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Economia

Pensioni subito sul tavolo. Bonomi, non scassare i conti

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Aprire un vero confronto e lavorare insieme per dare le risposte che il Paese attende, in questa fase difficile che tra le emergenze vede innanzitutto il caro bollette per le famiglie e le imprese e, tra le priorità, il lavoro e le pensioni: sindacati e Confindustria auspicano, in attesa del voto di fiducia del Parlamento, che subito dopo si avvii quella fase di dialogo sociale con il nuovo governo, assicurato dalla stessa premier Giorgia Meloni. Chiamato a fare scelte “immediate ed efficaci”, come dice il numero uno degli industriali, Carlo Bonomi. Ma, avverte, “senza scassare i conti” e senza creare nuovi poveri, partendo dall’energia e mettendo in sicurezza l’industria, l’asset “più importante”. Temi urgenti per il nuovo esecutivo, accolto dal mercato con una certa fiducia: lo spread tra Btp italiani e Bund decennali tedeschi dopo un’apertura in forte calo, all’indomani dell’insediamento a Palazzo Chigi, si attesta sulla stabilità nel corso della giornata per poi chiudere a 224 punti (232 la chiusura di venerdì scorso). Sul tavolo arrivano, intanto, i primi dossier. La nuova ministra del Lavoro, Marina Calderone, nel pomeriggio incontra Andrea Orlando per il passaggio di consegne. Prima dell’ex ministro, riceve per un saluto anche il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Non ci sono ancora stime e conti ufficiali. La partita sulle pensioni passa attraverso le risorse che verranno stanziate in legge di Bilancio e dall’impatto che ogni ipotesi di intervento – da Quota 41 con o senza soglia di età a Opzione donna – ha sulle platee e quindi sui costi. Forte il pressing dei sindacati, per superare la legge Fornero rivedendo tutto l’impianto: sulle pensioni “stiamo chiedendo una riforma complessiva che sia in grado di affrontare l’insieme dei temi. Non ci accontentiamo di qualche Quota per vedere cosa succede a gennaio 2023”, afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Cgil, Cisl e Uil chiedono di costruire una pensione di garanzia per i giovani, dare la possibilità di uscire da 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, di riconoscere la diversità tra i lavori ed una corsia per le donne. Quota 41 viene rilanciata dalla Lega insieme alla flat tax al 15% e la riforma del Reddito di cittadinanza. Lo ha sottolineato Matteo Salvini a Porta Porta: “stiamo studiando diversi modelli, come Lega, simulando l’avvio di quota 41 con 61o 62 anni di età minima senza penalizzazioni”. Come opzione ‘Secca’ costerebbe circa 5 miliardi l’anno: una possibilità per far diminuire il costo potrebbe essere quella di accompagnarla ad una soglia di età. Tra le misure in scadenza a fine anno Opzione donna, (l’uscita per le dipendenti con 58 anni o 59 per le autonome e 35 anni di contributi), la cui proroga figurava già nel programma di Fdi. Interventi su cui confrontarsi per far fronte al ritorno da gennaio prossimo all’uscita solo con 67 anni di età o con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Ma da affrontare ci sono anche i temi dell’occupazione e della precarietà, oltre alla tenuta dei redditi dei lavoratori e dei pensionati, erosi dall’alta inflazione. Sul Reddito di cittadinanza bisognerebbe intervenire per “migliorare i centri per l’impiego e le politiche attive”, sostiene Tridico. La stessa neoministra Calderone, da presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, aveva sottolineato come la riforma del 2019 fosse rimasta incompleta proprio nella parte relativa alle politiche attive. Necessario rafforzare il collegamento con l’occupazione. In attesa del merito, che sarà valutato, ripetono le parti sociali, c’è il metodo: confronto e ascolto sono la via per “costruire insieme la ripartenza del Paese”, rimarca il leader della Cisl, Luigi Sbarra. (ANSA). MRG

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Economia

Istat: lavoro in frenata a marzo, disoccupazione giovanile al 19%

A marzo l’occupazione cala di 16mila unità e la disoccupazione giovanile sale al 19%. Boom di contratti stabili, ma donne e under35 restano indietro.

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Frena il mercato del lavoro a marzo 2025: secondo i dati diffusi dall’Istat, si registra una riduzione mensile degli occupati di 16mila unità (-0,1%), una flessione che colpisce soprattutto le donne e i giovani sotto i 35 anni. Crescono invece gli occupati tra gli over35, gli uomini e i lavoratori a tempo indeterminato. Il tasso di occupazione resta stabile al 63%, lo stesso livello record di febbraio, mentre la disoccupazione torna a salire, al 6%, con un’impennata tra i giovani (15-24 anni), che toccano il 19% (+1,6 punti percentuali).

Più persone in cerca di lavoro, ma anche più posti stabili

Nonostante il rallentamento, il bilancio annuo resta positivo: rispetto a marzo 2024, ci sono 450mila occupati in più (+1,9%). A trainare l’occupazione sono soprattutto i lavori stabili: +673mila dipendenti permanenti in un anno, contro una flessione di 269mila contratti a termine. Crescono anche gli autonomi (+47mila). Il lieve aumento della disoccupazione è accompagnato da un calo degli inattivi, segno che più persone tornano a cercare lavoro.

Sindacati in allerta: donne e giovani ancora penalizzati

I dati riaccendono il dibattito politico all’indomani del Primo Maggio. Se da un lato il governo rivendica la crescita dell’occupazione – un milione di posti in più nei due anni e mezzo di governo Meloni –, dall’altro i sindacati sottolineano la persistente fragilità di donne e giovani nel mercato del lavoro. Ivana Veronese (Uil) denuncia il basso tasso di occupazione femminile: «Troppe donne inattive e scoraggiate, costrette a lasciare il lavoro dopo la maternità».

Sicurezza sul lavoro: confronto in arrivo a Palazzo Chigi

Altro tema centrale resta quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, con i sindacati che tornano a chiedere maggiori controlli, formazione e prevenzione, ricordando le recenti tragedie come quella di Luana D’Orazio e i cinque operai morti a Casteldaccia. Il governo ha stanziato 650 milioni per la sicurezza e ha convocato le parti sociali per l’8 maggio a Palazzo Chigi. Cisl e Uil vedono l’incontro come un’apertura, ma Maurizio Landini (Cgil) avverte: «Senza risposte sarà mobilitazione».

Calderone: «Patente a crediti anche oltre l’edilizia»

Sul fronte normativo, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha confermato l’obiettivo di estendere la patente a crediti – attualmente prevista per il settore edile – anche ad altri comparti produttivi, come misura di contrasto agli incidenti sul lavoro.

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Economia

S&P taglia il Pil, ‘choc dai dazi’. In Italia +0,5%

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Il pessimismo innescato dall’annuncio dei dazi Usa non accenna a scemare. Dopo Fitch anche Standard&Poor’s rivede al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale, che il Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato. E’ “uno shock al sistema” secondo S&P, che si abbatterà “sicuramente” sull’economia reale, anche se “resta da capire in quale misura”. Per l’Italia la sforbiciata è di 0,1 punti, che frenerà la crescita 2025 a 0,5%. Per ora, però, paradossalmente l’annuncio ha provocato l’effetto opposto a quello auspicato da Trump: l’Istat segnala per l’Italia una “forte crescita” dell’export verso gli Usa a marzo, schizzato al +41,2% grazie soprattutto alla vendita di mezzi navali. Il nuovo round di misure protezionistiche ha spinto Standard & Poor’s a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quasi tutte le principali economie mondiali.

A pesare, secondo l’agenzia, è l’effetto combinato tra i nuovi dazi, le ritorsioni dei partner commerciali, le concessioni in corso e l’instabilità che tutto ciò sta generando sui mercati. “I rischi per lo scenario di base restano fortemente orientati al ribasso”, si legge nel rapporto. Il Pil globale viene così limato al 2,7% per il 2025 (-0,3 punti) e al 2,6% per il 2026 (-0,4). Negli Stati Uniti il rallentamento è marcato: 1,5% nel 2025 (-0,5) e 1,7% nel 2026. Male anche l’Eurozona, che si ferma allo 0,8% nel 2025 (-0,1) e all’1,2% nel 2026. L’Italia limita i danni con un taglio contenuto di 0,1 punti per il 2025, riducendo la crescita attesa allo 0,5%. Salirà allo 0,8% nel 2026 e allo 0,9% nel 2027. Per ora le tensioni sul fronte del commercio globale non hanno toccato l’export italiano extra Ue, che a marzo è salito del 2,9% sul mese e del 7,5% sull’anno. E tutto grazie alle vendite “ad elevato impatto” di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti.

Al netto di queste, in realtà, ci sarebbe stata una flessione congiunturale pari a -1,6%. Anche la Banca centrale europea, nel suo bollettino di aprile, fotografa un’Eurozona sotto pressione. “Le prospettive sono offuscate da eccezionale incertezza” che “comporta notevoli rischi al ribasso”, avvertono gli economisti di Francoforte. Le imprese esportatrici si trovano ad affrontare nuove barriere, crescono le tensioni nei mercati finanziari, che hanno subito “la più drastica ridefinizione” dalla pandemia e anche i consumatori iniziano a mostrare segni di cautela. Nonostante tutto, nel primo trimestre 2025 il Pil dell’area euro è cresciuto, ma le stime per il secondo trimestre si fanno più fosche.

Gli indici Pmi, che rilevano le aspettative delle imprese, a marzo sono in calo, seppur ancora sopra la media di lungo periodo. E nel manifatturiero, l’indice dei nuovi ordinativi resta sotto quota 50, segno di un settore ancora in contrazione. “Molto incerte”, secondo la Bce, anche le prospettive dell’inflazione, che dai dazi potrebbero ricevere spinte tanto al rialzo (se l’impennata dei prezzi fosse ad ampio spettro) quanto al ribasso (se i prezzi elevati abbattessero i consumi). Nel frattempo, però, ad aprile resta stabile al 2,2% nell’Eurozona e al 2,1% in Italia. Lo shock dei dazi, insomma, inizia a farsi sentire, ma gli effetti pieni sull’economia reale restano ancora da misurare.

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Economia

Borsa della Spesa, il caldo anticipa le produzioni estive

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Il caldo anticipa le produzioni estive, con il prezzo dei meloni retati siciliani “in veloce calo (-7,3% in una settimana) “poiché aumenta la produzione ma la domanda rimane ancora bassa”. A segnalarlo è La Borsa della Spesa, servizio settimanale di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e Italmercati, con il supporto di Consumerismo No Profit. Tra la frutta, rilevano inoltre gli analisti, le fragole sono nel pieno della loro produzione e i loro prezzi all’ingrosso, prosegue la nota, “sono stabili e vanno da 3,00 euro/Kg per le produzioni campane, siciliane e calabresi fino a 4,50 euro/kg per le produzioni lucane, di qualità maggiore.

In questa settimana è anche possibile acquistare gli ultimi kiwi italiani, venduti all’ingrosso intorno a 2,70 euro/kg. Tra gli ortaggi, le fave hanno raggiunto il picco della loro produzione e presentano prezzi all’ingrosso regolari, intorno a 1,50 euro/kg, grazie all’abbondanza della loro produzione. Molto richiesti anche i piselli, i cui prezzi all’ingrosso sono scesi questa settimana al di sotto di 3,00 euro/Kg. confermandosi mediamente intorno a 2,70 euro/kg.

I prezzi all’ingrosso degli asparagi oscillano da 3,50 a 4,50 euro/kg, in calo del 12,2% rispetto alla settimana precedente grazie all’aumento della produzione, soprattutto in Campania e in Puglia. Per i carciofi i prezzi all’ingrosso vanno da 0,30 a 0,70 euro al pezzo, a seconda della varietà. Nel settore ittico, abbondano le seppie, nel pieno della loro stagione e con prezzi che vanno da 10,00 a 15,00 euro/kg. Nel comparto carni si registrano prezzi in calo per i tagli anteriori di vitellone, che vanno da 6,55 a 6,65 euro/kg.

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