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Politica

Decreto rave sul filo di lana, il governo pone la fiducia

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Il governo pone la questione di fiducia sul decreto legge Rave alla Camera dove è corsa contro il tempo per l’approvazione del testo, che scade il prossimo 30 dicembre. L’opposizione minaccia un durissimo ostruzionismo sul primo decreto legge varato dal governo Meloni, ed intende avvalersi di ogni strumento messo a disposizione dal regolamento di Montecitorio con l’obiettivo di farlo decadere, scongiurandone la conversione. Che l’opposizione avrebbe praticato il filibustering si è capito dalle prime battute, con 98 iscritti a parlare, ciascuno per un massimo di mezz’ora. La maggioranza ha fiaccato questa prima azione ostruzionistica approvando, con un voto in Aula, la chiusura anticipata della discussione generale e ponendo – con L’esecutivo – la fiducia sul testo. Tuttavia Pd, M5S, Terzo Polo e Avs non intendono demordere su quella che il dem Toni Ricciardi bolla come una “frittura mista, un decreto emanato esclusivamente per ragioni propagandistiche ed identitarie che dimostra un’assenza completa e totale di un’idea qualsiasi di come governare questo Paese”.

La chiama per la fiducia avrà inizio alle 17.25, al termine di un dibattito che partirà alle 15.45: c’è dunque da aspettarsi la presentazione di una valanga di ordini del giorno da parte di tutti i deputati di centrosinistra. In base al regolamento della Camera, trattandosi di un decreto, per ciascun ordine del giorno il presentatore può intervenire per dieci minuti (cinque per illustrarlo e cinque in dichiarazione di voto): il che assomma a diverse ore di discussione. Ma non finisce qui. Ci sono le dichiarazioni di voto finali: per i decreti ciascun deputato può pronunciarne una per un massimo di dieci minuti. Il risultato che si profila è abbastanza chiaro: l’opposizione potrebbe teoricamente riuscire a far giungere al voto finale oltre la scadenza, facendo decadere il decreto. La maggioranza prova a correre ai ripari. Alla conferenza dei capigruppo Fratelli d’Italia ha annunciato che dopo la votazione della fiducia chiederà la seduta fiume, che si conclude, senza soluzione di continuità, solo con il voto finale sul provvedimento. Alle 14.30 è convocata una nuova capigruppo, nella quale si proverà nuovamente a raggiungere un difficile accordo.

In mancanza di intese, la presidenza della Camera potrebbe minacciare la cosiddetta “ghigliottina”, il traumatico espediente in base a cui può decidere di porre in votazione un decreto legge nell’imminenza della scadenza anche se non se ne è ancora esaurito l’esame ordinario: sarebbe la seconda volta ad accadere nella storia repubblicana. La prima (e finora unica) “ghigliottina” la mise Laura Boldrini, allora presidente della Camera, il 29 gennaio 2014 sul decreto legge Imu-Bankitalia. Il provvedimento, su cui si è aperta una vera e propria guerriglia parlamentare, contiene misure in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti che non collaborano con la giustizia, ma anche in materia di obblighi di vaccinazione Covid e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali e norme in materia di reati ostativi.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Politica

Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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