneziana. Questa mattina, i familiari hanno fatto una scoperta agghiacciante: il corpo senza vita di Roberto Basso, un uomo poco più che sessantenne, è stato trovato in un magazzino attiguo alla sua casa. Da quel momento sono scattate le indagini.

I Carabinieri del nucleo investigativo di Venezia e della compagnia di San Donà di Piave, insieme al sostituto procuratore Giovanni Zorzi, sono accorsi sul posto dopo la segnalazione dei parenti. La scena del delitto, se di delitto si tratta, è stata presa in consegna e analizzata attentamente. Non si è esclusa l’ipotesi più grave, quella di un omicidio, considerando le modalità del ritrovamento del cadavere e le condizioni in cui si trovava.

Roberto Basso, 64 anni, celibe e proprietario di una tabaccheria nella zona del Lido di Jesolo, era un uomo solitario, specialmente dopo la recente perdita della madre, con cui condivideva la casa. Questa tragedia ha colpito profondamente la comunità locale, con vicini e parenti sconvolti dall’accaduto.

Il medico legale, durante la prima ispezione cadaverica, ha notato sul collo di Basso dei segni che potrebbero far pensare a uno strangolamento, oltre al trauma cranico dovuto alla caduta al suolo. Tuttavia, tutte le piste sono ancora aperte, compresa quella di un incidente domestico.

Il procuratore Zorzi ha già annunciato l’autopsia, che sarà fondamentale per chiarire le circostanze della morte di Basso e per accertare se si tratti effettivamente di omicidio o di un tragico incidente.

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