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Nuova strage in Florida, motivata dall’odio razziale

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 Una pistola con una svastica incisa, un manifesto contro gli afroamericani, un fucile d’assalto. C’è di nuovo l’odio razziale dietro l’ennesima strage negli Stati Uniti, una scia di sangue senza soluzione di continuità che troppo spesso vede la comunità afroamericana vittima prescelta da suprematisti bianchi. L’ultima sparatoria di massa è avvenuta nella tarda mattinata di sabato a Jacksonville, in Florida, nel giorno del quinto anniversario di un’altra strage nella città e nel giorno in cui migliaia di persone sono scese per le strade di Washington per celebrare i 60 anni del celebre discorso ‘I have a dream’ pronunciato da Martin Luther King per l’eguaglianza razziale e i diritti’. Un ragazzo bianco sui vent’anni, vestito in assetto da guerra e armato con un fucile d’assalto ed una pistola, entra in un negozio della catena Dollar General, vicino al campus della Edward Waters University, una piccola università storicamente afroamericana, si barrica dentro e apre il fuoco. Tre le vittime, due uomini e una donna afroamericani, caduti sotto i colpi del killer che poi ha girato la pistola nazista contro se stesso e si è ucciso.

Prima di compiere la strage ha chiamato i genitori e ha chiesto loro di diffondere su media e social media il suo manifesto razzista nel quale dichiarava di “odiare i n…i e di volerli uccidere”. Una strage preparata da mesi, probabilmente, nei più minimi dettagli che ora spetterà all’Fbi analizzare per capire come e quando il killer ventenne si sia radicalizzato. Soltanto a maggio dell’anno scorso, un’altra strage motivata dall’odio razziale. Il 19enne suprematista Payton Gendron uccide 10 afroamericani in una sparatoria trasmessa in diretta in un supermercato di Buffalo.

Ma dall’inizio dell’anno a oggi sono state centinaia le sparatorie in tutti gli Stati Uniti e invano sono caduti gli appelli di Joe Biden al Congresso per varare leggi più restrittive sul possesso di armi, soprattutto quelle “da guerra” come il presidente americano ha definito i fucili d’assalto. Sparatorie nei centri commerciali, nelle scuole, al cinema o per strada, lo spargimento di sangue negli Usa sembra non essersi mai fermato nella prima metà del 2023 con un bilancio delle vittime che è aumentato quasi ogni settimana. Oltre alla strage a Jacksonville, soltanto sabato ci sono state una sparatoria durante il carnevale caraibico a Boston con sette feriti ed un’altra ad una partita di football di un liceo di Choctaw, in Oklahoma nella quale è rimasto ucciso un sedicenne.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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