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Insulti contro Meloni a corteo Cgil, Landini li condanna

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La premier posta un video con un gruppo di persone che dentro la metropolitana di Roma canta in coro: ‘La Meloni è una p…’. Uno di loro ha un altoparlante, la maglia rossa e una bandiera arrotolata. Un gruppo che sembra chiaramente diretto alla manifestazione organizzata dalla Cgil a Roma in difesa della Costituzione e del lavoro. Poche sequenze sulle quali il capo del Governo interviene chiedendo spiegazioni direttamente al segretario Maurizio Landini.”Ho sempre rispetto del dissenso ma mi piacerebbe sapere cosa pensano le esponenti della sinistra di questi “slogan politici” di alcuni militanti della Cgil. E mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il segretario con la sua morale sempre pronta per gli altri”. Scoppia il caso e Fratelli d’Italia parte all’attacco esprimendo tutta la solidarietà alla leader .

“A margine della manifestazione organizzata dalla Cgil abbiamo assistito alle più squallide offese sessiste rivolte al nostro presidente del Consiglio da parte di orde di manifestanti della Cgil”, rimarca la vicecapogruppo Augusta Montaruli. “Una condotta vergognosa sulla quale ci saremmo aspettati quantomeno un intervento di scuse da parte del segretario Landini”. Scuse che arrivano nette, anche se non bloccano la polemica. “Non conosco i protagonisti del video girato sulla metropolitana di Roma. In ogni caso, condanno senza se e senza ma quegli insulti violenti e sessisti, che non fanno parte della cultura e della pratica della mia organizzazione”.”La Cgil da sempre – afferma Landini – contrasta in ogni luogo ogni forma di violenza fisica e verbale. E si batte per superare quella cultura patriarcale che è all’origine di ogni forma di violenza verso le donne”. Un’altra parlamentare Fdi, Chiara La Porta, aveva poco prima sottolineato: “sempre pronti a bacchettare gli altri nel nome del politicamente corretto”. Anche Simone Deidda, presidente della Commissione trasporti della Camera, dà “piena solidarietà al presidente del Consiglio per gli insulti ricevuti durante la manifestazione della Cgil”.

Un fatto che dispiace – continua – anche in considerazione del fatto che “in Parlamento questa maggioranza e questo Governo hanno da subito sempre coinvolto i sindacati in ogni intrapreso e adottato”. “I toni e gli insulti dimostrano che più che una concreta rivendicazione sindacale ci siano invece pregiudiziali politiche, utili a ritagliarsi un ruolo non proprio del sindacato ma di tipo partitico e di spazio nell’arcipelago della sinistra, magari per qualche candidatura alle elezioni europee”, stigmatizza ancora l’esponente di Fratelli d’Italia. Sul fronte della sinistra si leva la voce di Alessandra Moretti, europarlamentare Pd, che “come donna di sinistra” sottolinea come “gli insulti sessisti contro le donne siano sempre da condannare”. “Come donna e come politica di sinistra – aggiunge – sono indignata dai cori volgari rivolti alla Presidente Meloni. La cultura retrograda è trasversale: di tutti deve essere la battaglia per sconfiggerla”. Concetti a cui si associa Filippo Sensi.

“I cori sessisti sono sempre un errore ma detto questo la manifestazione di ieri ha detto ben altro”, precisa però la portavoce delle donne del Pd Cecilia D’Elia che così prosegue: “condanniamo i cori sessisti ma la presidente del Consiglio deve ascoltare tutti gli altri cori di quella piazza” dai temi del lavoro a quelli della scuola ai diritti”. Lapidario il commento del leader di Azione Carlo Calenda: “sono comportamenti indegni di un Paese civile, maschilisti e volgari. Solidarietà piena”. Tanti i comunicati di condanna dell’accaduto e di solidarietà alla premier dai partiti di maggioranza(a cominciare da quello del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani), e dell’opposizione tra quello di Matteo Renzi: “Ancora una volta il termine puttana utilizzato nella discussione politica. Dopo le espressioni contro la senatrice Musolino oggi l’attacco alla Presidente Meloni da parte di militanti CGIL. La mia e nostra solidarietà a Giorgia Meloni”.

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Burlando, ho incontrato Spinelli per dargli un’opinione

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“Questo è uno scandalo che riguarda tutta l’Italia”. Lo ha detto l’ex presidente della Liguria ed ex sindaco di Genova Claudio Burlando, intervistato dal Corriere della sera. Secondo Burlando, il suo successore Giovanni Toti “dava l’impressione di trattare per sé, non per il bene pubblico”.

Anche l’ex governatore ha incontrato di recente l’imprenditore Aldo Spinelli: “Quarant’anni che mi occupo di queste cose. Molto complesse. Non mi sono mai negato quando qualcuno mi ha chiesto un confronto. Ribadisco: oggi io non ho alcun potere decisionale. In quel momento, Spinelli stava litigando con l’uomo genovese di Psa. Ogni volta che si libera un’area, in porto c’è una zuffa. Mi ha chiesto la mia opinione.

Credo che lui abbia reso pubblico l’incontro per fare ingelosire Toti. Tutto qui”, sostiene Burlando. E sulle parole del dirigente Pd Andrea Orlando, che ha definito ‘crepuscolare’ la fine del suo mandato, replica: “L’ho trovato un giudizio ingeneroso e poco informato. Andrea afferma anche di avere indicato Ferruccio Sansa, vicino ai Cinque Stelle, alle Regionali del 2020. Dove il centrosinistra ha avuto il peggior risultato della sua storia. Non so se faccia bene a rivendicare quella scelta. E non sono sicuro che sia questa la strada per vincere”.

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Sarà duello tv fra Meloni e Schlein, il 23 da Vespa a ‘Porta a Porta’

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Scelta la data e soprattutto scelto il posto. La comunicazione ufficiale è arrivata con una nota congiunta inviata nello stesso secondo dagli staff della presidente del consiglio Giorgia Meloni e della segretaria Pd Elly Schlein: il confronto tv “si svolgerà giovedì 23 maggio. Sede del dibattito sarà la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa”. Le altre opposizioni sono partite all’attacco. Per il M5s c’è il rischio “di violare pesantemente la par condicio. La Rai non può far finta che lo scontro sia solo a due né Meloni può scegliersi l’avversario”. Stesse accuse dai leader di Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Alla fine, comunque, lunghi incontri e faticosi accordi fra gli staff di Meloni e Schlein hanno portato alla quadra. Il dettaglio più combattuto è stato quello della sede: Porta a Porta sulla Rai.

“Andiamo sul terreno più difficile – è la posizione Pd – potremmo dire che giochiamo fuori casa. Ma la premier Meloni voleva farlo in Rai, sul servizio pubblico, non ha voluto prendere in considerazione altre proposte” come Sky o la 7. “Schlein aveva lasciato porte aperte: ‘dove vuole’. Perché il tema non è la rete televisiva: sarà un momento di chiarezza e trasparenza, un confronto su programmi e proposte, fra due visioni della politica alternative”. Meloni punta a rendere il duello “istituzionale”, hanno fatto sapete fonti dello staff della premier, sottolineando poi come sia la prima volta che un presidente del Consiglio affronta un confronto in tv con il principale leader dell’opposizione “non a fine mandato, ma dopo diciotto mesi di mandato, con gran parte della legislatura ancora davanti”. Meloni si prepara a puntare su “temi concreti, sui programmi e sui problemi della gente”.

I dettagli del format saranno messi a punto nelle prossime ore. “Lo condurrò da solo – ha anticipato Vespa – Sarà un confronto molto istituzionale, molto tecnico”. Durerà “un’ora esatta, in prima serata”. Poi, la replica a chi parla di par condicio violata: “Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte – ha fatto sapere la trasmissione – sono già stati invitati da Bruno Vespa per un analogo faccia a faccia a Porta a Porta, con le stesse modalità di messa in onda”. Fra frenate e accelerate, l’attesa del confronto si trascina da mesi. La memoria torna alla festa di FdI, Atreju, nel dicembre scorso, quando Schlein declinò l’invito ma rilanciò: “Sono pronta al confronto con Meloni quando vuole, ma non a casa sua o a casa nostra”.

Da quel momento il progetto di un duello in tv ha cominciato a prendere piede. La decisione delle due leader di candidarsi alle europee ha fatto il resto: si vota l’8 e 9 giugno, una ventina di giorni dopo il confronto. Vespa sarà l’arbitro di una partita su cui sia Meloni sia Schlein puntano molto: le due leader stanno cucendo una contrapposizione che può mette in ombra le altre forze. “Alla fine non c’è nessuna par condicio – ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda – È un sistema malato”.

E il capogruppo alla Camera di Italia viva, Davide Faraone: “Andrà in onda una farsa, Schlein e Meloni sono candidate civetta. Non metteranno mai piede nel Parlamento Europeo”. Anche per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, “il confronto è una fake tra due candidate fake”. Finora, la più plateale rappresentazione della contrapposizione fra le due leader resta comunque uno scontro a distanza fra slogan, che ci fu quando nessuna delle due era dove si trova adesso. La prima fu Meloni allora all’opposizione: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma, sono italiana, sono cristiana”. Qualche mese dopo la candidata al Parlamento Schlein parafrasò a modo suo: “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”.

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Caso Toti, Salvini: se lascia è una resa, toghe paghino per loro errori

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“Serve la responsabilità civile per i magistrati, personale e pecuniaria, quando sbagliano”. Lo dice il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini in un’intervista a ‘La Stampa’. Toti non esclude le dimissioni da presidente della Regione? “Non mi risulta in nessun modo. Spero anzi che vada avanti la Regione Liguria, così com’è andata avanti in questi anni, dalla ricostruzione del Ponte Morandi alla Diga, al Terzo Valico, all’Alta velocità. È una regione che è tornata a guardare a futuro grazie a tutto il sistema Liguria e Genova e il suo porto sono proiettati verso il Nord Europa. Ecco, spero quindi che nessuno pensi di bloccare lo sviluppo della Liguria”, aggiunge. “Quando c’è una persona privata della libertà, io mi fermo sempre sull’uscio di casa: sono scelte umane. Dal mio punto di vista dimettersi adesso sarebbe una resa”.

“Una resa – sottolinea Salvini – nei confronti dei liguri e nei confronti di un rapporto tra magistratura e resto del mondo che è palesemente sbilanciato. Lo ribadisco: se qualche giudice, se qualche pubblico ministero venisse intercettato e dossierato a casa sua e nel suo ufficio per due o tre anni, non so quanti andrebbero a spasso magari sul lungomare della Spezia….”, insiste il leader della Lega. Ma scusi, ma cosa vuol dire? Che commettono reati di nascosto? “No – risponde – Voglio dire che non c’è equilibrio dei poteri. Stiamo alle statistiche: ogni anno mille italiani vengono arrestati e poi liberati perché i magistrati avevano sbagliato qualcosa. Significa tre persone al giorno. Vuol dire che oggi tre persone normali, non politici, vengono arrestati, gli si rovina la vita, e poi alla fine del percorso arriva una pacca sulla spalla: ‘Mi scusi abbiamo sbagliato’. E nessuno ne risponde. Ecco, la responsabilità civile dei magistrati, personale e pecuniaria per quelli che sbagliano con dolo, secondo me eviterebbe alcuni problemi”.

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