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Sì di Schlein alla piazza delle opposizioni, Conte frena

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Un’immagine con tutti insieme sullo stesso palco non è ancora a portata di telecamera. Elly Schlein ha accolto la proposta del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, di organizzare una manifestazione delle opposizioni. Ma il presidente del M5s, Giuseppe Conte, è apparso tiepido. Agli atti, però, è rimasta un’intenzione dichiarata da tutti dal palco del congresso di Sinistra italiana: lavorare insieme in Parlamento sui temi che uniscono, la difesa della sanità e della scuola, dell’ambiente, le battaglie per i salari e contro la riforma presidenzialista. Italia viva esclusa, da Azione al M5s, da Più Europa ai Verdi al Pd, i leader delle forze che si oppongono alla destra hanno partecipato alla kermesse del partito di Fratoianni, a Perugia. Sono arrivati uno alla volta, però. Sarà stato per gli impegni, sarà stato per i collegamenti complicati fra Roma e Perugia, ma anche stavolta non ci sono stati incontri sul palco o dietro le quinte fra Conte e Schlein, intervenuti nella stessa mattinata, ma in orari diversi.

A domanda, la segretaria Pd ha risposto diretta: “Come abbiamo fatto sul salario minimo, anche su altri temi possiamo fare iniziative, campagne, mobilitazioni comuni. Noi ci siamo”. Conte l’ha presa più larga: “L’unità deve essere un obiettivo – ha risposto – il metro è un percorso serio, rigoroso di confronto su temi e progetti, non dobbiamo fare come la destra che mette insieme una accozzaglia”. Il ragionamento che viene fatto nelle stanze dei Cinque stelle punta sulla gradualità: “Nessun feticismo”, la mobilitazione comune “è un passaggio successivo, adesso dobbiamo costruire una proposta credibile con cui riempirle di gente le piazze”. La platea di Perugia è stata un termometro degli umori di Sinistra italiana rispetto agli inquilini del campo largo. Colonnina un po’ più in alto per Schlein, che ha esordito salutando con un “compagne e compagni”.

Qualche grado in meno per Conte, che ha comunque strappato applausi aperti sul salario minimo, sulla lotta contro i tagli alle pensioni. E anche sul Medioriente: “Bisogna poter dire al governo israeliano – ha scandito il presidente del M5s – che la strategia che sta attuando sta portando alla catastrofe umanitaria inaccettabile”. Schlein era stata in linea: “La brutalità di Hamas non può giustificare la brutalità sui civili palestinesi”. Anche il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, ha esordito col “compagne e compagni”, senza chiudere alla piazza comune, ma chiedendo prima di tutto di “lavorare su proposte politiche di alternativa al governo di questa destra reazionaria”.

Carlo Calenda si era fatto vivo il primo giorno, con un videomessaggio: “Bene il lavoro comune sui temi in Parlamento”, è stato il senso del suo saluto. Ma Azione è molto scettica sull’opportunità di manifestazioni comuni. Insomma, l’alleanza contro la destra è nel novero delle prospettive possibili. Però la strada è in salita. Anche perché c’è da calibrare bene i rapporti di forza: “Non c’è da parte nostra nessuna presunzione di autosufficienza – ha detto Schlein – ma l’umiltà di ricostruire un rapporto di fiducia paritario, consapevoli del ruolo imprescindibile della prima forza di opposizione, la nostra, ma aperti a costruire percorsi di ascolto reciproco”. Il problema sta anche lì: decidere a chi spetta la prima fila, capire chi starà davanti e chi resterà in ombra. “L’alternativa c’è davvero ma solo se la facciamo vivere insieme”, ha detto Schlein. C’è anche un problema di definizione, di nomi: “Il campo largo non è mai esistito per il Movimento Cinque Stelle – ha detto Conte in un incontro coi militanti umbri – perché il M5S ha chiesto fiducia ai cittadini e sempre lo farà solo sulla base di un programma e obiettivi, non sul fatto di stare insieme ad altri che devono stare insieme ad altri”. E non è questione solo di parole, parole, parole, soltanto parole.

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Graziano (Pd), grave uso foto don Patriciello in campagna Fdi

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“La lotta alla camorra non può essere né irrisa, né strumentalizzata. La seconda cosa non è meno grave della prima” così il deputato democratico, Stefano Graziano, commenta l’utilizzo dell’immagine di don Patriciello nella campagna elettorale di un candidato di Fdi. Il riferimento è alla vicenda di cui riferisce la Repubblica Napoli.

Il deputato Marco Cerreto, in lizza per le Europee, solidarizza con don Maurizio Patriciello dopo la polemica innescata dal governatore De Luca. “Non avevo intenzione di strumentalizzare nessuno – dice interpellato dal quotidiano – non c’è scritto di votare per me. E’ una manchette che uso sempre sui social e su quella faccio la mia comunicazione”.

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Burlando, ho incontrato Spinelli per dargli un’opinione

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“Questo è uno scandalo che riguarda tutta l’Italia”. Lo ha detto l’ex presidente della Liguria ed ex sindaco di Genova Claudio Burlando, intervistato dal Corriere della sera. Secondo Burlando, il suo successore Giovanni Toti “dava l’impressione di trattare per sé, non per il bene pubblico”.

Anche l’ex governatore ha incontrato di recente l’imprenditore Aldo Spinelli: “Quarant’anni che mi occupo di queste cose. Molto complesse. Non mi sono mai negato quando qualcuno mi ha chiesto un confronto. Ribadisco: oggi io non ho alcun potere decisionale. In quel momento, Spinelli stava litigando con l’uomo genovese di Psa. Ogni volta che si libera un’area, in porto c’è una zuffa. Mi ha chiesto la mia opinione.

Credo che lui abbia reso pubblico l’incontro per fare ingelosire Toti. Tutto qui”, sostiene Burlando. E sulle parole del dirigente Pd Andrea Orlando, che ha definito ‘crepuscolare’ la fine del suo mandato, replica: “L’ho trovato un giudizio ingeneroso e poco informato. Andrea afferma anche di avere indicato Ferruccio Sansa, vicino ai Cinque Stelle, alle Regionali del 2020. Dove il centrosinistra ha avuto il peggior risultato della sua storia. Non so se faccia bene a rivendicare quella scelta. E non sono sicuro che sia questa la strada per vincere”.

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Sarà duello tv fra Meloni e Schlein, il 23 da Vespa a ‘Porta a Porta’

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Scelta la data e soprattutto scelto il posto. La comunicazione ufficiale è arrivata con una nota congiunta inviata nello stesso secondo dagli staff della presidente del consiglio Giorgia Meloni e della segretaria Pd Elly Schlein: il confronto tv “si svolgerà giovedì 23 maggio. Sede del dibattito sarà la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa”. Le altre opposizioni sono partite all’attacco. Per il M5s c’è il rischio “di violare pesantemente la par condicio. La Rai non può far finta che lo scontro sia solo a due né Meloni può scegliersi l’avversario”. Stesse accuse dai leader di Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Alla fine, comunque, lunghi incontri e faticosi accordi fra gli staff di Meloni e Schlein hanno portato alla quadra. Il dettaglio più combattuto è stato quello della sede: Porta a Porta sulla Rai.

“Andiamo sul terreno più difficile – è la posizione Pd – potremmo dire che giochiamo fuori casa. Ma la premier Meloni voleva farlo in Rai, sul servizio pubblico, non ha voluto prendere in considerazione altre proposte” come Sky o la 7. “Schlein aveva lasciato porte aperte: ‘dove vuole’. Perché il tema non è la rete televisiva: sarà un momento di chiarezza e trasparenza, un confronto su programmi e proposte, fra due visioni della politica alternative”. Meloni punta a rendere il duello “istituzionale”, hanno fatto sapete fonti dello staff della premier, sottolineando poi come sia la prima volta che un presidente del Consiglio affronta un confronto in tv con il principale leader dell’opposizione “non a fine mandato, ma dopo diciotto mesi di mandato, con gran parte della legislatura ancora davanti”. Meloni si prepara a puntare su “temi concreti, sui programmi e sui problemi della gente”.

I dettagli del format saranno messi a punto nelle prossime ore. “Lo condurrò da solo – ha anticipato Vespa – Sarà un confronto molto istituzionale, molto tecnico”. Durerà “un’ora esatta, in prima serata”. Poi, la replica a chi parla di par condicio violata: “Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte – ha fatto sapere la trasmissione – sono già stati invitati da Bruno Vespa per un analogo faccia a faccia a Porta a Porta, con le stesse modalità di messa in onda”. Fra frenate e accelerate, l’attesa del confronto si trascina da mesi. La memoria torna alla festa di FdI, Atreju, nel dicembre scorso, quando Schlein declinò l’invito ma rilanciò: “Sono pronta al confronto con Meloni quando vuole, ma non a casa sua o a casa nostra”.

Da quel momento il progetto di un duello in tv ha cominciato a prendere piede. La decisione delle due leader di candidarsi alle europee ha fatto il resto: si vota l’8 e 9 giugno, una ventina di giorni dopo il confronto. Vespa sarà l’arbitro di una partita su cui sia Meloni sia Schlein puntano molto: le due leader stanno cucendo una contrapposizione che può mette in ombra le altre forze. “Alla fine non c’è nessuna par condicio – ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda – È un sistema malato”.

E il capogruppo alla Camera di Italia viva, Davide Faraone: “Andrà in onda una farsa, Schlein e Meloni sono candidate civetta. Non metteranno mai piede nel Parlamento Europeo”. Anche per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, “il confronto è una fake tra due candidate fake”. Finora, la più plateale rappresentazione della contrapposizione fra le due leader resta comunque uno scontro a distanza fra slogan, che ci fu quando nessuna delle due era dove si trova adesso. La prima fu Meloni allora all’opposizione: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma, sono italiana, sono cristiana”. Qualche mese dopo la candidata al Parlamento Schlein parafrasò a modo suo: “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”.

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