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L’Onu chiede la tregua, Israele e Usa sempre più isolati

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Dopo più di due mesi di conflitto a Gaza, di cui non si intravede la fine, l’Assemblea generale dell’Onu ha chiesto a gran voce un “cessate il fuoco umanitario immediato”. Un voto netto, con 153 voti a favore (33 in più rispetto alla riunione di ottobre), 10 contrari e 23 astenuti, tra cui Italia e Germania. Israele il suo alleato di ferro, gli Stati Uniti, hanno resistito con i loro no, ma il loro isolamento nella comunità internazionale continua ad aumentare. Ne è ben consapevole Joe Biden, che pur continuando a sostenere Israele, ha apertamente accusato Benyamin Netanyahu di non volere una soluzione a due Stati. Ed ha invocato un “cambiamento”. L’assemblea Onu, convocata da un gruppo di Paesi arabi, era stata chiamata ad esprimersi su una bozza di risoluzione analoga a quella presentata venerdì scorso in Consiglio di Sicurezza, e respinta per il veto Usa. Anche stavolta si chiedeva un immediato cessate il fuoco.

“Un cessate il fuoco andrebbe solo a beneficio dei terroristi”, ha detto in sede di dibattito l’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan, mentre gli Stati Uniti hanno presentato un emendamento per chiedere una “condanna all’attacco di Hamas del 7 ottobre”. L’aula tuttavia ha bocciato il documento Usa, così come quello presentato dall’Austria, dove nel paragrafo in cui si domandava il rilascio dei detenuti si aggiungeva la citazione “detenuti da Hamas e altri gruppi”. Un emendamento appoggiato dall’Italia e dalla Germania, che quindi nella votazione finale si sono astenute. Così come la Gran Bretagna e l’Ucraina.

La risoluzione sul cessate il fuoco, in cui si è espressa anche “la grave preoccupazione per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza”, ha ottenuto 153 sì, tra cui quelli di Russia, Cina e Francia, dieci voti contrari (tra cui Austria, Usa, Israele) e 23 astenuti. Nella precedente seduta straordinaria del 27 ottobre, un’analoga risoluzione aveva ricevuto 120 sì, 14 no e 45 astensioni. Gli stessi Stati Uniti, che ancora una volta non hanno fatto mancare il proprio voto pro-Israele al Palazzo di Vetro, hanno iniziato a mostrare segnali sempre più evidenti di contrarietà alla linea dura di Netanyahu sulla guerra a tutto campo contro Hamas. “Non vuole la soluzione a due Stati”, ha denunciato il presidente americano, osservando che “Israele sta perdendo il sostegno del mondo”. Per questo Biden ha richiamato il leader israeliano alla necessità di una “decisione difficile da prendere”: ossia, “rafforzare e cambiare” il suo esecutivo per trovare una soluzione a lungo termine al conflitto israelo-palestinese. Il presidente Usa non lo ha detto in chiaro, ma evidentemente pensa ai falchi di ultradestra che sostengono i coloni, per i quali non può esserci un accordo tra pari con i palestinesi.

Lo stesso Netanyahu, tuttavia, ha ribadito per l’ennesima volta che la sua posizione non cambia. “Gaza non sarà un Hamastan e nemmeno un Fatahstan”, ha spiegato, chiudendo ad ogni ipotesi di un futuro controllo della Striscia da parte dell’Anp. Fino a condannare gli accordi del ’93 tra Rabin e Arafat da cui nacque un primo embrione di autogoverno palestinese: “Non permetterò che Israele ripeta l’errore di Oslo”, il suo avvertimento. Anche quest’ultima giornata, sulla Striscia, del resto, è stata caratterizzata da un conflitto intenso. Al sud gli israeliani hanno continuato a colpire Khan Yunis, a caccia dei leader di Hamas Sinwar e Deif: secondo il Wall Street Journal, l’esercito ha iniziato a pompare acqua di mare nel vasto complesso di tunnel di Hamas. I raid, secondo i media palestinesi, si sono spinti fino a Rafah, provocando la morte di 12 persone tra cui sei bambini.

Nel nord il ministero della Sanità della fazione palestinese ha denunciato che il nemico ha assaltato l’ospedale Kamal Adwan di Gaza City. Nel caos del conflitto la situazione umanitaria non fa che peggiorare. Il capo dell’agenzia Onu per i rifugiati Philippe Lazzarini, dopo una visita a Gaza, ha parlato di “inferno sulla terra”, dove “le persone vivono per strada ed hanno bisogno di tutto”. Circa il 18% di tutte le strutture nella Striscia sono state danneggiate dall’inizio della guerra, ha riferito l’Onu sulla base di immagini satellitari. Mentre le vittime avrebbero superato le 18.400.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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Insulti sui social tra Netanyahu e il leader colombiano Petro

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Scambio di insulti, sui social, tra il presidente colombiano, Gustavo Petro, e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo ha detto che il suo Paese non avrebbe preso “lezioni da un antisemita che sostiene Hamas”, dopo che Petro, pochi giorni fa, aveva chiesto alla Corte penale internazionale dell’Aja di emettere un ordine d’arresto nei confronti di Netanyahu. “Signor Netanyahu, passerai alla storia come un genocida”, ha risposto a sua volta il leader progressista colombiano, smentendo di appoggiare Hamas in quanto “sostenitore della democrazia repubblicana, plebea e laica”. “Sganciare bombe su migliaia di bambini, donne e anziani innocenti non fa di te un eroe. Ti poni al fianco di coloro che hanno ucciso milioni di ebrei in Europa. Un genocida è un genocida, non importa se ha una religione o no. Cerca almeno di fermare il massacro”, ha postato Petro.

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Mitsotakis oggi in visita a Ankara per incontro con Erdogan

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Il premier greco Kyriakos Mitsotakis verrà ricevuto oggi a Ankara dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan: l’incontro inizierà intorno alle 16.00, ora locale; seguiranno le dichiarazioni congiunte alla stampa e una cena, dopo la quale Mitsotakis tornerà ad Atene, riporta Kathimerini. Si tratta della prima visita istituzionale di Mitsotakis ad Ankara – nel marzo 2022 aveva incontrato il presidente turco a Istanbul – e della prima visita negli ultimi cinque anni di un premier greco nella capitale turca. L’obiettivo della Grecia, riporta Kathimerini, è quello di “evitare attriti e di confermare la chimica personale raggiunta tra i due leader nell’ultimo anno”.

Le difficoltà nel mantenere un clima disteso sono riaffiorate recentemente sia dopo l’annuncio della creazione di un parco marino nell’Egeo da parte di Atene, sia con la decisione di Erdogan di riaprire a Istanbul l’ex chiesa bizantina di San Salvatore in Chora, convertita in moschea, nei giorni della pasqua ortodossa. Questa visita, che fa seguito a quella del presidente turco nella capitale greca lo scorso dicembre, dove i due leader hanno firmato una Dichiarazione di amicizia e buon vicinato, rientra in una fase di “risoluzione dei problemi”, ha dichiarato Erdogan a Kathimerini. “Spetta a noi calmare le relazioni tra i due Paesi (…) per garantire che la pace e la tranquillità regnino per sempre su entrambe le sponde dell’Egeo”, ha aggiunto il presidente turco, affermando di voler “elevare il livello delle relazioni bilaterali a un livello senza precedenti”. Parole di distensione ricalcate dal premier greco, che in un’intervista al quotidiano turco Milliyet, ha ribadito di voler “procedere su un percorso costruttivo” perché “non siamo nemici, siamo vicini”.

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