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Cronache

Pozzi sequestrati e indagini avviate su tutta l’area ex fabbrica Pisani Vetri Saint Gobain, nelle acque di falsa c’è arsenico fino a 850 volte superiore alla norma. La procura parla di valori catastrofici e incompatibili per esseri umani

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La procura di  Santa Maria Capua Vetere ha emesso lo scorso 7 febbraio un decreto d’urgenza (convalidato dal G.i.p. in data 8.2.2019), con il quale sono stati sequestrati dodici pozzi utilizzati per uso domestico e fertirrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, in primis dell’arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità, con valori che in un pozzo sono giunti a superare di 850 volte i valori previsti per tale sostanza dalla tabella allegata al T.U. Ambiente.

Nella giornata dell’11 febbraio i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Caserta e quelli del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Caserta nonché della Sezione di Polizia Giudiziaria di questa Procura hanno dato esecuzione al detto decreto e conseguente convalida apponendo i segni materiali volti a precludere l’utilizzo dei detti pozzi, contemporaneamente svolgendo un’ulteriore attività di accertamento —unitamente a personale qualificato dell’Arpac- mediante carotaggi.

Detti carotaggi hanno avuto termine  ieri con esito positivo. Il rinvenimento di materiale appare essere scarto di produzione industriale, salve le successive analisi che saranno compiute da parte dei laboratorii abilitati dell’ARPAC per la classificazione certe del tipo di materiale rinvenuto. L’assoluto allarme destato da tali valori accertati dai magistrati. – catastrofici ed incompatibili con qualsiasi origine diversa da quella umana —ha, peraltro, comportato la necessità di approfondire la storia del sito. Partendo da un’analisi storica, è emerso che l’area oggetto dell’indagine, denominata “Piscina Rossa”, (denominazione che si è tramandata tra gli abitanti del luogo che serbavano memoria di un originario invaso di raccolta di acque di colore rosso ) era utilizzata in passato quale recapito delle acque di processo delle attività industriali dell’ex Opificio Saint Gobain.

I predetti pozzi, infatti, sono stati individuati all’interno del perimetro della predetta area ubicata all’interno della ed. “Area Vasta” e, precisamente, nella porzione ricompresa nel comune di San Nicola la Strada. La storia del sito trae origine dalla omonima fabbrica di produzione del vetro ivi insediata a partire dal 1958, “quale uno dei primi esempi di grande industria inseriti in una più ampia area di tradizione e vocazione agricola”. Detta industria, nel dedicarsi alla produzione del vetro, seguiva un processo produttivo che prevedeva che alla fusione seguisse una fase di “affinamento” e, in ultimo, di “ricottura”, al fine di avere un prodotto privo di impurità e difetti, nonché dotato di buone proprietà di resistenza meccanica. Per quanto attiene all’impiego di reattivi chimici quali coloranti, o affinanti, vi erano reagenti intrinsecamente pericolosi per l’uomo e per l’ambiente tra cui l’arsenico, quale “agente affinante”, altamente cancerogeno, con conseguente emissione e rilascio nell’ambiente di sottoprodotti arsendosi, non biodegradabili.

Le attività produttive della fabbrica Pisani Vetri Saint Gobain proseguivano (sebbene si suppone vi fosse un decremento nell’ultima fase) fino al 1988, quando avveniva la dismissione totale della fabbrica e il passaggio di tutta l’area alla Progetto Industrie Sri, che nel Marzo 1989 presentava la proposta del cc.dd.”Programma di sviluppo, integrazione e ristrutturazione industriale e previsione di occupazione di forze lavorative per l’area Saint Gobain nel Comune di Caserta”, cui faceva seguito nel 1990 il “Piano occupazionale per la ristrutturazione e riconversione dell’impianto industriale ubicato nell’area Saint Gobain Caserta “, il quale prevedeva la coesistenza nell’area di attività industriali e terziarie”.

Tuttavia, con Delibera n. 26 del 25 Marzo 1991 il Comune di Caserta approvava la variazione di destinazione urbanistica dell’area di proprietà di Progetto Industrie Sri, che passava da “Area Industriale” a “Zona ad insediamenti produttivi e terziari”, con relativa variante al Piano Regolatore vigente al tempo, volta a trasformare l’area ex-Saint Gobain da industriale a residenziale con la possibilità di realizzazione due miliardi di metri cubi di costruzioni. Petti Programmi restavano Inattuati, in quanto finspiegabilmente) l’area dalla originaria vocazione industriale veniva destinata all’insediamento di attività del settore terziario e – soprattutto – all’urbanizzazione ad uso abitativo, senza che si palesasse la seria preoccupazione per rendere compatibile il vecchio uso, con la nuova destinazione (come sì evince del resto dallo stato attuale de! luoghi).

Infatti, nel 1996 erano stipulati due diversi Accordi di Programma fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie Sri, che compirono l’iter di riclassificazione dell’area ex Saint Gobain. L’area in oggetto, pari a circa 415.000 metri quadrati era suddivisa in 180.000 metri quadrati con classificazione D2 “Insediamenti produttivi industriali”, 170.000 metri quadrati con classificazione D3 “Uffici e servizi” ed la restante parte con classificazione FI e F6 “Infrastrutture ed impianti di interesse pubblico”. La variazione del Piano Regolatore Generale e del Piano di Sviluppo Industriale condussero dunque ad un’area non più vincolata allo sviluppo industriale.

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La storia del sito ha comportato all’attualità che l’area indagata risulta ubicata in corrispondenza di una vecchia cava generata dalla escavazione di materiali di origine tufacea e poi utilizzate quale recapito di scarti di lavorazione sia ed. “solidi” che “liquidi” delle attività produttive dell’ex stabilimento Saint Gobain, dei quali soprattutto i reflui liquidi davano luogo alla cosiddetta

La massa di sabbia silicea veniva addizionata con diversi altri reagenti e additivi chimici, aventi scopo differente in ragione della propria natura, ma comunque tali da rendere più agevole e controllabile il processo produttivo e nel dettaglio vi era l’uso di alcuni “additivi”, inclusi nella massa per conferire specifiche proprietà al prodotto finito, quali ad esempio:
. Agenti stabilizzanti(ossidi di Calcio, Bario, Magnesio, Zinco) volti a migliorare le proprietà meccaniche del prodotto;

. Agenti coloranti (ossidi di Ferro, Rame, Cromo, Cobalto), volti a conferire un colore al prodotto finale, ovvero “decoloranti” (biossido di Manganese) per l’effetto opposto;

• Agenti affinanti (triossido di Arsenico, nitrati alcalini e nitrati di ammonio), volti a favorire l’eliminazione di eventuali bolle d’aria incluse nella massa fissa.

“PISCINA ROSSA” (la quale denominazione descrive iconograficamente, appunto, l’accumulo delle suddette acoue di scarto nella cava originarla, le quali per il FORTE INQUINAMENTO DA ARSENICO risultavano avere una netta. INNATURALE EP ALLARMANTE colorazione rossa che ancor oggi mantengono).

A partire dagli anni “80” la cavità veniva colmata con materiali presumibilmente di risulta provenienti sia dalla ex Saìmt Gobain e sìa da materiali ed. “terreni di sbancamento” e, in particolare, dalle carte topografiche ufficiali si evince che la suddetta area in passato fosse stata oggetto di un’attività di escavazione di materiale vulcanico, meglio conosciuto con il nome di Tufo Grigio Campano, (TGC) prodotto dai centri di emissione del ed. “Distretto Vulcanico Flegreo”.

Nel dettaglio, dalla consultazione di foto aeree acquisite presso FI.G.M. di Firenze2 emergeva un assetto del suolo che, partendo da una depressione (COSTITUENTE LA CITATA “PISCINA ROSSA”), progressivamente veniva reso ingombro di volumi e coinvolto da radicali trasformazioni urbanistiche.
Già nel 1981 la vasca era completamente Interrata e la livellazione antropica de! terreno faceva sì da occultare e non rendere più rintracciabile la stessa.

L’operazione odierna, diretta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e condotta in fase investigativa e operativa dai diversi comparti specializzati in materia ambientale dell’Arma, conferma come l’attenzione per la tutela dell’Ambiente e della Salute Pubblica, nella provincia di Caserta resti sempre una delle principali priorità dell’Autorità Giudiziaria e dell’Arma dei Carabinieri

Del resto, le immagini delle acque raccolte in fase di campionamento rendono edotti della suddetta severissima contaminazione:

1 Riguardanti gli anni 1954-1974-1981-1990-2003-2005 e reperite dai Carabinieri del NOE – Caserta e depositate agli atti.3

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La disastrosa situazione riscontrata comporta la necessità di approfondirne i profili di responsabilità.
Invero, dalle indagini in corso è emerso un quadro (allo stato) parziale che, sebbene non consenta di attribuire precise responsabilità in capo a singoli soggetti, in ogni caso evidenzia come la situazione fosse nota dal 2010 ai livelli locali di governo del territorio.

Infatti, dall’attività d’indagine è emerso che nell’anno 2010, il Dipartimento dell’AEPAC di Caserta aveva condotto accertamenti preliminari sull’area in argomento al fine di verificare se la presenza di Arsenico (As) nelle acque sotterranee prelevate dalla cosiddetta “piscina rossa”, accertando un inquinamento da attribuire al pregresso utilizzo da parte della Saint Gobain, dell’invaso per il recapito finale dei propri scarichi liquidi e scarti di produzione. Tale accertamento seguiva a quanto prescritto come risultato di una Conferenza dei Servizi istruttoria del 04.03.2010 indetta presso la Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Del resto, la Graftech S.p.A., nell’inoltrare al Dipartimento dell’AEPAC di Caserta istanza di rilascio di attestazione ambientale per la propria attività (svolta accanto all’area occupata dalla Saint Gobain, invitava la stessa Agenzia ad effettuare opportune indagini tese a verificare l’attribuibilità dei superamenti di legge a valori di fondo naturale .

In tal senso, l’attività di analisi esitava nella relazione ARPAC 44/TF/10 che sollevava già nel 2010 una reale e allarmante problematica ambientale.

Inoltre, la Giunta Regionale della Campania —Direzione Generale del Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti – Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali- U.O.D. Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di Caserta emetteva nota prot. 2019-68403 del 31.01.2019, cui veniva allegato uno stralcio del Verbale della Conferenza di Servizi decisoria convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 04.03.2011 dove, oltre a ripercorrere l’intera vicenda della Graftech, si evidenziavano i dati allarmanti emersi dalla relazione dell’ARPAC 44/TF/10 sui campionamenti dei piezometri presenti in quell’area, demandando agli Enti competenti una serie di attività di monitoraggio e prevenzione per la tutela della salute umana, anche alla luce dell’accertato utilizzo di quelle acque per fertirrigazione e dell’urbanizzazione presente.

Se, paradossalmente veniva aperta un procedimento a carico della Graftech, poi concluso in quanto soggetto non responsabile della situazione rappresentata, a tale esito tuttavia seguiva la definizione di “Progetto Definitivo di Bonifica Eseguito”, ricompreso nel Piano Regionale di Bonifica”, accendendosi un nuovofocus sull’area utilizzata dalla Saint Gobain, quale recapito finale dei propri scarichi e (come si evince dalla lettura del verbale) di sua proprietà.

Tale nuovo sito, convenzionalmente denominato “Ex cava in uso Saint Gobain”, veniva inserito dal Centro Regionale Siti Contaminati dell’ARPAC nell’elenco “recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nel SIN “Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano”, con codice “1078A010”. Tale inserimento era un punto di partenza di specifiche comunicazioni e operazioni da parte di Regione Campania- Provincia di Caserta e Comune di San Nicola la Strada.

Va precisato che queste attività avrebbero dovuto essere già svolte in via preliminare all’atto delle modifiche di destinazione urbanistica che ha avuto inizio nel 1991 con Delibera n° 26 del 25 marzo 1991 del Comune di Caserta (seguita da successivi accordi di programma stipulati nel 1996 fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie S.r.l. – società che aveva rilevato l’area industriale), in quanto il cambio di destinazione urbanistica non poteva non tenere in considerazione la precedente destinazione d’uso, come si evince dalla documentazione esistente presso il Genio Civile di Caserta. Ed invece, la cava in argomento risultava assolutamente sconosciuta e non inserita nel “piano di recupero ambientale del territorio della provincia di Caserta compromesso dall’attività estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dismesse”, che nel territorio comunale di San Nicola la Strada vedeva censite le sole cave identificate con le sigle O l e NA.

Emergeva invece, l’esistenza di un ex SIN (Sito di Interesse Nazionale) inserito nel Piano Regionale di Bonifica (PRB), aggiornato con DGR n° 381 del 28.12.2017 e susseguente all’approvazione con DGR n° 417 del 27.07.2016 (in BURC n° 55 del 16.08.2016) delle norme tecniche di attuazione del PRB – unitamente alle linee guida per l’esecuzione delle indagini preliminari.

Da quanto detto, emerge allo stato come una pluralità di soggetti – tra cui Enti Pubblici – sapesse e non avesse assunto alcuna utile iniziativa (in primo luogo di monitoraggio della disastrosa situazione rappresentata sinora), ferma restando la suddetta necessità di pervenire alla precisa attribuzione di condotte a soggetti individuati e determinati mediante il compimento di attività ulteriori.

Peraltro, ad aggravare la già disastrosa situazione accertata, a margine si deve dare conto che n occasione dell’effettuazione dei carotaggi è stato rinvenuta una consistente presenza di quello che appariva evidente essere amianto su alcuni terreni oggetto di indagine, rinvenimento cui seguiva il sequestro dell’area interessata.

 

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Omicidio Giulia Cecchettin, Turetta premeditò il delitto: rischia ergastolo

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E’ un carico accusatorio molto pesante quello che la procura di Venezia contesta nell’avviso di chiusura delle indagini a Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Mentre il ‘rumore’ esploso nelle piazze e nelle coscienze in nome di Giulia non si e’ mai spento, a sei mesi dalla notte dell’11 novembre quando venne ammazzata tra le fabbriche e le strade vuote di Fosso’, pochi chilometri lontano dalla sua casa di Vigonovo, gli inquirenti tirano una linea e sciolgono alcuni nodi giuridici. E decidono che si’, Turetta aveva premeditato di ucciderla come dimostrerebbero, spiega il procuratore Bruno Cherchi, “la ricerca dei luoghi tramite internet, l’acquisto del materiale necessario per immobilizzare la vittima, la cartina geografica, l’atto di silenziare la persona offesa mettendole del nastro adesivo per non farla urlare, serrare i polsi e le gambe della ragazza”.

Aggiungono l’aggravante della crudelta’, da intendersi come la giurisprudenza la intende: aver inflitto “sofferenze gratuite e non collegabili al normale processo di causazione della morte”. In questo caso con venti coltellate, le prime nel parcheggio davanti alla villetta dove viveva quando Turetta l’aggredi’ a bordo della sua Fiat Punto nera. Qui per diverse ore sono rimaste sull’asfalto le tracce di sangue della ragazza ed e’ stato trovato un coltello da cucina. Poi, dopo averla immobilizzata con lo scotch, questa e’ la ricostruzione della Procura, l’ha spinta in auto, superando la sua resistenza, ha raggiunto in pochi minuti Fosso’ e l’ha assalita di nuovo, finendola. Da li’ e’ iniziata la fuga che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso per una settimana. Dopo il delitto Turetta era scappato verso il Friuli e, abbandonato il corpo in un dirupo vicino al lago di Barcis, era fuggito verso l’Austria e poi in direzione Germania, dov’e’ stato fermato dalla polizia tedesca, vicino a Lipsia, nella mattinata del 19 novembre. “L’ho uccisa io” ha detto subito Filippo a chi l’ha fermato, una confessione non utilizzabile nel processo mentre lo e’ quella messa a verbale nel carcere Montorio di Verona, dov’e’ detenuto.

Il contesto in cui il delitto e’ maturato sarebbe stato quello dello stalking, come suggerito alla Procura da chat e testimonianze che riferiscono delle insistenze morbose del giovane nei confronti dell’ex compagna dopo che la loro storia era finita. Omicidio aggravato da premeditazione, crudelta’, efferatezza, sequestro di persona, porto d’armi e occultamento di cadavere, e’ il robusto capo d’imputazione da cui dovra’ difendersi davanti alla Corte d’Assise. Non c’e’ spazio per il rito abbreviato, che avrebbe comportato uno sconto di un terzo della pena, perche’ i reati sono cosi’ gravi da ipotizzare l’ergastolo. Si chiude cosi’ la prima parte ‘giudiziaria’ di quella che nel frattempo e’ diventata la storia di Giulia e non, come spesso accade nella narrazione mediatica, quella del suo presunto omicida, sul quale si sono spente le luci. La storia di Giulia, di suo padre Gino e della sorella Elena che mai come prima hanno portato l’attenzione sul tema dei femminicidi con i loro appelli a un cambiamento culturale profondo.

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Adr lancia ‘Airport in the City’: a Termini check-in di Ita

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All’inaugurazione di “Airport in the City” sono intervenuti, tra gli altri , la ministra del Turismo Daniela Santanchè, il presidente di Ita, Antonino Turicchi, il presidente dell’Enac, Pierluigi Di Palma, il Presidente di Unindustria, Angelo Camilli. “È con grande soddisfazione che oggi ci uniamo ad Aeroporti di Roma per celebrare l’inaugurazione di Airport in the City, un servizio che rende l’esperienza di viaggio sempre più agile e confortevole – ha detto Turicchi – Questo progetto riflette la stretta collaborazione tra ITA Airways e Aeroporti di Roma, evidenziando il comune impegno per l’innovazione e la sostenibilità nel settore dei trasporti”.

“Il progetto di Adr si inscrive appieno nel processo di innovazione e interconnessione del trasporto aereo che l’Enac persegue da tempo” – ha aggiunto il presidente Enac Pierluigi Di Palma. “L’hub di Fiumicino, prima porta d’accesso all’Italia più volte premiato come migliore scalo d’Europa, sviluppa l’integrazione con la stazione Termini, primo snodo ferroviario nazionale, rafforzando l’intermodalità aria-ferro. Con il check-in off-airport Termini Fiumicino, il comparto aereo italiano si riconferma una realtà innovativa, sostenibile e, soprattutto, attenta ai diritti dei passeggeri con l’offerta di servizi di qualità che, oggi, rappresentano l’elemento più importante per le scelte dei consumatori”.

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Le ultime follie del calcio, un allenatore contro l’arbitra: lei ci fischia contro per politica

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L’arbitra fischia “contro” una delle due squadre, e l’allenatore protesta perché è di una parte politica contraria a quella della sua famiglia, e questo avrebbe condizionato le sue decisioni. Calcio e politica si sono così scontrati al termine della finale play off di calcio di Terza categoria di Rovigo, tra la Rivarese e la Giovane Italia Polesella, terminata 2-1. Il tecnico sconfitto, Nicola Tosini, dopo la gara si è scagliato contro la direttrice di gara, Benedetta Fugalli, colpevole di aver danneggiato la sua squadra con le sue decisioni: “Mio padre – ha dichiarato il mister – è il candidato sindaco del Pd alle elezioni comunali di Rovigo, mentre lei è candidata come consigliere comunale, con Forza Italia. È’ stata una designazione inopportuna: siamo stati penalizzati e ci ha negato due rigori”.

Sorpreso il coordinatore provinciale di Forza Italia, Piergiorgio Cortelazzo, secondo cui “sembra una polemica assurda e fuori da ogni logica. Le dinamiche sportive non vanno assolutamente confuse con la politica. Posso comprendere il dispiacere dell’allenatore, ma è una situazione paradossale”. Piuttosto, fa notare l’esponente di Fi, “le ‘uscite’ di Nicola Tosini rischiano di penalizzare di più il padre candidato sindaco. Per Tosini gli arbitri non devono fare politica? Allora io rispondo che i figli dei candidati sindaci non devono allenare”.

Quanto all’arbitra e candidata alle comunali, Cortelazzo sottolinea che “non possiamo discutere di calcio e Terza categoria all’interno del partito. Ripeto, non confondiamo lo sport con la politica”, ha concluso Il padre e candidato sindaco Pd, Palmiro Franco Tosini, che era presente alla gara, ha voluto rimanere sul piano sportivo-tecnico, evitando di “sconfinare” nel campo politico: “Arbitraggio discutibile – ha commentato – e non all’altezza di una partita così importante. Alcuni grossolani errori hanno pesato sul risultato finale. Comprendo lo stato d’animo di mio figlio Nicola, serviva una terna arbitrale più esperta, ma l’appartenenza politica della ragazza a Forza Italia non incide, non c’entra”.

Sull’esito della finale ci sarà uno strascico oggi davanti a un giudice, ma solo quello sportivo. Nel finale infuocato della gara ci sono stati infatti degli espulsi, il capitano del Polesella, per proteste nei confronti dell’arbitra, e un giocatore della Rivarese. Il referto della direttrice di gara deciderà sul loro “destino”.

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