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Esteri

Kiev punta ad un summit di pace a febbraio all’Onu

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Febbraio 2023, orizzonte di pace. Kiev tira dritto sul suo piano per mettere fine al conflitto in Ucraina evocato nel faccia a faccia tra Zelensky e Biden a Washington e annuncia l’obiettivo di organizzare un summit in occasione del primo anniversario della guerra, con le Nazioni Unite come sede e il segretario Onu Guterres auspicabilmente a fare da mediatore. Perché “ogni guerra finisce con la diplomazia”, ha spiegato il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba in un’intervista all’Ap. Zelensky ha fatto sapere di averne parlato oggi telefonicamente anche con il premier indiano Narendra Modi, prossimo presidente del G20. Ma alla domanda delle domande, ovvero se la Russia sarà invitata al vertice, il ministro ha posto una condizione difficilmente accettabile per il Cremlino: prima, ha risposto Kuleba, Mosca dovrà accettare di essere perseguita per crimini di guerra da un tribunale internazionale, “solo in questo modo possono essere invitati”.

Le bombe intanto continuano a cadere, e neanche il Natale ha regalato un po’ di tregua al martoriato popolo ucraino: almeno 40 attacchi russi domenica si sono abbattuti sul Paese, devastato da 306 giorni di invasione, senza alcuna pietà per i civili in decine di località nelle regioni di Lugansk e Donetsk, Kharkiv, Kherson e Zaporizhzhia. Una pioggia di distruzione che contraddice le parole di Putin, che proprio il 25 dicembre si era detto pronto a negoziare con tutte le parti coinvolte nel conflitto. La guerra torna poi a sconfinare in Russia, dove tre militari sono morti per l’attacco di un drone ucraino sull’aeroporto militare di Engels, nella regione di Saratov. Il drone, secondo la singolare versione fornita dal ministero della Difesa russo, sarebbe stato abbattuto e le vittime causate dalla caduta di “frammenti”. Lo scorso 5 dicembre droni ucraini avevano già colpito lo stesso aeroporto e un’altra base militare russa nella regione di Ryazan.

“Queste sono le conseguenze delle azioni di Mosca in Ucraina”, è stato il commento del portavoce dell’aeronautica ucraina Yurii Ihnat, che pure non ha rivendicato esplicitamente la responsabilità diretta di Kiev per l’ultimo attacco. “Se i russi pensavano che la guerra non avrebbe colpito nessuno nelle retrovie profonde della Russia o altrove, si sbagliavano”. E non sono solo gli attacchi dal cielo a dire ai russi che questa guerra non conosce frontiera: i servizi segreti dell’Fsb hanno riferito che quattro “sabotatori ucraini” sono stati “eliminati” mentre tentavano di infiltrarsi dall’Ucraina in territorio russo, nella regione di Bryansk. Che il conflitto non si sarebbe fermato per le feste era ormai chiaro da settimane, dopo che Mosca ha rispedito al mittente l’appello ucraino a cessare le ostilità per Natale. Anzi, è stata una vigilia di strage a Kherson: le bombe russe sganciate per vendetta sulla città – simbolo della vergogna del ritiro di Mosca – hanno ucciso 16 persone ferendone altre 64 il 24 dicembre, con le immagini dei corpi a terra per le strade a raccontare un orrore che sembra non avere fine. Così, le autorità sono tornate a chiedere ai residenti del capoluogo di evacuare verso territori più sicuri. E il conflitto va avanti anche su altre zone del fronte: battaglie sono in corso a Kreminna, nella regione di Lugansk, dove le truppe ucraine “non sono lontane” dalla città. Intanto, continuano i blackout di emergenza in diverse regioni del Paese, inclusa la capitale Kiev. Ma Zelensky prova a tenere alto il morale della popolazione, dicendosi convinto che gli ucraini “sopravvivranno a questo inverno” proprio come hanno sopportato missili, minacce e ricatti nucleari, perché “sanno per cosa stanno combattendo”.

La strada verso la fine delle ostilità resta lunga, perché nonostante gli annunci la diplomazia al momento sembra non avere la forza di proporre una soluzione negoziata. E mentre il Papa è tornato ad invocare “pace per la cara e martoriata Ucraina”, ad aumentare la tensione è arrivata la richiesta di Kiev di escludere la Russia dall’Onu e dal Consiglio di Sicurezza. Per il ministro degli Esteri Kuleba, “Mosca non ha diritto” a farne parte: l’Ucraina sostiene infatti che la presenza russa nell’organizzazione sia “illegittima” a causa di irregolarità nel processo di adesione dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. Sul fronte dell’energia, infine, il Cremlino ha ribadito che non accetterà mai il price cap alle importazioni di risorse energetiche russe. Forte anche della “certezza che c’è richiesta del nostro gas” da parte dei consumatori europei, ha sottolineato il vicepremier russo Alexander Novak. Tanto che Mosca, nel consueto alternarsi di minacce e pseudo-aperture, si è detta pronta a riavviare il gasdotto Yamal verso l’Europa.

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Russia, respinto attacco di droni ucraini contro Mosca

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La Russia ha dichiarato stanotte di aver sventato un attacco di droni ucraini contro Mosca, pochi giorni prima delle celebrazioni del 9 maggio per la vittoria sulla Germania nazista nel 1945. Non è la prima volta che la capitale russa è bersaglio di simili operazioni di Kiev, sebbene rimangano rare. Il sindaco Sergei Sobyaninen ha dichiarato su Telegram che le difese aeree hanno “respinto un attacco di quattro droni diretti verso Mosca” senza causare “danni o vittime”.

L’attacco dei droni ucraini avviene pochi giorni prima della parata militare del 9 maggio nella Piazza Rossa, alla quale si prevede parteciperanno il presidente cinese Xi Jinping, il suo omologo brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e altri partner e alleati di Mosca. La commemorazione della vittoria sulla Germania nazista, avvenuta esattamente 80 anni fa il 9 maggio, è fondamentale per la narrativa patriottica del Cremlino, che insiste sul fatto che il conflitto armato contro l’Ucraina è una continuazione di quello contro Berlino durante la Seconda guerra mondiale.

In occasione delle celebrazioni del 9 maggio, il presidente russo Vladimir Putin ha proposto all’Ucraina una tregua di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, allo scopo, a suo dire, di testare la volontà di Kiev di raggiungere la pace. Ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato domenica di “non credere” che la Russia rispetterà la tregua. I colloqui separati tra Mosca e Kiev, guidati da Washington, sono in corso da oltre due mesi e finora faticano a produrre risultati nella ricerca di una soluzione al conflitto scatenato dall’attacco russo all’Ucraina nel febbraio 2022.

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Trump riapre Alcatraz: “Ospiterà i criminali più spietati d’America”

Donald Trump ordina la ricostruzione e riapertura del carcere di Alcatraz. “Ospiterà i criminali più violenti d’America”, ha dichiarato su Truth.

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Il presidente americano annuncia su Truth il ritorno della famigerata prigione federale: sarà ampliata e usata per i detenuti più pericolosi

Donald Trump ha annunciato ufficialmente di aver ordinato la ricostruzione e la riapertura del carcere federale di Alcatraz, l’ex penitenziario simbolo della durezza del sistema carcerario americano, situato su un isolotto nella baia di San Francisco e chiuso dal 1963.

Con un post pubblicato su Truth Social, Trump ha dichiarato che la nuova Alcatraz ospiterà “i criminali più spietati e violenti d’America“. Il presidente ha inoltre anticipato che il complesso sarà “sostanzialmente ampliato” rispetto alla struttura originale, rimasta celebre per aver ospitato gangster del calibro di Al Capone e per la sua reputazione di carcere inespugnabile.

La scelta ha già provocato reazioni contrastanti negli Stati Uniti: un’operazione simbolica dal sapore fortemente propagandistico, che richiama l’idea di legge e ordine tanto cara alla narrazione trumpiana, soprattutto in vista delle prossime elezioni.

Non sono ancora stati diffusi dettagli tecnici né un cronoprogramma ufficiale per la ricostruzione. Ma l’annuncio rilancia l’uso di Alcatraz come deterrente mediatico, riportando nell’attualità una prigione che da sessant’anni era diventata solo un’attrazione turistica.

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Romania, il sindaco di Bucarest filoeuropeo Nicusor Dan al ballottaggio contro George Simion

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Sarà il sindaco di Bucarest filoeuropeo Nicusor Dan lo sfidante del candidato di estrema destra George Simion (nella foto) al ballottaggio delle elezioni presidenziali in Romania, secondo i risultati quasi definitivi del voto di ieri. Con il 99% delle schede scrutinate il leader del partito nazionalista Aur e sostenitore del presidente americano Donald Trump ha ottenuto il 40,5% dei voti e se la vedrà ora nel secondo turno con Dan, balzato al secondo posto con il 20,9% delle preferenze contro il 20,3% del candidato della coalizione di governo Crin Antonescu.

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