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Crisi nel Medio Oriente, Usa e Uk bombardano gli Houthi in Yemen: missione di sicurezza navale

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Nel cuore del Medio Oriente, dove fino a ieri le rotte commerciali scorrevano placide, si prospetta una potenziale battaglia navale senza precedenti. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno lanciato un attacco contro gli Houthi in Yemen, colpendo la capitale Sanaa e altre città. Questo evento rappresenta un altro fronte nell’incessante guerra in corso a Gaza, che coinvolge i confini dell’Iran e solleva interrogativi cruciali per l’Italia e l’Europa su come gestire la situazione.

L’attacco degli Stati Uniti e del Regno Unito ha colpito gli Houthi, ribelli yemeniti legati agli ayatollah, alimentando ulteriormente le tensioni in una regione già focolaio di conflitti. Questo nuovo sviluppo ha spinto l’Italia e l’Europa a valutare le opzioni disponibili e a discutere delle possibili implicazioni di una missione di sicurezza navale nella regione.

Le cancellerie europee erano state preallertate sull’imminenza dell’attacco, e una risposta coordinata è stata immediatamente messa in atto. A Palazzo Chigi, sede del governo italiano, si è tenuto un vertice di emergenza con la presenza dei ministri-vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, della coordinatrice dei servizi segreti Elisabetta Belloni e del direttore dell’Aise, i servizi di sicurezza esterni, il generale Giovanni Caravelli. Questa riunione ha evidenziato la gravità della situazione.

Prima dell’attacco statunitense, era stata discussa la possibilità di un’operazione esclusivamente europea per affrontare la crescente minaccia alla sicurezza delle navi commerciali nell’Oriente Medio. Un documento del Servizio per l’Azione Esterna dell’Unione Europea (Seae), guidato dall’Alto Rappresentante Josep Borrell, è stato inviato a tutti i governi UE, proponendo due opzioni. La prima concentrerebbe la missione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, mentre la seconda, ritenuta più rischiosa, estenderebbe la presenza delle navi al Golfo Persico, più vicino a Teheran.

Il documento, datato 10 gennaio, è stato al centro delle discussioni a Palazzo Chigi, e le fonti rivelano che la situazione sta diventando drammatica. L’escalation potrebbe coinvolgere l’Iran e mettere gli alleati europei a rischio di possibili ritorsioni, specialmente sulla navigazione delle merci e dei carburanti.

Gli attacchi degli Houthi stanno già avendo conseguenze sull’economia italiana, con il 40% del commercio marittimo italiano (e il 30% di quello mondiale) che transita attraverso gli stretti di Suez e Bab el-Mandeb. I costi stanno aumentando, il traffico si riduce, e i ritardi nelle consegne stanno impattando l’intera catena di approvvigionamento. Questa situazione potrebbe presto tradursi in inflazione, un rischio che l’Unione Europea non può permettersi, specialmente nell’ambito delle piccole e medie imprese e dell’export italiano.

Nell’ambito delle discussioni, è emersa la proposta di un’iniziativa europea a causa del veto della Spagna riguardo alla modifica del mandato dell’Operazione Atalanta, un’operazione antipirateria al largo della Somalia. L’Italia è stata sondata per ospitare il quartier generale di questa nuova missione che dovrebbe partire alla fine di febbraio e durare almeno un anno.

Il coinvolgimento italiano nella missione Prosperity Guardian, guidata dagli Stati Uniti, deve essere prudente per evitare di essere trascinati in un conflitto. La fregata italiana Fasan partecipa alla missione di Washington ma al di fuori della struttura di comando e a protezione dei mercantili.

La decisione finale sul campo d’azione della missione europea è attesa entro il 19 febbraio, e gli sviluppi della situazione nel Medio Oriente pongono l’Italia e l’Europa di fronte a una scelta cruciale che influenzerà la stabilità della regione e le loro stesse economie.

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Harry a Bbc: voglio riconciliarmi con la famiglia reale

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Il principe Harry ha affermato, in una intervista alla bbc, di volere una “riconciliazione” con la famiglia reale britannica dopo il traumatico strappo del 2020. Inoltre si è detto “sconvolto” dopo aver perso oggi alla Corte d’Appello di Londra il ricorso presentato contro la decisione assunta a suo tempo dal ministero dell’Interno di revocare a lui e alla sua famiglia il diritto automatico alla tutela di polizia durante le visite nel Regno Unito.

Nell’intervista registrata in California, dove Harry vive con la moglie Meghan, il principe appare commosso, in particolare quando afferma che “non riesce a immaginarsi” nel riportare “moglie e figli” nel Regno Unito dopo aver perso l’azione legale avviata a Londra. Il principe ha detto anche che suo padre, re Carlo III, “non mi parla più per via di questa questione di sicurezza”, per poi ammettere che è stanco di lottare e di non sapere quanto resta da vivere al sovrano, che si sottopone periodicamente alle terapie per far fronte a un cancro di natura imprecisata diagnosticatogli a inizio 2024. “Ci sono stati tantissimi disaccordi tra me e alcuni membri della mia famiglia”, ha aggiunto Harry, ma ora li ha “perdonati”. Il duca di Sussex ha anche affermato che “alcuni membri della mia famiglia non mi perdoneranno mai di aver scritto un libro”, facendo riferimento alle divisioni di lunga data ed esacerbate dalle rivelazioni contenute nell’autobiografia del principe dal titolo ‘Spare’, successo editoriale planetario.

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Portava aiuti a Gaza, colpita la nave di una ong

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E’ finito tra le fiamme e il rischio di colare a picco nel Mediterraneo il tentativo di portare aiuti umanitari della nave Conscience, con a bordo 16 uomini tra equipaggio e attivisti intenzionati a violare il blocco navale imposto da Israele alla Striscia. Nella notte tra giovedì e venerdì l’imbarcazione dell’organizzazione filo-palestinese Freedom Flotilla Coalition è stata colpita da droni mentre si trovava in acque internazionali al largo di Malta. Nel porto dell’isola si sarebbe dovuta imbarcare anche Greta Thunberg, che ha stigmatizzato l’offensiva come ‘crimine di guerra’. L’esplosivo ha causato un incendio sull’imbarcazione, uno squarcio nello scafo e la messa fuori uso del generatore. La nave, che era partita dalla Tunisia giorni fa, ha lanciato un Sos a cui ha risposto Malta inviando un rimorchiatore.

Le autorità marittime del La Valletta hanno dichiarato che non ci sono state vittime, l’incendio è stato spento, l’imbarcazione non rischia di affondare e i passeggeri hanno rifiutato di essere portati a riva. La Freedom Flotilla ha attribuito la responsabilità dell’attacco a Israele: “Gli ambasciatori israeliani devono essere convocati e rispondere delle violazioni del diritto internazionale, tra cui il blocco in corso e il bombardamento della nostra nave civile in acque internazionali”. Da Gerusalemme non nessun commento. Mentre il canale di notizie saudita Al Arabiya ha riferito che la spedizione era stata organizzata da Hamas e che le persone a bordo avevano in programma di attaccare le truppe dell’Idf avvicinandosi alla costa di Gaza. L’impiego di droni di piccole dimensioni, difficilmente rilevabili con i radar standard, non lascia una ‘firma elettronica’ significativa, impedendo così l’attribuzione a chi li ha lanciati.

Da Roma e Bruxelles, però, le opposizioni hanno definito ‘un crimine’ l’attacco alla Conscience: Pd, Avs, M5s chiedono al governo Meloni e all’Ue di intervenire condannando l’aggressione. Ankara, memore della strage della Freedom Flotilla del 2010 che vide la morte di 9 attivisti e decine di feriti, ha affermato che “saranno fatti tutti gli sforzi per rivelare il prima possibile i dettagli dell’attacco e portare gli assalitori davanti alla giustizia”. Intanto la Croce Rossa ha dichiarato che l’intervento umanitario a Gaza è “sull’orlo del collasso totale”. Israele ha chiuso i valichi il 2 marzo, sostenendo che Hamas aveva dirottato gran parte degli aiuti entrati durante la tregua di 6 settimane, e che i 25mila camion entrati hanno consegnato aiuti sufficienti per un periodo prolungato. Ora l’Idf, secondo indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni, ha pianificato di modificare radicalmente la distribuzione: stop all’ingrosso e all’immagazzinamento degli aiuti, le organizzazioni internazionali e gli appaltatori privati consegneranno cibo alle singole famiglie di Gaza.

Ogni nucleo familiare avrà un rappresentante che riceverà cibo in una zona di sicurezza dell’esercito nel sud della Striscia. Il piano, che intende aggirare Hamas, non è ancora stato approvato dal governo israeliano, ma l’urgenza che i valichi vengano aperti è stata sottolineata dal ministro della Difesa Israel Katz. Degli ostaggi ancora a Gaza, infine, ha parlato giovedì sera Donald Trump, rivelando di aver appreso che ci sono meno di 24 rapiti ancora in vita, come aveva fatto intendere nei giorni scorsi la moglie del premier israeliano, Sara Netanyahu.

Il governo nel frattempo sta affrontando la forte pressione della comunità drusa, compresi centinaia di riservisti e soldati, che chiede di proteggere i ‘fratelli’ che vivono in Siria, attaccati e uccisi – accusano – dai jihadisti. Dopo una violenta protesta drusa la sera prima nel nord di Israele, nelle prime ore del mattino l’Idf ha bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco. “Questo è un messaggio chiaro al regime siriano. Non permetteremo alle truppe siriane di spostarsi a sud di Damasco o di rappresentare una minaccia per la comunità drusa”, hanno avvertito Netanyahu e Katz. La presidenza siriana ha risposto che il raid rappresenta una “pericolosa escalation”.

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Russia, creiamo una ‘zona cuscinetto’ in regione ucraina di Sumy

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Il ministero della Difesa russo sostiene che le sue truppe stiano creando nella regione ucraina di Sumy quella che definisce “una zona di sicurezza”. Lo riporta l’agenzia Interfax. Le dichiarazioni di Mosca non sono al momento verificabili. L’annuncio arriva dopo che le autorità russe hanno detto di aver ripreso per intero il controllo della regione russa di Kursk, che confina con quella ucraina di Sumy, e dove la scorsa estate i soldati ucraini avevano lanciato un’offensiva a sorpresa. Kiev respinge le affermazioni di Mosca sostenendo di avere ancora dei capisaldi nella regione di Kursk, dove però ha perso gran parte dei territori di cui si era impossessata l’anno scorso.

Pochi giorni fa, il governatore della regione di Sumy, Oleg Hryhorov, aveva dichiarato che le truppe russe stavano cercando di creare una zona cuscinetto nell’oblast dell’Ucraina nordorientale ma, a suo dire, senza “alcun successo significativo”. Allora il governatore ucraino sosteneva che quattro villaggi di confine – Zhuravka, Veselivka, Basivka e Novenke – si trovassero in una “zona grigia” a causa degli attacchi russi, ma non fossero sotto il controllo dei soldati del Cremlino. Il mese scorso, il ministero della Difesa russo sosteneva invece di aver preso Zhuravka e Basivka, cosa che le autorità ucraine negano.

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