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Guerra Ucraina

Allarme antiaereo in gran parte dell’Ucraina, anche a Kiev

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Un allarme antiaereo è scattato questa mattina in gran parte dell’Ucraina, inclusa la capitale Kiev: lo riporta il Kyiv Independent. Secondo il governatore della regione Odessa, Maksym Marchenko, la Russia si prepara a lanciare un massiccio attacco missilistico contro il Paese utilizzando aerei e navi. Il principale fornitore privato di energia in Ucraina, Dtek, ha reso noto che sta effettuando interruzioni di emergenza dell’energia elettrica a Kiev e nel resto della regione della capitale – oltre che nelle regioni di Odessa e Dnipropetrovsk – a causa del pericolo di un attacco missilistico.

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Esteri

Il 9 maggio di Putin, vent’anni dopo: la parata della Vittoria tra retorica e potere globale

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Era il 2005 quando Vladimir Putin celebrava il 60° anniversario della vittoria contro il nazifascismo con i grandi della Terra al suo fianco: da George W. Bush a Jacques Chirac, da Hu Jintao a Silvio Berlusconi. Un tempo in cui la Russia sembrava al centro del mondo, non ai margini, come oggi. Quel 9 maggio segnò la nascita della parata militare che conosciamo, la prima grande cerimonia moderna che intrecciava memoria storica, potenza militare e ambizioni geopolitiche.

Da allora, la Festa della Vittoria è diventata il rito fondante dell’identità russa contemporanea, un momento in cui Mosca ribadisce il proprio posto nella storia e nella geopolitica. Un evento solenne, destinato a commemorare i milioni di morti della Grande Guerra Patriottica, ma anche a legittimare la visione politica di Putin sul presente e sul futuro della Russia.

Il culto della vittoria: da Breznev a Putin

Se oggi il 9 maggio è il simbolo della forza nazionale russa, non lo è sempre stato. Stalin scelse di sminuirlo per oscurare l’ascesa popolare del maresciallo Zhukov e per concentrare la sacralità del potere sul 7 novembre, anniversario della Rivoluzione. Solo con Breznev il 9 maggio tornò ad essere festa ogni cinque anni, trasformandosi però nel culto consolatorio della vittoria, utile a lenire il trauma collettivo della guerra.

Putin ha saputo farne un pilastro del suo potere personale, identificandosi con i valori eroici della resistenza sovietica per costruire una narrazione patriottica unificatrice. A partire dal 2005, il 9 maggio è diventato l’evento simbolico della Russia che resiste e trionfa.

L’ombra della guerra in Ucraina sulla celebrazione

Quest’anno, la parata sarà inevitabilmente segnata dal conflitto in Ucraina, che ha alterato l’immagine della Russia a livello globale. Durante una recente maratona educativa con i giovani, Putin ha parlato di “memoria storica come chiave per capire il presente”, unendo il ricordo della guerra del ‘45 con l’“Operazione militare speciale” in Ucraina. Ha invitato gli “eroi di oggi” a parlare con le nuove generazioni, per trasmettere i valori della “difesa della Patria”.

Xi Jinping torna a Mosca: segnale alla comunità internazionale

Mosca riceverà 19 leader stranieri, ma l’attenzione sarà tutta per uno: Xi Jinping. Il presidente cinese non partecipava alla Festa della Vittoria dal 2015. La sua presenza ha un significato geopolitico preciso: confermare che l’asse Mosca-Pechino è solido, nonostante l’attuale riavvicinamento tra la Russia e la nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump. La collaborazione militare tra Russia e Cina resta avvolta dal riserbo, ma la postura multipolare auspicata dal Cremlino dal 2022 passa proprio da questa alleanza.

Il dilemma retorico: Putin parlerà ancora di antiamericanismo?

Negli ultimi anni, Putin ha fatto della retorica antioccidentale e antiamericana un marchio di fabbrica. Nel 2023 definì gli Stati Uniti «pronti a fare patti con il Diavolo pur di danneggiare la Russia». Ora, con un equilibrio globale più incerto e interlocutori ambigui, il leader russo dovrà decidere quale tono assumere il 9 maggio.

Da un lato vorrà mostrare forza e coesione interna; dall’altro dovrà misurare le parole per non compromettere i rapporti con i partner che, pur critici verso l’Occidente, non sposano fino in fondo il confronto armato.

Un messaggio al mondo: pace o sfida?

Il 9 maggio sarà anche un test per comprendere se Putin intende davvero aprire a una trattativa di pace o proseguire il conflitto. La presenza dei Brics, la postura di Pechino, l’assenza di Modi: tutti segnali da interpretare in chiave diplomatica.

Più che un semplice evento celebrativo, la parata sarà un barometro dello stato geopolitico della Russia, un’occasione per contare gli amici rimasti e per misurare il tono dello zar di fronte al mondo.

 

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Esteri

Ucraina-Russia, scontro sul cessate il fuoco del 9 maggio: Zelensky rifiuta la tregua di Putin

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La celebrazione della “Grande Vittoria Patriottica” del 9 maggio, data simbolo per la Russia post-sovietica, diventa terreno di nuovo scontro tra Mosca e Kiev. Il Cremlino ha chiesto un cessate il fuoco di 72 ore, in coincidenza con l’ottantesimo anniversario della vittoria contro il nazifascismo, da commemorare con la tradizionale parata sulla Piazza Rossa.

Vladimir Putin, secondo fonti diplomatiche, teme un attacco ucraino con droni proprio durante la cerimonia, che sarebbe trasmessa in mondovisione. L’ipotesi di dover evacuare sotto minaccia, assieme ai leader stranieri presenti, rappresenterebbe per il leader russo una ferita simbolica e politica. Non solo alla sua immagine di potenza, ma anche al progetto ideologico di continuità storica tra l’URSS di allora e la Russia di oggi.

Zelensky rifiuta la proposta: “Non è una tregua, è propaganda”

La risposta di Volodymyr Zelensky non si è fatta attendere. Il presidente ucraino ha rifiutato la tregua selettiva proposta da Mosca, definendola strumentale: “Perché solo 72 ore a discrezione della Russia?”, ha chiesto. Zelensky ha ricordato che l’Ucraina ha già accettato la proposta americana per una tregua di un mese, in qualunque momento Mosca fosse davvero pronta a porre fine alla guerra.

Ma per Kiev, questa non è una vera proposta di pace: “Non vogliamo partecipare a un gioco che crea una piacevole atmosfera per consentire a Putin di uscire dall’isolamento il 9 maggio”. Anzi, Zelensky ha messo in guardia gli ospiti attesi a Mosca: “Non possiamo garantirvi la sicurezza. Meglio restare a casa”, ha detto ironicamente, ricordando che le sirene antiaeree in Ucraina continuano a suonare ogni notte.

Continuano i bombardamenti su Kherson e Kharkiv

Nel frattempo, sul terreno, la guerra non si ferma. A Kherson si contano nuovi morti e feriti, e a Kharkiv circa 50 persone sono rimaste ferite da un attacco di droni russi. I bombardamenti proseguono su tutta la linea del fronte, con un’intensità che smentisce nei fatti ogni reale volontà di tregua da parte russa.

Zelensky ha anche ipotizzato che Mosca possa inscenare un attacco fittizio durante la parata per addossarne la colpa a Kiev e giustificare un’escalation.

Il Cremlino risponde con minacce: “Kiev potrebbe non vedere l’alba”

La replica del Cremlino non si è fatta attendere. La portavoce Maria Zakharova ha accusato Zelensky di minacciare i leader mondiali intenzionati a partecipare alla cerimonia. Ma è stato il vicepresidente Dmitry Medvedev a lanciare la provocazione più dura: “Se ci sarà una provocazione ucraina il 9 maggio, Kiev potrebbe non vedere l’alba del 10”.

Parole che dimostrano quanto il confronto sia ancora incandescente, anche sul piano simbolico. Una tregua che doveva rappresentare una pausa umanitaria rischia così di diventare l’ennesimo casus belli. Il muro contro muro continua, con le armi ancora pronte a parlare.

 

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Esteri

Ucraina, la guerra rallenta: meno avanzate russe e una strategia che cambia

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Dopo i successi militari ottenuti tra ottobre e dicembre 2024, l’esercito russo ha sensibilmente rallentato il proprio ritmo di avanzata sul fronte ucraino. A gennaio 2025 le truppe di Mosca avevano già mostrato segni di rallentamento, e ad aprile – secondo l’Institute for the Study of War di Washington – il bottino territoriale russo si è fermato a 217 chilometri quadrati, un terzo rispetto ai mesi precedenti.

L’unico episodio di rilievo si è verificato a marzo nella regione di Kursk, dove i russi hanno riconquistato circa 500 chilometri quadrati. Per il resto, si registra una situazione vicina allo stallo operativo, nonostante il continuo impiego massiccio di uomini e mezzi.

Le perdite restano altissime da entrambi i lati

Le stime più accreditate parlano di 160.600 perdite russe (tra morti, feriti e dispersi) solo da inizio anno. Il tasso di perdite è elevatissimo: 99 uomini per ogni chilometro quadrato guadagnato. Tuttavia, non esistono fonti indipendenti in grado di confermare queste cifre, che potrebbero essere influenzate dalla propaganda di guerra.

Anche sul fronte ucraino non esistono dati ufficiali: Kiev non fornisce aggiornamenti dettagliati e Mosca parla di «perdite catastrofiche» tra le file nemiche. In ogni caso, la pressione militare sembra aver rallentato.

La temuta offensiva russa di primavera non è arrivata

Molti analisti avevano previsto una grande offensiva russa in primavera, anticipata a febbraio dall’intelligence ucraina. Tuttavia, l’offensiva non si è ancora concretizzata. I 160.000 nuovi soldati annunciati da Vladimir Putin necessitano di formazione e equipaggiamento, e secondo Kiev un’azione su larga scala potrebbe essere rimandata almeno a giugno.

Nel frattempo, il clima più caldo ha migliorato le condizioni operative nelle trincee, ma anche reso più difficili gli spostamenti clandestini per via dell’erba alta e del fogliame fitto.

Mosca consolida le difese, Kiev si affida ai droni

L’obiettivo strategico di Mosca sembra essersi spostato: non più solo avanzare, ma rafforzare le linee già acquisite. Questo comporta un passaggio da una guerra di movimento a un conflitto statico e posizionale, caratterizzato da scontri di bassa intensità ma diffusi.

I russi continuano comunque a premere nel Donbass, in particolare attorno a Pokrovsk, Chasiv Yar e Lyman, mentre Kharkiv e la regione di Sumy sono tornate sotto attacco. L’Ucraina risponde affidandosi a una massiccia produzione nazionale di droni, impiegati per colpire le linee nemiche fino a 15 chilometri di profondità.

Kiev colpisce nel Mar Nero con un drone navale

Nelle ultime ore, un’ulteriore novità è giunta dal fronte marittimo. L’intelligence ucraina ha annunciato l’abbattimento di un caccia russo Su-30 nel Mar Nero, affermando di aver usato un drone navale Magura V5. Si tratterebbe, secondo Kiev, della prima volta al mondo in cui un velivolo militare viene abbattuto da un drone marittimo. Un episodio che mostra l’evoluzione tecnologica di una guerra sempre più ibrida e asimmetrica.

 

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