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Esteri

Oltre 250 religiosi coinvolti negli abusi a Friburgo

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In Germania nuove rivelazioni sullo scandalo degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa cattolica arrivano dal rapporto dell’arcidiocesi di Friburgo. E in questo caso a restare coinvolto da pesanti accuse è anche l’ex capo della Conferenza episcopale tedesca, mons. Robert Zollitsch, che oggi ha 84 anni. Anche lui, infatti, avrebbe contribuito a occultare i casi di pedofilia sistematicamente, quando era alla guida della diocesi locale, violando lo stesso diritto canonico. Il rapporto a cui una commissione indipendente lavora dal 2019 è stato presentato ai giornalisti da alcuni dei suoi autori. Sotto accusa ci sono oltre 250 chierici, sospettati di essere coinvolti in casi relativi ad abusi negli ultimi decenni, mentre le vittime sarebbero almeno 540. Un’altra figura di rilievo al centro degli scandali è il defunto predecessore di Zollitsch, Oskar Saier, colpevole a sua volta di aver messo tutto a tacere. Capo dei vescovi e volto della Chiesa cattolica tedesca fra il 2008 e il 2014, Zollitsch era alla guida della diocesi di Friburgo – con 1,8 milioni di fedeli una fra le più numerose di quelle presenti nella Repubblica federale – fra il 2003 e il 2013. Sulle novità emerse dalle indagini ha fatto sapere da un portavoce di non volersi esprimere, ma il presule aveva già ammesso in un video delle responsabilità personali.

Da quanto emerso, mons. Zollitsch non fece nulla di quanto sarebbe stato previsto dal diritto canonico, ha spiegato ai giornalisti Eugen Endress, uno degli autori del dossier, e avrebbe rinunciato completamente anche a riferire a Roma. “Non è successo nulla, tutto è andato avanti come sempre”. “Siamo rimasti senza parole”, ha chiosato, citato dalla Dpa. Documenti, protocolli atti personali che sarebbero stati utili a ricostruire i fatti sono stati distrutti e il rapporto della Commissione documenta il sentimento di indifferenza dei responsabili della Chiesa del tempo nei confronti delle vittime: “Erano più importanti la Chiesa e la sua immagine e con questa la protezione delle persone, che avevano commesso atti malvagi su bambini e adolescenti”, affermano gli inquirenti. I responsabili degli abusi sono stati soltanto sostituiti senza che si dessero spiegazioni e senza annunci. Nel rapporto di 600 pagine si descrivono una ventina di casi proprio per chiarire come avvenissero gli occultamenti. Nella Repubblica federale, dove la chiesa sta cercando di fare i conti con lo scandalo dei preti pedofili, rapporti analoghi sono stati pubblicati anche dalle arcidiocesi di Monaco – dove fu coinvolto anche l’ormai defunto ex pontefice Joseph Ratzinger – e quella di Colonia.

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Esteri

Melinda Gates donerà un miliardo di dollari a diritti donne

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La filantropa Melinda French Gates, ex moglie di Bill, ha annunciato che donerà 1 miliardo di dollari nei prossimi due anni per sostenere le donne e le famiglie, compresi i diritti riproduttivi minacciati negli Stati Uniti da un’ondata di divieti statali. Lo ha annunciato lei stessa in un editoriale sul New York Times spiegando che si dedicherà a questa nuova missione il 7 giugno, una volta lasciata la Foundation che ha fondato con l’ex marito 25 anni fa.

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Esteri

Kiev annuncia l’arrivo dei ‘primi istruttori francesi’

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I primi militari francesi metteranno ufficialmente piede in Ucraina in tempi brevi. Ad annunciarlo è stato il capo delle forze armate di Kiev, Alexander Syrsky, che ha reso noto un accordo con Parigi per l’invio di “istruttori”. Ma è inevitabile che, dopo gli scenari per uno schieramento di truppe occidentali più volte evocato dal presidente Emmanuel Macron, la notizia alimenti i timori di uno scontro diretto tra la Nato e Mosca, accompagnandosi all’invito insistentemente rivolto dal segretario generale Jens Stoltenberg ai Paesi membri di dare il via libera all’Ucraina per colpire il territorio russo con i missili da loro forniti. Sono “già stati firmati i documenti che consentiranno presto ai primi istruttori francesi di visitare i nostri centri di formazione e di familiarizzare con le infrastrutture e il personale”, ha scritto su Telegram Syrsky, riferendo di un incontro in video collegamento tra i ministri della Difesa dei due Paesi.

“Difenderemo l’Ucraina quanto a lungo sarà necessario e con l’intensità che sarà necessaria, la pace non può essere la capitolazione di Kiev”, ha affermato Macron, senza fare riferimento all’annuncio ucraino. Mentre una portavoce del ministero della Difesa di Parigi, interrogata, si è mantenuta vaga. L’invio in Ucraina di “istruttori militari è una pista sulla quale continuiamo a lavorare con gli ucraini, in particolare per comprendere le loro esatte necessità”, si è limitata a dire. Parlando a Sofia, invece, Stoltenberg ha ribadito che l’Ucraina ha il diritto di colpire la Russia con missili di Paesi Nato, lamentando che Kiev attualmente “ha le mani legate a causa delle restrizioni all’uso delle armi” fornite dall’Occidente. Quando ancora la notizia dei militari francesi non era stata resa nota, e quindi riferendosi solo alle parole di Stoltenberg, il Cremlino aveva accusato la Nato di essere caduta in “uno stato di estasi militare”, essendo ormai “coinvolta direttamente” nel conflitto e intenta ad “innalzare il livello dell’escalation”. Ma le parole del segretario generale hanno provocato reazioni opposte all’interno della stessa Unione europea.

La Lituania, tra i convinti sostenitori della linea più dura verso Mosca, si è dichiarata favorevole all’uso dei missili occidentali contro la Russia, rilanciando l’accusa a Mosca di preparare “sabotaggi e azioni terroristiche in Europa”, come aveva scritto tre settimane fa il Financial Times citando servizi d’intelligence occidentali. Decisamente contraria l’Italia: “Non tocca a Stoltenberg decidere sull’uso delle armi, non è una sua competenza”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, assicurando che l’Italia vigilerà perché le armi fornite a Kiev non vengano usate contro il territorio russo. Anche il premier spagnolo Pedro Sanchez, che con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato a Madrid un accordo bilaterale di sicurezza e promesso aiuti militari per 1,1 miliardi di euro, ha detto che non è previsto un uso di tali armi al di fuori dell’Ucraina. Intanto, l’Ungheria del premier Viktro Orban, che tre giorni fa aveva denunciato preparativi per “l’entrata in guerra dell’Europa”, ha posto il veto al 14/o pacchetto di sanzioni della Ue contro la Russia. La Polonia, nel frattempo, ha annunciato restrizioni alla circolazione dei diplomatici russi nel Paese come risposta a quella che ha definito “la guerra ibrida contro l’Europa” di Mosca.

E quest’ultima ha annunciato che risponderà con misure che faranno “molto dispiacere” la dirigenza “russofoba” di Varsavia. Sul campo, il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato la conquista di altri due villaggi ucraini: Netaylovo, nella regione di Donetsk, e Ivanovka, in quella di Kharkiv. Ma la Russia continua a subire attacchi di droni ucraini anche in profondità sul suo territorio. Una persona è morta e altre tre sono rimaste ferite a seguito dell’esplosione provocata da un velivolo senza pilota che si è schiantato su una stazione di servizio nella città di Livny, nella regione di Oryol. Mentre fonti dell’intelligence di Kiev citate dai media hanno detto che un altro drone ha percorso ben 1.800 chilometri per andare a colpire una stazione radar di rilevamento di bersagli a lungo raggio nella regione russa di Orenburg. Secondo il capo dell’amministrazione militare della regione di Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina, tre persone sono state uccise e sei sono rimaste ferite in un attacco russo ad un autolavaggio.

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Esteri

L’Ue vara la legge per l’industria green, sì al nucleare

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Costruire un’industria a zero emissioni per rispondere alla domanda, sempre più alta, di tecnologie pulite. Da Bruxelles arriva il via libera definitivo al ‘Net-Zero Industry Act’, la prima legge che vincola il continente a produrre tra i suoi confini il 40% del fabbisogno annuo di materiali clean-tech necessari alla transizione green entro il 2030 e a raggiungerne il 15% del valore di mercato su scala globale. Una risposta made in Europe di Bruxelles – sempre più stretta tra la concorrenza cinese e il maxi piano di sussidi statunitensi da 370 miliardi di dollari, l’Inflation Reduction Act (Ira) – che eleva anche il ruolo del nucleare.

“La domanda” di tecnologie green “è in crescita in Europa e nel mondo, e ora siamo in grado di soddisfarne una parte maggiore con un’offerta europea”, ha sintetizzato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, promotrice un anno fa del Piano industriale per il Green Deal, di cui il ‘Net-Zero Act’ è pilastro centrale. Il regolamento contempla un elenco di tecnologie strategiche che godranno di permessi accelerati e potranno ricevere finanziamenti Ue. E tra loro – dopo lunghi mesi di negoziati dominati dal braccio di ferro tra Parigi e Berlino – trova un posto di rilievo anche l’atomo, determinando la vittoria della linea francese. Insieme alle tecnologie per la fissione nucleare e al ciclo del combustibile nucleare, nell’elenco figurano anche i pannelli solari, le pale eoliche onshore e le tecnologie per le energie rinnovabili offshore; batterie e stoccaggio dell’energia, ma anche pompe di calore e idrogeno. Sul regolamento, per quanto innovativo, pesa tuttavia il nodo delle risorse: il Net-Zero Act non dispone di alcun nuovo impegno finanziario da parte dell’Ue.

Di fatto, Bruxelles si limita a incoraggiare i governi a utilizzare i proventi ricavati dal nuovo mercato Ue del carbonio, il sistema Ets di scambio delle emissioni che traduce in pratica il principio ‘chi inquina paga’. Non solo industria green. Con le elezioni europee ormai alle porte, accelera anche l’impegno della presidenza belga dell’Ue per chiudere quanti più dossier possibili del Green Deal. Dal Consiglio Ue – riunito in formato Agricoltura – è arrivato l’ok anche alle nuove norme sull’ecodesign per la progettazione ecocompatibile dei prodotti, che tra le altre cose introducono un divieto di distruzione dei vestiti invenduti e un passaporto digitale per le informazioni degli stessi prodotti. I ministri hanno confermato l’accordo con l’Eurocamera che secondo Roma – unica al tavolo ad astenersi – non ha garantito di raggiungere un testo equilibrato a tutela dell’l’ambiente tenendo conto delle esigenze manifatturiere.

L’Italia si è invece espressa favorevolmente alla stretta sulle fughe di metano provenienti dai settori energetici: dal petrolio al gas, passando per il carbone e il biometano. I Paesi hanno confermato l’intesa politica raggiunta a novembre con l’Eurocamera per costringere le compagnie energetiche a rilevare e riparare regolarmente le perdite di metano derivate dalle loro attività, comprese le importazioni. Una stretta con cui Bruxelles punta ad accelerare la lotta al cambiamento climatico, dal momento che il metano è un potente gas serra con una maggiore capacità di intrappolare calore rispetto alla CO2, e dunque un impatto sul surriscaldamento di oltre 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica su un periodo di 20 anni.

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