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Von der Leyen: mai con anti-Ue e amici di Putin

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La maggioranza allargata a destra è una via perseguibile, ma con paletti ben precisi. E soprattutto con una certezza: “Non ci sarà mai un’alleanza con euroscettici e amici di Putin”. Ursula von der Leyen nel giorno in cui il Ppe la certifica come unica Spitzenkandidaten dei Popolari, comincia a disegnare i contorni della sua campagna di primavera. E di fronte all’avanzare dei sovranisti, alla ‘fatigue’ del sostegno comunitario all’Ucraina, a sondaggi che danno l’attuale maggioranza europeista in crescente difficoltà, la presidente della Commissione sottolinea che, per essere confermata, non accetterà nessuna deroga alla linea rossa tracciata dai Popolari per un dialogo con le destre: “Essere pro-Ue, pro-Nato, pro-Ucraina e a favore dello stato di diritto”. La numero uno dell’esecutivo europeo, dopo l’esordio da candidata a Berlino, ha scelto di parlare dall’Eurocamera, dopo l’incontro con il gruppo dei Popolari. Al suo fianco, il leader del Ppe Manfred Weber.

Entrambi hanno parlato in piedi, lontano dai luoghi istituzionali del Pe, a testimonianza del fatto che von der Leyen, nelle prossime settimane, sarà chiamata a muoversi tenendo ben separati due binari d’azione: quello da presidente della Commissione e quello da candidata del Ppe alla presidenza di Palazzo Berlaymont dal 2024. Non a caso, rispetto all’usuale prudenza, von der Leyen sull’apertura alle destra ha scelto la via della chiarezza. “Dobbiamo proteggere la nostra democrazia e i nostri valori, dobbiamo difenderci dall’euroscetticismo e dagli amici di Putin, dentro e fuori l’Europa”, sono state le parole della presidente della Commissione. L’ex ministra della Difesa tedesca non ha fatto nomi ma i destinatari del suo messaggio sono scritti nella black list del Ppe: si va dall’AfD tedesca ai lepenisti (sebbene stiano intraprendendo un restyling all’insegna della moderazione), fino ovviamente a Viktor Orban.

Il premier ungherese “è il problema! E’ la voce di Putin nell’Ue, con i suoi veti blocca sanzioni, riforme, allargamento”, ha chiosato Weber. Separare le destre che possono essere inquadrate nell’alveo europeista da quelle considerate un nemico attorno al quale erigere un cordone sanitario: è questa la strategia che, per blindare la maggioranza, i Popolari potrebbero mettere in campo. Non a caso, incalzato sul rapporto con Conservatori e Riformisti, il gruppo in cui siede Giorgia Meloni, von der Leyen ha osservato come “non sapremo come sarà il gruppo dopo le elezioni” e ha definito “possibili” delle fuoriuscite in direzione Ppe. In questo senso, l’eventuale ingresso di Orban in Ecr rappresenterà un problema insormontabile per Meloni. “Vedo che nel gruppo si sta sviluppando una battaglia interna crudele, i cechi, gli svedesi e i finlandesi hanno detto subito che non vogliono stare dalla parte di Orban”, ha osservato con malizia Weber, che da tempo ha aperto a FdI e alle destre più dialoganti. Categoria nella quale il Ppe non include la Lega, e le esternazioni di Matteo Salvini dopo la morte di Alexei Navalny non contribuiscono a far cambiare idea ai Popolari. Da qui al 9 giugno tutto può cambiare.

Il commissario Ue Paolo Gentiloni, derubricando a “Fantasanremo” l’ingresso di Orban in Ecr, ha definito “possibile” il sostegno di Meloni a von der Leyen. Ma la presidente uscente non può essere certa della sua conferma, che all’Eurocamera vedrebbe i Socialisti e una parte delle destre in un’unica maggioranza. Ma anche nel Ppe non tutti l’hanno applaudita. I Republicans di Francia, accusandola di essere troppo vicina a Emmanuel Macron, hanno avvertito che non la voteranno. Riserve sono arrivate anche dalla delegazione slovena. A marzo, al Congresso del Ppe, von der Leyen incasserà un’investitura scontata ma dalla solidità tutta da vedere.

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Campania: De Luca, Meloni non può parlare di lotta alla camorra

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“Io amo molto i tanti esponenti del mondo cattolico che in questo momento per esempio stanno utilizzando le risorse stanziate alla Regione Campania per gli oratori. Ci sono decine di parroci che stanno creando cose bellissime per aggregare i giovani nelle loro parrocchie. È un lavoro prezioso di aggregazione delle giovane generazioni. E soprattutto sono convinto che la lotta alla camorra la si fa creando il lavoro, aprendo i cantieri, e quindi chi non può parlare di lotta alla camorra è il governo Meloni, che tiene bloccate le risorse da più di un anno, altro che camorra”. Lo ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, a margine della presentazione dei lavori allo stadio Collana di Napoli, rispondendo a una domanda sulle polemiche seguite alle sue parole sul parroco di Caivano don Maurizio Patriciello.

“La lotta alla camorra – ha aggiunto De Luca – si fa creando lavoro, non facendo demagogia. La lotta alla camorra si fa difendendo l’unità d’Italia, non spaccando l’Italia e calpestando le ragioni del Sud. Non solo i fondi sviluppo e coesione che sono bloccati, ma i fondi per la sanità, i fondi per il trasporto. Non c’è ancora molta gente che nel Sud ha capito bene il pericolo che corriamo. Noi dobbiamo combattere con molta serenità e soprattutto superando questo clima di subalternità, di sottomissione, di vassallaggio. Siamo di fronte ad una prova di burocratismo che sta dando questo Governo che non si è mai vista. Questi sono i problemi reali. Tutto il resto sono strumentalizzazioni, assolutamente inutili e improprie”, ha concluso De Luca.

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Graziano (Pd), grave uso foto don Patriciello in campagna Fdi

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“La lotta alla camorra non può essere né irrisa, né strumentalizzata. La seconda cosa non è meno grave della prima” così il deputato democratico, Stefano Graziano, commenta l’utilizzo dell’immagine di don Patriciello nella campagna elettorale di un candidato di Fdi. Il riferimento è alla vicenda di cui riferisce la Repubblica Napoli.

Il deputato Marco Cerreto, in lizza per le Europee, solidarizza con don Maurizio Patriciello dopo la polemica innescata dal governatore De Luca. “Non avevo intenzione di strumentalizzare nessuno – dice interpellato dal quotidiano – non c’è scritto di votare per me. E’ una manchette che uso sempre sui social e su quella faccio la mia comunicazione”.

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Burlando, ho incontrato Spinelli per dargli un’opinione

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“Questo è uno scandalo che riguarda tutta l’Italia”. Lo ha detto l’ex presidente della Liguria ed ex sindaco di Genova Claudio Burlando, intervistato dal Corriere della sera. Secondo Burlando, il suo successore Giovanni Toti “dava l’impressione di trattare per sé, non per il bene pubblico”.

Anche l’ex governatore ha incontrato di recente l’imprenditore Aldo Spinelli: “Quarant’anni che mi occupo di queste cose. Molto complesse. Non mi sono mai negato quando qualcuno mi ha chiesto un confronto. Ribadisco: oggi io non ho alcun potere decisionale. In quel momento, Spinelli stava litigando con l’uomo genovese di Psa. Ogni volta che si libera un’area, in porto c’è una zuffa. Mi ha chiesto la mia opinione.

Credo che lui abbia reso pubblico l’incontro per fare ingelosire Toti. Tutto qui”, sostiene Burlando. E sulle parole del dirigente Pd Andrea Orlando, che ha definito ‘crepuscolare’ la fine del suo mandato, replica: “L’ho trovato un giudizio ingeneroso e poco informato. Andrea afferma anche di avere indicato Ferruccio Sansa, vicino ai Cinque Stelle, alle Regionali del 2020. Dove il centrosinistra ha avuto il peggior risultato della sua storia. Non so se faccia bene a rivendicare quella scelta. E non sono sicuro che sia questa la strada per vincere”.

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