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Carlotta Brambilla Pisoni: “Bim Bum Bam? Un gioco più che un lavoro”

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La sua voce è rimasta nel cuore di intere generazioni: Carlotta Brambilla Pisoni (foto Imagoeconomica in evidenza), storica conduttrice di Bim Bum Bam, il programma per ragazzi che ha segnato la televisione italiana tra gli anni ‘80 e ‘90, racconta il suo percorso in un’intervista al Corriere della Sera.

Oggi, dopo tanti anni, le capita ancora di essere riconosciuta:
«L’altro giorno ero a pranzo in un ristorante di Milano quando un ragazzo di circa 40 anni si è avvicinato e mi ha detto: ‘Io a lei la conosco, la sua voce è inconfondibile… Ma è per caso Carlotta di Bim Bum Bam?’. E subito ha chiesto una foto».

UN SUCCESSO NATO PER CASO

Nonostante il suo volto sia diventato familiare a milioni di bambini, Carlotta Brambilla Pisoni non aveva mai pensato alla carriera televisiva. Dopo il liceo voleva iscriversi a Psicologia, ma, non essendoci la facoltà a Milano, aveva scelto Lettere e Filosofia, con l’idea di passare a Psicologia in seguito.

Poi l’inaspettata svolta:
«Trovai un volantino che pubblicizzava un provino per la televisione. Mi sono detta: ‘Perché non provare?’. Così fui scelta per recitare nella serie tv ‘Kiss Me Licia’ con Cristina D’Avena».

L’incontro decisivo è stato con Cip Barcellini, noto produttore televisivo. Ma la famiglia non prese bene questa scelta: «Mio padre non voleva. Quando iniziai a fare l’hostess si oppose, figurarsi con la televisione!».

Ma dopo il successo nelle serie “Love Me Licia”, “Licia dolce Licia”, “Teneramente Licia” e “Balliamo e Cantiamo con Licia”, arrivò la grande occasione: Bim Bum Bam.

L’ARRIVO A BIM BUM BAM E IL RAPPORTO CON BONOLIS

Era il 1989 quando Brambilla Pisoni entrò nel cast del programma cult di Italia 1, affiancando Paolo Bonolis e il celebre pupazzo Uan. Un ingresso quasi rocambolesco:
«Finsi di avere il gesso alla gamba per non andare al provino, poi ci ripensai e mi presentai lo stesso. Il provino fu una ciofeca, ma mi presero comunque».

Il rapporto con Bonolis? Non idilliaco:
«Fece di tutto per farmi fuori e far tornare Manuela Blanchard. Con lui non c’era grande sintonia, mentre con Giancarlo Muratori, voce di Uan, mi sono trovata benissimo».

Dopo l’addio di Bonolis, nel 1990, ha proseguito il suo percorso nel programma fino alla chiusura, nel 2000, accanto a Roberto Ceriotti, con il quale è rimasta in ottimi rapporti.

«L’interpretazione di BatCarlotta con BatRoberto è il ricordo più divertente di quell’esperienza. Ci facevamo scherzi di continuo, era un gioco più che un lavoro».

L’ADDIO ALLA TV E IL NUOVO PERCORSO

Dopo la chiusura di Bim Bum Bam, la carriera televisiva di Carlotta Brambilla Pisoni si è interrotta bruscamente: «L’azienda ci ha detto: arrivederci e grazie».

Nonostante la popolarità, non ha ricevuto nuove offerte come conduttrice e si è dedicata alla famiglia. In seguito, ha iniziato a lavorare per Publitalia, curando telepromozioni, e oggi è impegnata su QVC Italia, il canale dedicato allo shopping.

Ma il ricordo di quegli anni d’oro resta indelebile:
«Fuori dagli studi di Cologno Monzese c’erano migliaia di bambini che ci aspettavano. Era un’epoca straordinaria, e noi eravamo un punto di riferimento per loro».

L’INCONTRO CON BERLUSCONI E IL SOGNO PER IL FUTURO

Nel corso della sua carriera ha avuto modo di lavorare a stretto contatto con Silvio Berlusconi:
«Era uno di noi, seguiva tutto con attenzione maniacale, chiedeva sempre come andassero le cose».

Un aneddoto curioso riguarda proprio il Cavaliere:
«Mi è capitato di animare le feste dei suoi figli. Ci percepiva come persone di famiglia».

E oggi? Carlotta Brambilla Pisoni guarda al futuro con serenità:
«Sono una persona che ama vivere il presente. Se la televisione mi chiamasse di nuovo, sarei disponibile, ma non mi aspetto nulla. Il mio sogno? Trasferirmi a Ibiza per stare vicino a mia figlia e alla mia nipotina Aria».

“ANCORA OGGI SONO CARLOTTA DI BIM BUM BAM”

Nonostante i cambiamenti di vita e lavoro, la gente continua a riconoscerla per strada:
«Nonostante io lavori su QVC, per tutti resto Carlotta di Bim Bum Bam. E chi mi incontra, chiede ancora un autografo».

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Nicoletta Romanoff: «Ho perso mio fratello, ma la fede mi ha salvata. Oggi sono felice anche nel dolore»

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Dall’apparente vita da principessa alla quotidianità vissuta con concretezza, passando per un dolore profondo che ha segnato la sua esistenza: Nicoletta Romanoff, attrice e oggi anche scrittrice, si racconta in un’intervista intensa al Corriere della Sera in occasione dell’uscita del suo primo libro, Come il tralcio alla vite (Rizzoli).

Una principessa con i piedi per terra

«Sarà che per dieci anni ho fatto ginnastica artistica, avevo un bel portamento… ma mamma mi tagliava i capelli corti e pratici», racconta Romanoff, smontando con autoironia l’immagine di nobile algida. Figlia di Giuseppe Consolo e discendente degli zar di Russia, dice: «Il sangue blu è più culturale che reale. Mio nonno Nicola parlava sempre di storia. Diceva: se non hai letto un libro almeno otto volte, lo hai solo sfogliato».

Il dolore indicibile per la perdita del fratello

Per la prima volta, Nicoletta racconta la morte del fratello Enzo Manfredi, che a 21 anni si tolse la vita nel 1997. «Con lui se n’è andata una parte di me. Avevo 18 anni e 12 giorni. Da allora mi sono sentita divisa». La ferita è ancora aperta: «Non ci sono risposte, ma da quel momento la fede è diventata parte fondamentale della mia vita. Dio è la mia ancora».

Una maternità precoce che l’ha salvata

A soli 19 anni è diventata madre. A 21 ha avuto il secondo figlio. «Mi ha salvata. Mi ha ridato speranza». La maternità ha significato anche rinunce: «Ho detto tanti no. I registi non ti aspettano. Ma non mi sono mai pentita». Anche quando ha rinunciato a un ruolo importante in un film francese con Daniel Auteuil: «C’era troppo eros. Ho pensato ai miei figli».

Il cinema arrivato per caso

Romanoff non cercava il cinema. «Ero a Parigi, volevano modelle alte e magre. Ma mi dicevano: con quella parlantina andrai lontano». E così è stato. Scelta tra 600 candidate per Ricordati di me di Muccino: «Ero talmente preparata da sapere le battute al contrario». Con Gabriele Muccino ha imparato a lasciarsi andare, con Carlo Verdone ha scoperto la leggerezza sul set: «Un maestro gentile».

L’amore, la famiglia, il presente

Conobbe Giorgio Pasotti durante una fiction nel 2004: «Con lui ho avuto mia figlia Maria. È stata una storia importante e voglio proteggerla». Oggi è sposata con Federico, un amore ritrovato dopo trent’anni. «Ci conoscevamo da sempre, i nostri nonni abitavano nella stessa palazzina».

La fede come bussola di vita

«La fede è come mangiare bene e allenarmi. Ci parli con Dio, ti confidi». Un equilibrio interiore costruito anche grazie al dolore, come dopo la perdita recente del padre, morto in mare nel luglio 2024. «Credevo di essere vaccinata alla sofferenza. Ma lo strazio è l’amore che non puoi più dare».

Una felicità costruita anche nel dolore

Oggi Nicoletta Romanoff si dice serena, felice, nonostante tutto: «La felicità la trovi anche nel dolore. Basta saperla vedere nelle piccole cose. E anche la sofferenza, alla fine, si trasforma in amore».

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Cinema

Francesco e Mario Di Leva e l’ossessione di Nottefonda

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Al centro di ‘Nottefonda,’ film cupo e senza speranza, in sala dall’8 maggio con Luce Cinecittà, c’è un’ossessione che non finisce mai: quella di Ciro (Francesco Di Leva), elettricista napoletano cinquantenne, che ogni notte esce con il figlio di tredici anni, Luigi (Mario Di Leva), alla ricerca di quell’auto rossa che ha investito e ucciso l’amata moglie. Per dimenticare non gli basta il crack che fuma sulla terrazza condominiale (come si vede nella prima scena del film), né il tempo che passa, il suo lutto sembra proprio non finire mai.

A consolare Ciro c’è solo la pistola che ha nel cassetto della sua auto, chiaro segno della sua voglia dì vendicarsi o forse di farla finita. Liberamente tratto dal romanzo, ‘La strada degli Americani’ (Frassinelli) a firma dello stesso regista Miale Di Mauro, il film racconta appunto di quest’uomo silenzioso e disperato che ha dalla sua solo il figlio, qualche amico e l’affidabile madre che ogni sera lo aspetta a casa.

“Il mio personaggio di Ciro – dice Francesco Di Leva- è un uomo che sprofonda in un abisso e, dopo aver raggiunto il punto più profondo e oscuro della sua esistenza, prova in tutti i modi a risalire a galla, sperando di vedere presto la luce. Non è un vero tossicodipendente, ma ha trovato nell’uso e nell’abuso del crack uno sfogo per uscire dalla traversata del lutto che lo ha colpito dopo la morte improvvisa di sua moglie in un incidente stradale. Per restituire al personaggio il dolore, la fatica, ma anche la tenerezza che si porta dietro come un macigno – continua l’attore – ho lavorato molto sul silenzio. Ciro evita di confrontarsi con le persone e anche di incontrare gli sguardi degli altri, sfugge a qualsiasi contatto umano perché questa circostanza implicherebbe un confronto. Lui sa che è il momento di essere invaso dalla sofferenza, vuole percepirla come ultima e grande esperienza di amore verso sua moglie mentre tutto il resto, gli altri, la vita di ogni giorno, vengono dopo”.

“Ho capito che volevo raccontare Napoli come una città universale dove collocare il mio protagonista e la sua storia umana – dice il regista-scrittore -. Farlo vagare in una città notturna, piena di gru del porto, di rumori di muletti in azione, di container pronti a partire, di sabbia nera del vulcano e mare grigio d’inverno, di cavalcavia isolati e di strade periferiche e buie. E poi un’auto, quella di Ciro, che le percorre. Sullo sfondo il Natale che illumina le case degli altri e mette tristezza a chi non ha niente da festeggiare”.

E ancora Miale Di Mauro: “M’interessava solo guardare da molto vicino lo sforzo di quest’uomo che combatte contro sé stesso per attraversare la sua bizzarra elaborazione del lutto. Stare con lui, sempre con lui, sulla sua faccia livida e i suoi capelli radi, segni evidenti di dolore e disperazione. Fino all’alba che – finalmente – lo libererà dal supplizio con un sorriso di pianto”. Scritto dallo stesso regista con Bruno Oliviero e Francesco Di Leva, ”Nottefonda’ è prodotto da Mad Entertainment con Rai Cinema in collaborazione con Leocadia. Nel cast anche Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Valeria Colombo, Dora Romano e l’amichevole partecipazione di Chiara Celotto.

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Lady Gaga: più d 2 milioni in spiaggia a Copacabana: a Rio abbiamo fatto la storia

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Più di due milioni di persone hanno riempito la spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, per il mega-concerto gratuito di Lady Gaga, il più importante della carriera dell’artista statunitense di origini italiane. “Abbiamo fatto la storia”, ha commentato la star leggendo un manifesto-ringraziamento ai brasiliani che l’hanno fatta “brillare come il sole e la luna”.

La show-woman ha elettrizzato il pubblico di “mostrini”, come lei ama chiamare i suoi fan, che l’hanno attesa per ore cantando e ballando in riva al mare, anche al suono dei ventagli della comunità arcobaleno, che ha tagliato l’aria per ore. Ma già centinaia, come Daniel, Byron, Isa, Ana Rosa e molti altri, avevano aspettato la diva, al secolo Stefani Joanne Angelina Germanotta, per giorni davanti al suo albergo, il Copacabana Palace, per ringraziarla personalmente per quello che in molti hanno definito il “giorno della loro vita”.

Perché, come ha spiegato Daniel, Lady Gaga, anche “attraverso momenti di provocazione che sono propri dell’arte, ha saputo dare voce a tutti. Anche a quella parte di persone che la società vorrebbe escludere”. E grazie alla sua musica “in tanti sono riusciti a superare momenti di depressione”. Da “Poker face” a “Alejandro”, l’artista americana ha toccato tutte le corde dei suoi supporter, fino ad infiammarli con un’epica esecuzione di “Born this way”, vero e proprio inno di liberazione nel nome dell’amore senza confini e del coraggio di essere se stessi. Lady Gaga ha giocato col suo pubblico del “pais tropical”, come ha cantato, elettrizzandolo con “Marry the night”, “Paparazzi” e brani da “Mayhem”, il suo ultimo album, avviando lo show vestita di rosso scarlatto proprio per “Abracadabra”, uno dei pezzi forti della raccolta.

“I love you” ha gridato a più riprese l’eclettica pop star, imbracciando una chitarra per i brani più scatenati, fino a sedersi al pianoforte per una magica esecuzione di “Shallow”. Incontenibile e fuori dagli schemi, Lady Gaga ha superato ogni aspettativa, e col suo show ha riconfermato Rio de Janeiro in vetta alle città capaci di ospitare un grande evento di portata internazionale, un bis dopo l’esibizione di Madonna dello scorso anno, nell’attesa di vedere anche gli U2, nel maggio 2026, sul palco della “Città meravigliosa”.

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