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Economia

Tonfo a Wall Street per Apple che taglia le stime dei ricavi: pesa la debolezza economica della Cina e la guerra commerciale di Trump

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Apple rivede al ribasso le stime per il primo trimestre dell’esercizio fiscale, puntando il dito sulla debolezza economica della Cina e sul rallentamento delle vendite di iPhone nel paese. Per i tre mesi che si sono chiusi il 29 dicembre – il trimestre delle festivita’ di Natale, uno dei piu’ importanti per Apple – Cupertino stima ricavi per 84 miliardi di dollari, ben al di sotto dei 91 miliardi attesi dagli analisti e degli 89-93 miliardi stimati in precedenza dalla societa’.

Immediata la reazione del titolo in Borsa, che arriva a perdere oltre l’8%. In una lettera agli investitori diffusa dopo la chiusura di Wall Street, Tim Cook parla di un impatto ”significativamente maggiore” alle attese della debolezza di alcune economie emergenti, soprattutto della Cina. L’economia del Dragone – spiega – ha iniziato a rallentare nella seconda meta’ dello scorso anno. Le tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina hanno poi esacerbato ulteriormente le pressioni negative sull’economia cinese. A pesare è anche il dollaro forte: ”sapevamo che un dollaro forte avrebbe creato venti contrari”, anche alla luce del suo impatto sulla domanda di iPhone. Cook cerca comunque di rassicurare: ”nonostante le difficolta’ riteniamo che le nostre attivita’ in Cina abbiano un futuro brillante”. L’annuncio a sorpresa alimenta i dubbi sulla capacità di Cupertino – la maggiore societa’ al mondo, la prima a sfondare quota 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione – e dei giganti tecnologici di navigare un contesto economico sempre piu’ incerto e una prolungata guerra commerciale. A colpire e’ soprattutto il fatto che il taglio delle stime arriva a soli 60 giorni dalle precedenti previsioni diffuse dall’azienda. ”Quando abbiamo parlato delle stime per il primo trimestre 60 giorni fa sapevamo che i primi tre mesi dell’anno sarebbero stati influenzati da fattori macroeconomici” spiega l’amministratore delegato di Apple nella lettera agli investitori, nella quale si prevedono ricavi per 84 miliardi di dollari, un margine lordo di circa il 38% e spese operative per 8,7 miliardi di dollari. ”Non possiamo cambiare le condizioni macroeconomiche, ma – tenta di rassicurare Cook – stiamo prendendo e accelerando altre iniziative per migliorare i nostri risultati”.

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Economia

Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Economia

Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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