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Esteri

Cose turche, Erdogan raddoppia i salari pubblici a 5 giorni dal voto

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Busta paga quasi raddoppiata ai lavoratori del settore pubblico in Turchia che si prepara ad andare a votare domenica prossima per il rinnovo della presidenza della Repubblica e del parlamento. L’annuncio del presidente Recep Tayyip Erdogan arriva a cinque giorni dalle elezioni, un appuntamento cruciale per il leader turco al potere da vent’anni che punta a vincere ancora per restare in carica fino al 2028. Lo stipendio minimo degli impiegati pubblici sarà aumentato del 45% per il 2023 e per il 2024, un provvedimento che porta il salario di circa 700mila persone a 15mila lire turche al mese, circa 700 euro.

“L’uomo giusto al momento giusto”, come lo stesso Erdogan si definisce sui poster elettorali, scommette su un piano economico populista per cercare di ottenere i voti necessari alla riconferma. Nelle scorse settimane lo si è visto consegnare denaro in contanti ad alcuni cittadini mentre visitava le zone della Turchia più colpite dal terremoto che si è abbattuto sul sud est anatolico in febbraio, mentre tra le promesse elettorali nei manifesti c’è anche un anno di fornitura gratuita di gas per l’acqua calda e la cucina. “Non opprimeremo nessuno con l’inflazione e finora non l’abbiamo fatto”, ha detto Erdogan nell’annunciare l’aumento in busta paga. Stando ai dati ufficiali, l’aumento dei prezzi su base annua è recentemente calato restando comunque sopra il 43% mentre alla fine del 2022 l’inflazione aveva raggiunto i livelli più alti degli ultimi 25 anni superando l’80%.

Nell’agenda elettorale a pochi giorni dal voto entra anche la questione dei rifugiati siriani, quasi quattro milioni di persone arrivate in Turchia dopo l’inizio del conflitto in Siria, la cui presenza nel contesto di una situazione economica difficile crea frustrazione trasversalmente tra la popolazione turca. “Il ritorno dignitoso e sicuro dei siriani” in patria sarà uno dei temi al centro delle discussioni tra i ministri degli Esteri di Turchia, Siria, Iran e Russia che domani si incontreranno a Mosca in un nuovo vertice sulla ripresa delle relazioni tra Ankara e Damasco che Erdogan sta cercando dall’anno scorso, dopo avere rotto i rapporti con il presidente siriano Bashar al-Assad nel 2011 dopo l’inizio del conflitto civile.

Mentre si moltiplicano le promesse elettorali del capo di Stato turco, i sondaggi danno ancora un testa a testa tra Erdogan e il principale candidato dei partiti di opposizione Kemal Kilicdaroglu, 74 anni, presidente del partito socialdemocratico e laico Chp che guida una coalizione formata da forze di orientamento molto diverso, dalla destra alla sinistra, fino al centro liberale e all’islamismo. Non c’era mai stato un fronte così ampio e unito per contrastare Erdogan negli appuntamenti elettorali del passato dove il Sultano è sempre riuscito a trionfare, anche se alle elezioni locali del 2019 il suo partito Akp perse a favore dell’opposizione la capitale Ankara e Istanbul. Da allora Ekrem Imamoglu, il sindaco che venne eletto nella città sul Bosforo, è diventato uno delle figure più importanti dell’opposizione ed è candidato come vice presidente della Repubblica in caso di vittoria delle opposizioni. Durante uno dei suoi comizi nei giorni scorsi è stato attaccato da contestatori che hanno lanciato pietre sul bus dal quale stava parlando a Erzurum, nella Turchia orientale.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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Esteri

‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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