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Blitz a Roma,a fuoco la corona per militante di destra

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Dopo gli scontri davanti ad un liceo di Firenze, sale la tensione anche a Roma tra appartenenti ai collettivi e formazioni di estrema destra. Giovani militanti del collettivo antifascista romano di Scuole in Lotta, la notte tra il 20 e il 21 febbraio, hanno compiuto un blitz imbrattando le sedi dei movimenti di destra, Gioventù Nazionale e Generazione Popolare, e dando alle fiamme anche la corona di fiori accanto alla targa in memoria di Paolo Di Nella a Villa Chigi, una delle vittime di quella “guerra civile” che insanguinò gli anni ’70-’80 uccidendo giovani di destra e sinistra. Il Campidoglio, col sindaco Roberto Gualtieri, ha condannato quanto avvenuto. L’assessore alla Cultura del Comune di Roma Capitale, Miguel Gotor, afferma che una nuova corona verrà messa per ricordare Di Nella. A poche ore dal 43esimo anniversario dell’omicidio di Valerio Verbano, studente di Autonomia Operaia ucciso nelle sua abitazione a Montesacro il 22 febbraio del 1980, un gruppo appartenente ai collettivi, incappucciati e armati di bombolette spray, ha preso di mira la sede delle due organizzazioni di estrema destra in via Guendalina Borghese, nel quartiere Ostiense, e nella zona di Batteria Nomentana.

Un raid immortalato in un video poi postato sui social, sul quale è al lavoro la Digos. Su quanto avvenuto a Roma sono intervenuti esponenti di Fratelli di Italia che domani deporranno una nuova corona di alloro accanto alla targa in memoria del militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1983: la delegazione sarà guidata dal capogruppo alla Camera Tommaso Foti e dal coordinatore nazionale Giovanni Donzelli. Foti ha espresso “profondo sdegno ed indignazione nell’apprendere che una vile mano ha incendiato la corona di fiori deposta in onore di Paolo Di Nella” a Villa Chigi mentre il senatore Marco Lisei chiede che “la medesima attenzione rivolta sui fatti di Firenze, dove doverosamente va accertato quanto avvenuto individuando i profili di responsabilità sussistenti, venga riservata alla notizia della chiusura delle indagini in corso di notifica dalla Procura di Bologna ai presunti aggressori di militanti di Azione Universitaria per i fatti avvenuti a maggio 2022”. Nel rivendicare l’azione i collettivi, che oggi sfilano in corteo organizzato in memoria di Verbano, scrivono su Instagram di avere “sanzionato e chiuso le sedi e luoghi simbolici per le organizzazioni neofasciste all’interno della città che in questo momento, sentendosi legittimante istituzionalmente dal nuovo governo, hanno ripreso una attività aggressiva e intimidatoria nelle scuole, nelle università e nei quartieri”. Parole a cui rispondono, sempre via social, i militanti di Blocco Studentesco che su twitter scrivono: “data alle fiamme una corona d’alloro in memoria di Di Nella da un gruppo di antifascisti romani. Poi vi lamentate se uno gli mena”. Dal canto suo Generazione Popolare su Facebook afferma che non si “farà trascinare in questo clima di odio e violenza e risponderemo, come abbiamo sempre fatto, continuando a fare politica con il sorriso e con l’amore per la nostra Patria che ci contraddistingue”.

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Esteri

‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Un video per raccontare la lotta al tumore ovarico

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Le donne colpite dal tumore ovarico raccontano, condividono le loro paure, le loro speranza e allo stesso tempo chiedono maggiore attenzione verso questa grave patologia. L’iniziativa è realizzata dalle donne dell’associazione ALTo attraverso un video che da oggi, in occasione della Giornata mondiale contro il tumore ovarico, è disponibile su You Tube.

Il tumore ovarico è il settimo tumore più comune tra le donne a livello mondiale e costituisce l’ottava causa di morte per cancro femminile. Solo in Italia sono circa 6mila le donne che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore ovarico. “Ogni donna che combatte contro il cancro ovarico ha una storia unica da raccontare e attraverso questo video vogliamo dare loro voce – spiega Maria Teresa Cafasso, presidente dell’Associazione ALTo – vogliamo mostrare al mondo intero la loro forza e determinazione e allo stesso tempo sensibilizzare sull’importanza della conoscenza precoce, dell’accesso ai trattamenti e della necessità di approvare nuovi farmaci per la cura delle frequenti recidive che spesso colpiscono le donne affette da questa malattia”.

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Nell’inchiesta su Toti l’ombra di una talpa

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Nell’inchiesta sul presunto comitato d’affari e corruzione che ha portato all’arresto (ai domiciliari) del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti spunta l’ombra di una talpa. E’ un aspetto su cui lavorano gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali.

E’ il 30 settembre 2020. I fratelli Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, vengono a Genova per incontrarsi con alcune persone della comunità riesina. A quell’incontro si avvicina un uomo con la felpa e il cappellino.

“Viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano). Che dice a Italo Testa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando”. In tutta risposta Italo Maurizio Testa afferma: “si lo so, non ti preoccupare …. L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Questa condotta, scrive il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, “appare in tal modo integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto – avvisando i fratelli Testa a non parlare al telefono essendo in corso indagini (“stanno indagando”) – fornito un aiuto in favore dei predetti ad eludere le investigazioni a loro carico”.

Ma chi ha avvisato Lo Grasso? Una ipotesi è che vi sia appunto una talpa visto che Stefano Anzalone, totiano anche lui e indagato nell’inchiesta, è un ex poliziotto che ha dunque agganci tra le forze dell’ordine. L’altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che dopo le elezioni voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse fatte in cambio dei voti.

Tutti gli indagati citati in questo articolo sono da considerare presunti innocenti.

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