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I sicari di Caruana confessano, 40 anni di carcere

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A quasi cinque anni dall’omicidio di Daphne Caruana Galizia, altri due degli esecutori materiali hanno confessato le loro colpe. E sono stati condannati a 40 anni di prigione. Ma possono sperare di uscire di galera prima di morire. Domenica sarà passato mezzo decennio esatto da quando una bomba piazzata sotto il sedile di guida dell’auto che aveva preso a noleggio per cercare di sfuggire alle minacce di morte dilaniò la giornalista a pochi passi dalla sua casa nella campagna di Bidnija, nel nord di Malta. Era il 16 ottobre 2017. Oggi i fratelli George e Alfred Degiorgio, poche ore dopo l’apertura del processo contro di loro, hanno ammesso di essere i sicari che hanno studiato e realizzato il piano per uccidere, che si sono procurati la bomba, l’hanno piazzata e fatta esplodere con un sms inviato da George mentre Alfred teneva d’occhio la giornalista. “Non sapete chi ha ucciso Daphne?”, aveva detto George stamattina rivolgendosi all’accusa mentre entrava in aula: “Sono stati i vostri amici, quelli con cui eravate spalla a spalla… Andate a indagare su di loro!”. Ma è stato l’ultimo gesto di sfida. Dopo l’elenco delle accuse e delle prove presentato dalla procura generale, l’udienza è stata aggiornata per il pranzo. Ed i fratelli Degiorgio, 59 e 57 anni passati tra rapine e omicidi, sono crollati. Di fronte alla concreta prospettiva di due ergastoli hanno deciso di dichiararsi colpevoli. Ma hanno ottenuto ben pochi sconti: 40 anni di prigione, con l’ipotesi di future riduzioni per buona condotta. Con la sentenza di oggi salgono a quattro i colpevoli materiali accertati. I Degiorgio sono stati accusati dal loro complice, Vince Muscat, che ha patteggiato 15 anni di pena in cambio delle prove contro di loro. I fratelli erano stati ingaggiati dall’intermediario di morte, l’ex tassista ed usuraio Melvin Theuma, che ha ottenuto il condono tombale su tutti i suoi reati in cambio delle prove che hanno incastrato il mandante, il tycoon Yorgen Fenech, arrestato a novembre 2019 mentre tentava la fuga con uno yacht di famiglia. La fase preliminare del processo contro Fenech si è conclusa l’estate scorsa e la fase dibattimentale sarà avviata entro la fine dell’anno. L’inchiesta di polizia non è ancora formalmente chiusa, anche se della banda operativa sono stati arrestati anche i fornitori della bomba (i fratelli Robert e Adrian Agius ed il loro complice Jamie Vella). Non è stata ancora fatta piena luce sulle connessioni e complicità a livello politico. I fratelli Degiorgio sostenevano di avere prove contro l’ex ministro dell’Economia, Chris Cardona, per una proposta fatta già nel 2015 ed apparentemente abortita prima che venisse completata la pianificazione. Fenech dal canto suo insiste di avere prove contro l’ex potentissimo capo di gabinetto del governo Muscat, Keith Schembri, a carico del quale nel frattempo sono emerse connessioni con una serie di trame di corruzione e riciclaggio di denaro, dai soldi presi per la centrale di Malta a quelli per facilitare i passaporti o una speculazione su una centrale eolica in Montenegro a spese dei contribuenti. “Oggi non è stata fatta giustizia, è stato fatto solo un piccolo passo”, ha commentato non a caso la presidente dell’Europarlamento, la maltese Roberta Metsola. “Ora avanti con quelli che hanno ordinato e pagato l’omicidio, con chi li ha protetti e quelli che hanno passato due anni facendo tutto il possibile immaginabile per cercare di insabbiare tutto”. Il premier Robert Abela ha promesso che si farà piena luce su tutto. Su Twitter il successore di Joseph Muscat ha scritto che “la sentenza di oggi è un altro importante passo avanti verso la giustizia per la famiglia Caruana Galizia.Ora tre persone sono state condannate per questo omicidio e tre altre sono in attesa di processo. Restiamo determinati a far sì che piena giustizia sia fatta, per la famiglia e per Malta”. Abela ha preso la guida nel gennaio 2020 dopo la caduta di Muscat che a dicembre 2019 era stato costretto a dimettersi a causa delle proteste di piazza scattate per le rivelazioni legate all’arresto di Yorgen Fenech come mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia. La giornalista nel 2015 aveva rivelato un patto corruttivo tra il tycoon, l’ex capo di gabinetto Keith Schembri e l’ex ministro dell’energia e del turismo Konrad Mizzi.

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Esteri

Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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