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Mistero sull’incontro Putin-Kim, il Cremlino tace

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“Non possiamo confermarlo, non abbiamo nulla da dire su questo”. La risposta del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov alla richiesta di chiarimenti non fa che alimentare il mistero sulla possibile visita in Russia di Kim Jong-un. E in molti si aspettano già di vedere il leggendario treno blindato del leader nordcoreano prendere tra pochi giorni la strada di Vladivostok, dove potrebbe incontrare Vladimir Putin e con lui parlare dell’invio di armi a Mosca. Ma a far discutere oggi è anche una nuova sortita del presidente russo contro il suo omologo ucraino, con un riferimento alle sue origini ebraiche: è “disgustoso”, ha detto Putin, che Volodymyr Zelensky, con le sue radici religiose, si presti a “coprire la glorificazione del nazismo e coloro che hanno guidato l’Olocausto in Ucraina” con “lo sterminio di 1,5 milioni di persone”.

“I comuni cittadini in Israele capiscono questo meglio di tutti, guardate quello che dicono su internet”, ha aggiunto Putin, che vede nell’attuale dirigenza ucraina l’erede dei nazionalisti di Stepan Bandera, alleatisi nella Seconda guerra mondiale con le truppe d’invasione naziste e loro complici nei massacri degli ebrei. A stretto giro è arrivata la risposta di Kiev: è Putin che “usa cinicamente l’Olocausto come vetrina per giustificare le moderne pratiche naziste russe”, ha replicato il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak. Quanto al possibile incontro tra Kim Jong-un e Putin, secondo il New York Times, che cita dirigenti americani e alleati, dovrebbe svolgersi a margine dell’Eastern Economic Forum organizzato a Vladivostok dal 10 al 13 settembre. E Peskov ha confermato che il capo del Cremlino sarà proprio nella città russa dell’Estremo Oriente martedì 12, quando si svolgerà la seduta plenaria di questa conferenza internazionale.

Proprio a Vladivostok Putin e Kim Jong-un avevano avuto il loro ultimo incontro faccia a faccia, nel 2019. L’anno prima dello scoppio della pandemia di Covid che ha indotto il leader nordcoreano a sospendere ogni missione all’estero. Sarebbe particolarmente significativo, giudicano gli analisti, se ora per la prima trasferta scegliesse proprio la Russia e non l’alleata numero uno, la Cina. Da diversi giorni ormai gli Usa hanno lanciato l’allarme per un possibile rafforzamento della cooperazione militare tra Pyongyang e Mosca che potrebbe comprendere l’invio di materiale bellico nordcoreano alla Russia da impiegare nel conflitto in Ucraina. La settimana scorsa Washington si è detta sicura che già nel 2022 Pyongyang ha inviato razzi e missili per la compagnia militare privata Wagner e gli Usa hanno imposto sanzioni a tre entità accusate di cercare di facilitare le vendite di armi tra Corea del Nord e Russia.

Ora il New York Times afferma che Putin cercherebbe di ottenere l’aiuto di Kim per rimpolpare le sue scorte di proiettili di artiglieria e razzi anticarro, mentre la controparte nordcoreana vorrebbe avere da Mosca tecnologie avanzate per i satelliti e per lo sviluppo di sommergibili a propulsione nucleare. Ma anche scorte di cibo, per far fronte alle cicliche crisi alimentari del Paese. In attesa del possibile vertice russo-nordcoreano, Mosca non esclude di tenere esercitazioni militari congiunte con Pyongyang. “Perché no? Ne stiamo discutendo”, ha detto il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, che nel luglio scorso si è recato in visita a Pyongyang. Non è chiaro quale reale valore aggiunto un accordo per la vendita di armi potrebbe portare per le forze russe.

Ma diversi osservatori ritengono che la Russia voglia mandare un segnale politico di essere pronta ad estendere le sue alleanze in Asia orientale in risposta al rafforzamento della cooperazione militare in corso tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, sancita nel vertice di Camp David il mese scorso. Un’iniziativa che la Cina ha bollato come un tentativo di costruire una piccola Nato nell’Indo-Pacifico, avvertendo che l’iniziativa “susciterà inevitabilmente vigilanza e opposizione da parte dei Paesi della regione”. In questo la Russia è schierata con la Repubblica popolare, e Peskov è tornato oggi ad evocare la possibilità di un nuovo incontro a breve tra Putin e il leader cinese Xi Jinping. “Vi informeremo a tempo debito”, ha detto ai giornalisti. Quanto alla Corea del Nord, qualche giorno fa il portavoce del Cremlino aveva ammesso che “si stanno creando contatti a diversi livelli” con quello che la Russia considera “un vicino molto importante”.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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