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Economia

Inizia in Bankitalia l’epoca di Panetta

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La Banca d’Italia, con un comunicato istituzionale di poche righe, annuncia l’avvio dell’epoca di Fabio Panetta alla guida di via Nazionale e, contestualmente, di Piero Cipollone nel board della Bce. Palazzo Koch affida poi gli auguri ai profili social: “Buon lavoro Governatore. Bentornato con noi in Banca d’Italia”.

Un momento non semplice quello che li attende nel pieno di una vera a e propria tempesta tra i picchi dell’inflazione, una politica monetaria restrittiva, bassa crescita e tensioni internazionali moltiplicate. Un aspetto quello dei tassi e della bassa crescita che Cipollone si troverà immediatamente a dover affrontare. La nomina di Panetta risale allo scorso 28 giugno: dopo giorni di alta tensione, il governo si è ricompattato scegliendolo per la guida della Banca d’Italia. Panetta era stata la prima opzione per la scelta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Nove mesi più tardi Giorgia Meloni ha puntato proprio su Panetta e il Consiglio dei ministri lo ha indicato come governatore. Una decisione che è arrivata proprio nella giornata in cui l’esecutivo ha preso una posizione decisa contro i continui rialzi dei tassi di interesse della Bce. A inizio giugno Panetta in una intervista a Le Monde, sosteneva che la Bce era “non lontana” dalla fine del suo rialzo dei tassi, notando che “l’inflazione e’ troppo alta, ma non c’e’ motivo di preoccuparsi”. Da oggi dovrà affrontare lo scenario da Palazzo Koch, dove ha già lavorato per sette anni, fino al 2019, come vice direttore generale e come direttore generale. Ed effettivamente la banca centrale europea ha interrotto pochi giorni fa il ciclo dei rialzi anche a fronte di un’inflazione che mostra i primi segni di cedimento. Proprio ieri intanto dal palco dell’Acri nella giornata del risparmio, c’è stato l’addio di Ignazio Visco alla carica di governatore di Banca d’Italia.

Non sono previste cerimonie particolari per il passaggio di consegne. D’altronde Panetta, pur avendo passato gli ultimi anni a Francoforte come componente del board Bce e responsabile del progetto dell’euro digitale, alla Banca d’Italia è di casa avendo trascorso lì quasi tutta la sua carriera sin dal 1985 fino alla carica di direttore generale nel 2019. Panetta sa quindi come muoversi nella riservata ala del piano nobile di Palazzo Koch chiamata ‘acquario’, dove si riunisce il direttorio e dove è situato l’ufficio del governatore. A quella scrivania che fu di Bonaldo Stringher, Luigi Einaudi e Mario Draghi, si siede da oggi e trova i vari dossier: la vigilanza sulle banche, ora rafforzate ma alle prese con il rallentamento del Pil, l’analisi dell’economia italiana e un rapporto con il governo non sempre facilissimo visto appunto l’atteggiamento critico e a volte ostile di alcune frange della maggioranza verso la Bce e la Ue.

Peraltro Panetta, che dal governo è stato proposto pur senza manifestazioni di appartenenza politica, in questi anni si è fatto latore di alcune richieste dei settori dell’economia e della finanza italiane verso le decisioni di Bruxelles e di Francoforte. Come ha spiegato il governatore uscente Visco al comitato esecutivo Abi dei giorni scorsi, da cui ha preso congedo, con Panetta “abbiamo caratteri diversi, scuole diverse” ma gli stessi valori appresi in Banca d’Italia. Per Visco, in qualita’ di governatore onorario, non sono previsti benefici quali strutture segretariali o auto di servizio. Avra’ a disposizione “un’unica stanza” al primo piano del palazzo per gestire l’archivio o sbrigare incombenze relative “al passato incarico” come spiegato dalla stessa Banca d’Italia.

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Economia

Trump: non rimuoverò Powell prima della scadenza

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Donald Trump ha dichiarato in un’intervista a Nbc che non rimuoverà Jerome Powell (foto in evidenza Imagoeconomica) dalla carica di presidente della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026, definendo il banchiere centrale una persona “completamente rigida” e ripetendo gli appelli alla Fed ad abbassare i tassi di interesse.

rump ha affermato che Powell non è un suo fan, ma si aspetta che la Fed abbassi i tassi di interesse a un certo punto. “Beh, dovrebbe abbassarli. E a un certo punto lo farà. Preferirebbe di no perché non è un mio fan”, ha detto, sostenendo di non piacere a Powell perché lo ritiene una persona totalmente rigida e incapace. Alla domanda se avrebbe rimosso Powell prima della fine del suo mandato come presidente nel 2026, Trump ha rilasciato la sua smentita più decisa, dicendo: “No, no, no… perché dovrei farlo? Potrò sostituire quella persona tra poco tempo”.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

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Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

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