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Emergenza abitativa a Capri, la Parrocchia di Santo Stefano sfratta locali e sull’isola è polemica

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La Parrocchia Santo Stefano di Capri è al centro di polemiche e critiche per la gestione degli immobili di sua proprietà in un momento di grave emergenza abitativa sull’isola. L’Unione Nazionale Consumatori (UNC) interviene nella vicenda, sollevando dubbi sul rispetto delle volontà dei benefattori che hanno donato proprietà alla Parrocchia per scopi sociali.

La nuova gestione della Parrocchia ha avviato procedure di sfratto e inviti bonari per liberare gli immobili occupati, coinvolgendo famiglie capresi meno abbienti e associazioni di volontariato. Questo avviene in un contesto di estrema difficoltà abitativa sull’isola, dove la scarsità di alloggi disponibili è già un problema significativo.

Le famiglie coinvolte lamentano aumenti dei canoni di locazione e sfratti motivati non da morosità, ma da scelte contrattuali. Una madre di due figli racconta che la Parrocchia ha avviato la procedura di sfratto per la sua famiglia nonostante la sua situazione di lavoro stagionale e il tentativo di raddoppiare il canone di locazione.

Inoltre, l’UNC rivela che alcuni immobili della Parrocchia, precedentemente destinati a associazioni di volontariato, potrebbero essere convertiti in case vacanze. Proposte di affitto da parte di imprenditori provenienti dalla Penisola sollevano preoccupazioni sul futuro di questi spazi, indicando una possibile trasformazione in strutture ricettive extralberghiere.

L’Unione Nazionale Consumatori, attraverso una lettera indirizzata al nuovo parroco Don Pasquale Irolla, chiede una verifica accurata sul rispetto delle volontà dei donatori. Invita inoltre la Parrocchia a predisporre un regolamento per le assegnazioni degli immobili, assicurando che vengano destinati a chi ne ha effettivamente bisogno, in linea con il ruolo assistenziale tradizionale della Chiesa.

La Commissione Episcopale Italiana, rappresentata dal Cardinale Zuppi, ha anche rilevato il problema più ampio delle città turistiche, dove la preferenza per trasformare gli appartamenti in bed and breakfast ha contribuito alla carenza di alloggi a prezzi accessibili.

In risposta alle accuse, la Parrocchia Santo Stefano è ora sotto pressione per rispondere alle richieste dell’UNC e dimostrare un impegno continuo per l’assistenza sociale, in sintonia con gli insegnamenti di Papa Francesco. La questione mette in evidenza la delicatezza della gestione degli immobili ecclesiastici in un momento di crisi abitativa, richiamando l’attenzione sul rapporto tra proprietà privata e ben comune.

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Ergastolo per Alessia Pifferi, ‘ha ucciso la figlia’

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Ergastolo. Alessia Pifferi (nella foto sotto) è stata condannata al massimo della pena per l’omicidio della figlia Diana di un anno e mezzo, lasciata a casa da sola per sei giorni e morta di stenti. Lo ha stabilito la Corte di Assise di Milano, accogliendo la richiesta del pm Francesco De Tommasi. “È un dolore atroce”, ha commentato la mamma di Pifferi, Maria Assandri, subito dopo la lettura del dispositivo. “Si è dimenticata di essere una madre. Deve pagare per quel che ha fatto. Se si fosse pentita e avesse chiesto scusa… Ma non l’ha fatto”. La piccola Diana era stata trovata morta il 20 luglio del 2022, quando Pifferi era rientrata nella sua abitazione di via Parea a Milano dopo quasi una settimana.

Il tardo pomeriggio del 14 luglio era partita per la provincia di Bergamo, dove abitava il suo fidanzato dell’epoca, lasciando la bimba nel lettino con soltanto un biberon e una bottiglietta d’acqua. Tra le aggravanti che le venivano contestate, la Corte ha escluso quella della premeditazione, riconoscendo invece quelle dei futili motivi e dell’aver commesso il fatto ai danni della figlia minorenne. I giudici, presieduti da Ilio Mannucci Pacini, hanno poi condannato la 38enne a versare provvisionali da 20mila e 50mila euro rispettivamente alla sorella Viviana e alla madre Maria, entrambe parti civili nel processo. L’udienza si è aperta questa mattina con l’intervento dell’avvocato di parte civile Emanuele De Mitri, al quale è seguita l’arringa del difensore Alessia Pontenani. Il legale, che aveva chiesto l’assoluzione perché “è evidente che non volesse uccidere la bambina”, ha ricostruito la storia di Pifferi dall’infanzia al giorno in cui è uscita di casa, lasciandola sola per l’ultima volta. “Non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste il reato di abbandono di minore ed è il nostro caso”.

Pifferi, che già in passato aveva lasciato a casa la bimba per andare dal compagno per il weekend, “lo ha commesso più volte”. Per il difensore, “non è una psicotica, ma una ragazza che è cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale”. Da piccola “ha subito abusi, è stata vittima di violenza assistita, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, è vissuta senza avere un lavoro, era in condizioni di estrema indigenza. Partorisce in un bagno, non sa di essere incinta. Una donna cresciuta in questo modo può non avere problemi?”. La perizia psichiatrica eseguita nel corso del processo dallo specialista Elvezio Pirfo aveva però accertato che la 38enne era capace di intendere e volere al momento dei fatti. Un aspetto, questo, che è stato sottolineato anche dal pm Francesco De Tommasi, replicando che Pifferi “non ha nessun deficit”. Per il pm “c’è una sola vittima e si chiama Diana. E c’è una bugiarda e un’attrice, che è Alessia Pifferi”. Lo stesso pubblico ministero, fuori dall’aula dopo la condanna, ha sottolineato che si tratta di “una sentenza giusta, la prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho sempre creduto – ha detto – e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”. Della stessa idea è la sorella Viviana Pifferi: “penso che i giudici abbiano fatto quello che è giusto – ha osservato -, perché per me non ha mai avuto attenuanti, non è mai stata matta o con problemi psicologici”. L’avvocato Alessia Pontenani ha già fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia”. Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma” le quali “quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ hanno festeggiato”. “Alessia – ha riferito – ha pianto tantissimo”.

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Errore del macchinario, falso alert blocca aeroporto Bologna

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Cancellazioni e ritardi in partenza, voli in arrivo dirottati su altre destinazioni. È il bilancio del pomeriggio di passione dell’Aeroporto Marconi di Bologna, le cui operazioni sono state sospese dalle 15 fino alle 16.15 dopo che è scattato un allarme sicurezza. Tutto è nato da “un errore di lettura”, come ha poi spiegato la Questura di Bologna, di un controllo di un bagaglio, “causato da un nuovo macchinario arrivato di recente” allo scalo bolognese. “Per un errore umano o tecnico”, a quanto ha precisato la polizia, è stato “creato un alert” perché sembrava che nel bagaglio di un passeggero “ci fosse la sagoma di una pistola”. Nella valigia, però, non è stato trovato nulla, anche se poi sono continuati gli accertamenti da parte della polizia di frontiera. Pesanti le conseguenze sull’operatività dello scalo. Sono stati bloccati tutti i voli in partenza dopo le 14.30 e alcuni sono stati cancellati, mentre diversi sono partiti con pesanti ritardi. Alcuni voli in arrivo sono stati dirottati su altri aeroporti. Complessivamente, comunica la Questura di Bologna, sono stati cancellati nove voli. Altri undici sono stati dirottati su altri scali nazionali e diciotto voli hanno subito un paio di ore di ritardo: in totale, quindi, hanno subito disagi di vario genere i passeggeri di almeno 38 aerei. Il pomeriggio di passione del Marconi è arrivato in un periodo in cui l’Aeroporto si trova ad affrontare diversi cantieri, tra cui la riqualificazione dell’area di sicurezza a passaporti: qui si sta portando avanti l’inserimento delle nuove macchine radiogene standard 3, che consentono di non togliere liquidi dai bagagli, e la riqualificazione dell’area partenze Schengen. Disagi che hanno portato il Marconi a chiedere ai passeggeri di presentarsi con tre ore di anticipo: in cambio, dall’1 maggio, l’Aeroporto offre il caffè a chi deve presentarsi tra mezzanotte e le 4.

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Premio Teresa Buonocore, incontro con le scuole

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Terza edizione del Premio Teresa Buonocore uccisa il 20 settembre 2010, per aver denunciato e fatto condannare l’uomo che aveva abusato di una delle sue figlie. L’iniziativa nasce dalla volontà della figlia di Teresa, Alessandra Cuevas ed è promossa da Associazione Partenope Dona odv, Fondazione Silvia Ruotolo onlus, con il patrocinio di Comune di Napoli, Città Metropolitana, Regione Campania, Comune di Salerno, Fondazione Pol.i.s. Teresa Buonocore è stata insignita della medaglia d’oro al merito civile e alla memoria, e ilpremio a lei dedicato intende promulgare la cultura della legalità e della tutela dell’infanzia e delle donne.

“Il mio messaggio e’ denunciare: lo dico sempre” ha detto Alessandra Cuevas “Io potrei essere la dimostrazione con la storia di mia mamma che, purtroppo, quando si denuncia può accadere anche il peggio. Ma sono comunque convinta che sia la scelta giusta anche perche’ mia mamma ci ha rese libere in questo modo. Ed e’ quello che io voglio testimoniare ai ragazzi”. Alessandra ha ricordato anche Rita Granata “una ragazza fantastica che conoscevo bene” deceduta dopo essere stata investita da un’ auto a Napoli. All’ evento anche don Fortunato Di Noto presidente associazione Meter “Ricordare fa sempre bene ma sopratutto ci impegna a continuare perche’ oggi, piu’ di ieri, dobbiamo saper continuare contro la violenza gratuita che vien fatta alle donne, ai bambini e alle piccole donne che si porteranno queste ferite che con la speranza possono diventare piccole feritoie di luce e di speranza. Ma diventano feritoie di luce e di speranza nel momento in cui c’e’ una comunita’ civile, ecclesiale che sta e vive con loro e le accompagna”.

L’ assessore alle Politiche Giovanili e alla Scuola della Regione Campania, Lucia Fortini: “Ai ragazzi dobbiamo far capire che ci sono state persone che, con gesti concreti, purtroppo hanno perso la vita. E il ricordo, secondo me, puo’ anche empaticamente far avvicinare i ragazzi rispetto a temi che a volte sembrano troppo distanti”. Tra i presenti anche il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Francesco Emilio Borrelli e la consigliera al Comune di Napoli, Alessandra Clemente che ha premiato Noemi, la bimba ferita gravemente a maggio 2019 in piazza Nazionale a Napoli.

I premiati intervenuti durante la cerimonia: Gildo Claps (fratello di Elisa), Dario Del Porto (giornalista de La Repubblica), Don Fortunato Di Noto (presidente Associazione Meter), Lucia Fortini (assessore regionale alle Politiche giovanili e alla scuola), Giovanni Malagò (presidente del Coni), Giulia Minoli (autrice, presidente Fondazione Una Nessuna Centomila, vicepresidente Associazione CCO – Crisi Come Opportunità) Mariagrazia Santosuosso (avvocato penalista) Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera). Riconoscimenti inoltre ai familiari di quattro vittime di femminicidio: Stefania Formicola, Norina Matuozzo, Annamaria Sorrentino, Giulia Tramontano; al sindaco di Napoli e della Città Metropolitana Gaetano Manfredi; al consigliere comunale e metropolitano Salvatore Flocco; alla presidente dell’Associazione Edela Roberta Beolchi; ad Alessandro Coppola, alle scuole di I e II grado che hanno aderito al progetto: liceo Enrico Medi di Cicciano; istituto D’Ovidio-Nicolardi di Napoli; I.p.s.e.o.a. Cavalcanti di Napoli; liceo statale Alfano I di Salerno. I premi consistono in una scultura donata dall’imprenditore Giuseppe De Stefano, che raffigura i piedi di una madre e di un bambino che si sovrastano per darsi sicurezza a vicenda, simbolo di un amore filiale senza confini, come spiega la frase scelta dallo stesso De Stefano: “Ci sarò ad ogni tuo passo”. Un premio e’ stato consegnato all’ Istituto Cavalcanti per aver composto una poesia sulla violenza di genere, a seguito dell’ incontro con Alessandra Cuevas.

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