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Le accuse del Financial Times: la Russia prepara sabotaggi violenti in Europa

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Mosca sta preparando attentati contro le infrastrutture europee, mettendo a rischio anche la vita di civili. E’ l’allarme lanciato oggi dal Financial Times proprio nel giorno in cui le truppe russe continuano ad avanzare sul campo di battaglia ucraino. Il giornale della City sottolinea che sono state diverse agenzie di intelligence europee ad aver avvisato i loro rispettivi governi sulle nuove minacce russe, anche sulla base di diverse indagini in corso. Secondo le fonti citate dal quotidiano inglese, “la Russia ha già iniziato a preparare più attivamente in segreto attentati dinamitardi e attacchi incendiari per danneggiare le infrastrutture sul territorio europeo, direttamente e indirettamente, senza preoccuparsi apparentemente di causare vittime civili”.

Sebbene gli attacchi degli agenti del Cremlino in Europa siano stati finora sporadici, per il giornale, “aumentano le prove di uno sforzo più aggressivo e concertato”. Una convinzione che trapela da tantissimi esponenti dell’intelligence europea, da quella tedesca a quella inglese, dai servizi francesi, svedesi a quelli cechi e estoni. In particolare, il Ft menziona il capo dei servizi di sicurezza interna tedesca, Thomas Haldenwang, il quale il mese scorso – in una conferenza – ha affermato che il rischio di atti di sabotaggio è “aumentato in modo significativo”.

La Russia, ha aggiunto, ora sembra a suo agio nell’eseguire operazioni sul suolo europeo “con un alto potenziale di danno”. Haldenwang era intervenuto pochi giorni dopo l’arresto di due cittadini russo-tedeschi a Bayreuth, in Baviera, accusati di aver complottato per attaccare siti militari e logistici in Germania per conto della Russia. Un caso simile era accaduto anche nel Regno Unito: a fine aprile, ricorda l’articolo, due uomini sono stati accusati di aver dato fuoco a un magazzino contenente aiuti per l’Ucraina. Per la procura inglese, hanno agito anche loro su mandato di Mosca.

Stessa storia, in Svezia: i servizi di sicurezza di Stoccolma stanno indagando su una serie di recenti deragliamenti ferroviari e sospettano che siano atti di sabotaggio appoggiati da uno Stato ostile. La Russia, inoltre, ha tentato di distruggere i sistemi di segnalamento delle ferrovie ceche, aveva detto il mese scorso, sempre all’Ft, il ministro dei Trasporti ceco. Secondo il servizio di sicurezza interna estone inoltre, sono stati gli uomini dell’intelligence russa ad aver attaccato a febbraio le auto del ministro degli Interni e quelle di alcuni giornalisti. Anche il ministero della Difesa francese ha messo in guardia quest’anno su possibili azioni di sabotaggio da parte della Russia contro siti militari.

“La conclusione ovvia è che c’è stato un reale incremento dell’attività russa”, ha commentato Keir Giles, consulente senior del think tank Chatham House. Un alto funzionario governativo europeo ha inoltre dichiarato al giornale che attraverso i servizi di sicurezza della Nato sono state condivise informazioni su una “chiara e convincente azione russa”, coordinata e su larga scala. Ora, ha concluso, è giunto il momento di “aumentare la consapevolezza e l’attenzione” sulla minaccia della violenza russa sul suolo europeo. Infine, appena giovedì scorso la Nato ha diffuso una nota in cui si affermava che i Paesi alleati sono “profondamente preoccupati” per le recenti “attività ostili” della Russia, di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca.

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Esercito del Venezuela, ‘siamo presenti nell’Essequibo’

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“La Forza armata bolivariana (Fanb) presente nel nostro 24mo Stato! Il sole del Venezuela nasce nell’Essequibo!”. Lo afferma il Comandante strategico operativo, Domingo Hernandez Larez, sul suo profilo social accompagnando il post con una serie di foto. L’Essequibo è il territorio della Guyana ricco di idrocarburi, che il governo di Nicolas Maduro si è illegalmente e unilateralmente annesso sulla carta. Sul portale della rete pubblica Venezolana de Televisión si legge che la Fanb è “schierata a difesa della sovranità dell’Essequibo, Stato numero 24, della Repubblica bolivariana del Venezuela, dove si svolgono lavori di viabilità”.

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Le mogli dei soldati russi nella lista nera di Putin

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Nella Russia di Vladimir Putin non c’è spazio per il dissenso. La repressione politica va avanti senza tregua, e l’invasione dell’Ucraina ha solo peggiorato le cose. Il Cremlino ha annunciato un ennesimo giro di vite per prendere di mira organizzazioni e persone scomode per il potere. E stavolta si è scagliato persino contro l’associazione delle mogli e delle madri dei soldati russi che chiedono il ritorno dal fronte dei loro familiari richiamati alle armi e spediti in trincea. Il gruppo “La Strada verso casa” è stato infatti inserito da Mosca nel suo famigerato elenco degli “agenti stranieri”.

E nella lista nera di Putin sono finiti pure i giornali online Republic e Sota, l’attivista per i diritti umani Marina Litvinovich e l’ex giornalista Yekaterina Duntsova: l’oppositrice contraria alla guerra che voleva sfidare il presidente alle urne ma a cui le autorità russe impedirono con un pretesto di candidarsi alle elezioni di marzo. L’accusa è più o meno la stessa per tutti: quella di aver direttamente o indirettamente criticato l’invasione dell’Ucraina. Il ministero della Giustizia russo ha accusato l’associazione delle mogli e delle madri dei soldati di aver cercato di creare “un’immagine negativa” della Russia e dell’esercito russo e di aver ispirato proteste “illegali”. Nella famigerata lista Mosca ha inserito pure una delle leader del gruppo, Maria Andreyeva, che ha subito fatto sapere all’Afp di ritenere ingiusto il provvedimento e di volerlo contestare.

Il futuro dell’associazione ora appare più incerto che mai. Per mesi le attiviste hanno manifestato ogni sabato davanti alla Tomba del milite ignoto, proprio sotto le mura del Cremlino. Ora però le cose potrebbero diventare molto più complicate. Il registro degli “agenti stranieri” è uno strumento del Cremlino per colpire oppositori, giornalisti e gruppi che contestano il regime. E per questo è stato duramente condannato dalla Corte Europea per i diritti umani, che ha sottolineato come sia una violazione del diritto alla libertà d’espressione e alla libertà d’associazione.

Chi viene bollato come “agente straniero” non solo è sottoposto a rigidi controlli, ma deve presentarsi in pubblico con questo marchio infamante, che tanto ricorda quello di “spia”, cosa che rende a volte impossibile qualunque attività. Alcuni analisti pensavano che Putin volesse evitare di colpire l’associazione delle mogli dei soldati per evitare tensioni sociali. L’ultima mossa del Cremlino pare però smentire questa ipotesi. E non è da escludere che il presidente inasprisca ancora di più la repressione.

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I Paesi Bassi di Wilders, un rebus per Bruxelles

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Gli ultimi a formare un governo, i primi ad andare al voto. Sei mesi dopo le politiche che hanno incoronato per la prima volta l’estrema destra olandese e il suo leader Geert Wilders, i Paesi Bassi si presentano il 6 giugno al test europeo entrando in una nuova era piena di incognite. Un rebus anche per l’Europa, da tredici anni abituata a Mark Rutte e minacciata ora dal redivivo leader xenofobo, e in passato alfiere della Nexit, che continua a volare in tutti i sondaggi e punta allo “tsunami migratorio”. Una sua nuova vittoria alle urne sarebbe decisiva per spingere la famiglia europea dei sovranisti di Identità e democrazia, già trainati da Marine Le Pen e Matteo Salvini, e imprimere forza al preannunciato strappo dell’Aja con Bruxelles sulle politiche d’asilo. Anche se in patria a cercare di tenere a bada le derive estremiste ci sarà l’ex capo dell’intelligence Dick Schoof, premier dal profilo tecnico appena designato.

Fotocopia delle ruvide proposte su migrazione, clima, agricoltura e crisi abitativa presentate ai cittadini olandesi, il programma redatto dai quattro partiti di coalizione – l’estrema destra (Pvv) di Wilders, i liberali di destra (Vvd) del premier uscente Rutte guidati dall’ex bambina rifugiata Dilan Yesilgoz, i centristi dalla verve populista (Nsc) di Pieter Omtzigt, e il movimento dei contadini Bbb – punta soprattutto a inasprire le norme sul diritto d’asilo con deportazioni anche forzate di chi è senza permesso di soggiorno. E invoca già la possibilità per i Paesi Bassi di sfilarsi – tramite l’opt-out – dalle disposizioni comunitarie in materia. “Il sole splenderà di nuovo in Europa”, è lo slogan che il leader anti-Islam continua imperterrito a pubblicare sulle pagine social. Secondo gli ultimi sondaggi, il suo Pvv potrebbe volare oltre il 30% – migliorando ulteriormente il 23,6% ottenuto alle politiche – ed entrare all’Eurocamera, dove oggi è assente, occupando 9 seggi sui 31 da distribuire per i partiti olandesi.

Il distacco con tutti gli altri in termini percentuali è abissale: stando alle proiezioni, l’acerrimo nemico Frans Timmermans, alla guida del ticket europeista formato da Laburisti e Verdi, si fermerebbe al secondo posto con il 16% dei consensi, quasi doppiato da Wilders. Seguono gli alleati del Vvd di Yesilgoz al 12%, dell’Nsc di Omtzigt al 7%, e del Bbb al 5%. Mentre si fermerebbe intorno al 2% il rampante populista Thierry Baudet, leader del Forum per la democrazia, oscurato dalla rinata stella di Wilders. Riposto non senza fatica nel cassetto il suo sogno di diventare premier, il Trump olandese – fama che deve alla chioma, alla retorica incendiaria e al mantra ‘I Paesi Bassi al primo posto!’ – punta dunque a confermarsi l’azionista di maggioranza del nuovo governo. E a rappresentare un punto di riferimento per l’intero arco sovranista del continente – da Viktor Orban al movimento indipendentista fiammingo del Vlaams Belang di Tom Van Grieken -, rinvigorito a novembre dal trionfo dell’olandese. Wilders, ormai accantonata la campagna per la Nexit, punta a erodere l’Europa da dentro.

“Dobbiamo lavorare insieme dall’interno per garantire che l’Unione europea abbia meno potere su natura, clima e migrazione”, ha rivendicato nelle scorse settimane, chiedendo che le “decisioni tornino nelle mani dei singoli Paesi”. Dalla fine di giugno, quando il nuovo esecutivo assumerà i suoi pieni poteri, a mediare con con i leader Ue sarà comunque Schoof, il tecnico di alto rango dal curriculum pluridecennale focalizzato sulla lotta alla radicalizzazione e al terrorismo e sulla garanzia dello stato di diritto. “Non sono affiliato a nessun partito. Voglio essere il premier di tutti gli olandesi”, ha assicurato respingendo l’idea di essere il burattino del leader dell’ultradestra che lo ha scelto. Il programma di governo tuttavia, a suo giudizio, “è eccellente per tutti”. Un messaggio, quest’ultimo, che non placa i timori di Bruxelles.

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