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Cultura

A Pompei una fabbrica del pane-prigione di 2000 anni fa

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È una fabbrica del pane di 2000 anni, ma soprattutto un panificio-prigione dove gli operai erano rinchiusi e ridotti in schiavitù e gli asini sfruttati per macinare il grano. A Pompei, durante gli scavi nella Regio IX, insula 10, per un intervento di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l’area ancora non indagata, è venuto alla luce un ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce.

Nel pavimento, poi, addirittura intagli per coordinare e sincronizzare, a causa degli spazi ristretti, il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati. Quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle “impronte” si può ritenere siano in realtà appunto intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal modo un “solco circolare” (curva canalis). “La scoperta di un panificio-prigione a Pompei – dice il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico. Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia”.

“A ottobre ho illustrato alla commissaria Ue Elisa Ferreira gli straordinari risultati conseguiti dal programma di interventi del Grande Progetto Pompei. Di recente abbiamo assicurato nuovi finanziamenti a Pompei affinché le ricerche e la valorizzazione possano continuare. L’Italia tutta deve essere orgogliosa dei continui successi di Pompei, che si conferma fra i luoghi più visitati e rappresentativi del nostro immenso patrimonio culturale”, conclude il ministro. Quello del panificio prigione “è – spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel – uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento. È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro”.

Emerge una fotografia/testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto si dispone grazie a una fonte di eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo dopo Cristo, che nelle Metamorfosi racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto ad un mugnaio. Le fonti iconografiche e letterarie suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina.

L’usura dei vari intagli può essere ascritta agli infinti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. Più che a un solco viene pertanto da pensare all’ingranaggio di un meccanismo di orologeria, concepito per sincronizzare il movimento intorno alle quattro macine concentrate in questa zona. “In ultima analisi – evidenzia Zuchtriegel – sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché negli stessi anni un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrive che è meglio essere tutti servi, douloi che vuol dire schiavi, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste”.

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Cultura

Scala: la Filarmonica suona il cinema in piazza Duomo

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Schindler’s List, E.T, Il Gattopardo e anche Indiana Jones: per l’ormai tradizionale concerto alla città in piazza Duomo il prossimo 9 giugno la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly esplorerà il legame fra la musica sinfonica e il cinema. Solista d’eccezione, nella dodicesima edizione di questo concerto gratuito che sarà trasmesso su Rai 5, Rai Play e Radio3 e all’estero Artè e Wdr, sarà il violinista Emmanuel Tjeknavorian che a 29 anni da poco compiuti ha scelto di concentrarsi in particolare sulla carriera da direttore d’orchestra, ruolo in cui ha da poco preso la guida dell’orchestra Sinfonica di Milano. Quindi il concerto in piazza segna anche una “collaborazione fra enti” milanesi, ha spiegato Chailly, che spera si possa nel tempo allargare.

“Sarà un concerto irrinunciabile e un’occasione per vivere emozioni straordinarie” ha promesso l’assessore milanese Tommaso Sacchi. E sarà anche “divertente” ha aggiunto Chailly, con un programma che include brani come Lollapalooza di John Adams, la suite per violino e orchestra Le bouf sur le Toit di Darius Milhaud il cui sottotitolo è ‘cinema fantasia su arie sudamericane’, e ancora la suite e una selezione di ballabili da Il Gattopardo di Nino Rota (inclusa la sua orchestrazione del valzer di Verdi), Le avventure sulla terra da E.T e Scherzo per motocicletta e orchestra da Indiana Jones composti da John Williams. Al centro del concerto “un momento di spiritualità” tanto più significativo in questo momento di “tragici giorni di guerre parallele” ha aggiunto, ovvero il tema di Schindler’s List.

Il concerto “è la sintesi” dell’impegno della Filarmonica per aprirsi alla città e a un pubblico sempre più vasto, ha ricordato il presidente Maurizio Beretta. Ed è anche una occasione di collaborazione fra realtà diverse. L’appuntamento gratuito è infatti possibile grazie al contributo di Regione Lombardia, al patrocinio del Comune e al sostegno del main partner UniCredit, dallo sponsor Allianz (insieme alla fondazione Allianz Umana Mente) e Esselunga. E sempre con il cinema come filo conduttore, ha spiegato il coordinatore artistico Damiano Cottalasso, la Filarmonica sta pensando a un nuovo concerto con le musiche di John Williams (dopo quello diretto nel 2022 dallo stesso compositore, cinque volte vincitore dell’Oscar su 48 nomination, l’ultima quest’anno per il quinto capitolo della saga di Indiana Jones).

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Cultura

Il caffè simbolo di Napoli, una due giorni per celebrarlo

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Non c’è giornata dei napoletani che non inizi con un caffè: che sia tradizionale, macchiato, schiumato, freddo o caldo, in tazza o in vetro, ma il buongiorno è sempre accompagnato da un caffè. E per celebrare questo legame imprescindibile tra la città e la sua bevanda, il Comune di Napoli propone una due giorni, il 7 e 8 maggio, dedicata interamente al caffè con la manifestazione ‘Nu bbellu ccafè’ in programma al Maschio Angioino. “Parlare del caffè a Napoli è parlare di noi – ha detto il sindaco, Gaetano Manfredi – il senso del caffè è socialità, cultura, storia, è stare insieme. Il grande valore di Napoli oggi è essere una grande capitale in cui le persone stanno insieme ed è importante soprattutto in un momento fatto di grandi divisioni, sofferenze e guerre e il caffè è anche momento di pace”.

Un legame che è celebrato e raccontato da sempre anche dalla musica, dal teatro, dalla letteratura. “Il caffè, insieme alla pizza, è uno degli emblemi della nostra città – ha detto l’assessora al Turismo, Teresa Armato – vogliamo fare in modo che le nostre tradizioni enogastronomiche diventino sempre più attrattori turistici perché a Napoli vengono per tante ragioni e una di queste sono sicuramente il mangiare e il bere le nostre prelibatezze”. L’idea della manifestazione è nata da un ordine del giorno proposto dalla vicepresidente del Consiglio comunale, Flavia Sorrentino, e approvato all’unanimità, con cui si chiedeva di istituire la Giornata del caffè in città.

Al Maschio Angioino, napoletani e turisti potranno partecipare a incontri che spiegheranno il caffè, le sue varianti e come si è arrivati al rito del caffè, potranno partecipare a workshop, a cui si affiancheranno momenti di assaggio, competizioni e contest. Alla manifestazione parteciperanno esperti di caffè, tutte le torrefazioni napoletane, molti bar napoletani fra cui lo storico Gambrinus. Un’iniziativa che si pone anche nel solco del percorso che la città di Napoli, insieme ad altre città italiane, ha messo in campo affinché il caffè sia riconosciuto patrimonio Unesco.

“Con questa manifestazione proviamo a diffondere questa dipendenza – ha sottolineato lo scrittore Maurizio De Giovanni – cerchiamo di fare da ‘pusher’ di una dipendenza fondamentale per i napoletani per cui il caffè è una modalità di incontro sociale”. Il logo della manifestazione è stato realizzato dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.

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Cronache

Strasburgo: Getty restituisca la statua dell’Atleta di Lisippo all’Italia

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L’Italia ha tutto il diritto di confiscare e chiedere la restituzione della statua greca in bronzo dell’Atleta vittorioso attribuita a Lisippo che si trova attualmente nel museo della la villa Getty a Malibu, in California. Lo ha stabilito oggi all’unanimità la Corte europea dei diritti umani respingendo il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

Nella sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha quindi riconosciuto la legittimità dell’azione intrapresa dalle autorità italiane per recuperare l’opera d’arte che venne rinvenuta nelle acque dell’Adriatico, al largo delle Marche, nel 1964. E che, dopo varie vicissitudini, venne acquistata dalla fondazioni Getty nel 1977 per approdare infine al museo di Malibu. I giudici, in particolare, hanno sottolineato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico. Inoltre, diverse norme internazionali sanciscono il diritto di contrastare l’acquisto, l’importazione e l’esportazione illecita di beni appartenenti al patrimonio culturale di una nazione.

La fondazione Getty, sottolinea inoltre la Corte, si è comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Da qui la constatazione che la decisione dei giudici italiani di procedere alla confisca del bene conteso “è stata proporzionata all’obiettivo di garantirne la restituzione”.

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