Sono passati dieci anni da quel 27 settembre 2014, quando una normale gita si trasformò in una tragedia senza ritorno. Carmelo e Laura Mulone, 9 e 7 anni, furono inghiottiti da un vulcanello di fango nella riserva delle Maccalube, davanti agli occhi del loro papà Rosario, carabiniere.
Ora, dopo anni di processi e battaglie giudiziarie, i genitori si trovano di fronte a una nuova ferita: la Corte d’Appello ha assolto i due dipendenti di Legambiente, precedentemente condannati a sei anni per omicidio colposo.
Per Rosario Mulone e Giovanna Lucchese è l’ennesima ingiustizia.
“Dopo dieci anni ci dicono che forse la colpa è del Comune e della Regione, ma ormai è tutto prescritto. Non possiamo neanche ricorrere in Cassazione”, denuncia il padre.
La madre, devastata, aggiunge:
“Me li hanno uccisi di nuovo. Hanno dissequestrato l’area: vogliono che muoia qualche altro bambino?”
Un inferno di fango: la tragedia di dieci anni fa
Quel giorno, Carmelo e Laura correvano felici tra i piccoli crateri fumanti, saltellando tra i mulinelli fangosi della riserva. Come tanti turisti, erano affascinati dai fuochi e dagli sbuffi di gas, in un luogo che veniva pubblicizzato come un’attrazione naturale.
Ma all’improvviso, il suolo si aprì sotto i loro piedi, inghiottendoli in due metri di fango bollente.
“Ho gridato aiuto, ho scavato con le mani, ma non c’è stato nulla da fare”, ricorda Rosario Mulone, ancora devastato dal dolore.
Per sette ore, i soccorritori scavarono disperatamente, trovando prima il corpo di Laura e poi, più tardi, gli occhiali e il giubbotto di Carmelo.
Un’area senza protezione e segnaletica: le responsabilità mai accertate
La riserva delle Maccalube, situata a pochi chilometri dalla Valle dei Templi, era gestita da Legambiente, con un contributo di 100.000 euro all’anno da parte di Regione e Comune per la tutela e la sicurezza dell’area.
Eppure, non c’erano cartelli di pericolo, centraline di monitoraggio, steccati o piani di evacuazione. Nulla segnalava ai visitatori il rischio di una catastrofe imminente.
Solo dopo la tragedia, si scoprì che gli esperti sapevano del pericolo e avevano avvisato le autorità, ma nessuno aveva preso provvedimenti.
“Anche i muri sapevano che quei vulcanelli erano instabili. Se solo ci fosse stato un cartello o una barriera, io non sarei mai andato lì con i miei figli”, accusa Rosario Mulone.
La sentenza d’Appello e la beffa della prescrizione
In primo grado, due dipendenti di Legambiente furono condannati a sei anni di carcere per omicidio colposo, riconosciuti colpevoli di non aver garantito la sicurezza dell’area.
Ma nel processo d’Appello, la strategia difensiva ha spostato la responsabilità su Regione e Comune, che avrebbero dovuto vigilare e predisporre misure di sicurezza.
Il risultato? L’assoluzione degli imputati e la prescrizione di ogni possibile accusa contro le istituzioni locali.
Una sentenza che lascia i genitori senza giustizia e con un dolore ancora più profondo.
“Oltre al dolore, ci resta solo l’amarezza di una giustizia che arriva sempre troppo tardi”, dice Giovanna Lucchese.
Il dissequestro dell’area e il timore di nuove tragedie
A rendere ancora più insopportabile la situazione è stata la decisione di dissequestrare l’area delle Maccalube, permettendo di riaprire la riserva al pubblico.
“Vogliono che muoia qualche altro bambino?”, chiede disperata la madre.
Una domanda che pesa come un macigno sulla coscienza di chi avrebbe dovuto prevenire questa tragedia.
I genitori non si arrendono: battaglia legale per il risarcimento
Di fronte alla sconfitta giudiziaria, Rosario e Giovanna non mollano. Insieme ai loro avvocati, Roberto Guida e Mattia Floccher, hanno deciso di procedere con una causa civile per ottenere almeno un risarcimento per la perdita dei loro figli.
“Ci hanno tolto anche la speranza della giustizia, ma non ci fermeremo”, promettono i genitori.
Una battaglia che non potrà mai restituire Carmelo e Laura, ma che potrebbe almeno impedire che altri bambini diventino vittime della negligenza e dell’indifferenza.