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Cronache

Stato-mafia, il legale del generale Mori: sentenza restituisce verità

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Dopo anni di accese battaglie in tribunale il tono e’ disteso. Mai dichiarazioni sopra le righe, alle polemiche mediatiche ha sempre preferito lo studio degli atti e le iniziative formali. Oggi, dopo la prima lettura della sentenza con cui la corte d’assise d’appello di Palermo ha assolto il suo assistito, l’ex ufficiale del Ros Mario Mori ed il suo collaboratore Giuseppe De Donno, dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato, in quello che e’ stato definitvo il processo sulla cosiddetta trattativa, l’avvocato Basilio Milio qualche commento sente di poterlo fare. Intanto proprio su quella che e’ stata definita la trattativa. “Diversi titoli di giornale – dice – sostengono che la trattativa ci fu, ma a leggere la sentenza si percepisce tutta un’altra cosa. La corte scrive che ci furono contatti tra i carabinieri del Ros e Vito Ciancimino, cosa che nessuno ha mai negato, non che ci fu la trattativa, almeno nel senso deteriore che al termine e’ stato attribuito”. Peraltro i giudici in piu’ di un passaggio tengono a precisare che il termine trattativa mal si concilia col reato ipotizzato dall’accusa. “La trattativa, qualsiasi trattativa che non si discosti dall’accezione comune con cui e’ intesa tale locuzione, postula un’interlocuzione tra due o piu’ parti finalizzata a giungere ad un accordo che si sostanzi in reciproche rinunce e concessioni. Essa prefigura quindi uno scenario incompatibile con il reato di minaccia”, spiegano. “Anche a prescindere da questo a me – dice il legale – di questa sentenza, che comunque ristabilisce la verita’ su quanto accaduto, preme sottolineare due punti principali: intanto esclude la responsabilita’ morale dei vertici del Ros dell’epoca nella morte del giudice Paolo Borsellino e poi nega la loro resposabilita’ giuridica in merito al reato di minaccia allo Stato, affermando che nel cercare il dialogo con Vito Ciancimino avevano come esclusiva finalita’ la tutela degli interessi collettivi. Insomma, agirono per fermare le stragi, quindi per salvare delle vite umane e tutelare l’incolumita’ e la sicurezza pubblica”. Milio allude ai passaggi della sentenza in cui la corte mette nero su bianco che i carabinieri agirono “avendo effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva piu’ che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati”. Inoltre “La sentenza di primo grado indicava la cosiddetta trattativa come movente della strage di via D’Amelio, – continua Milio – nel provvedimento depositato ieri questa conclusione e’ totalmente smentita e anzi si indica nell’inchiesta mafia-appalti svolta dal Ros la possibile causa della decisione di Cosa nostra di stringere i tempi dell’assassinio di Borsellino, assassinio, precisa la corte, comunque gia’ in itinere”. Milio commenta anche le bacchettate che i giudici riservano all’azione del Ros, in piu’ parti definita “improvvida”. “Trent’anni fa a Palermo avevano i morti ammazzati agli angoli della strada, i giudici che saltavano in aria con le autobomba e lo Stato, dopo la morte di Borsellino, aveva proclamato pubblicamente la sua resa allo strapotere mafioso. – dice – Non a caso i giudici che hanno assolto Mori per la mancata cattura di Provenzano hanno definito quella scelta di contattare Ciancimino non ‘improvvida’ ma ‘lodevole e meritoria’”. E termina: “quel che conta sono le conclusioni a cui sono giunti, che costituiscono l’ennesima sconfessione dei teoremi giudiziari che perseguitano da vent’anni chi ha combattuto veramente cosa nostra”.

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Tragedia ad Anzola Emilia: uccisa l’ex vigilessa Sofia Stefani, interrogato ex comandante

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Un tragico evento ha scosso la comunità di Anzola Emilia, in provincia di Bologna. Sofia Stefani, 33 anni, ex vigilessa, è stata uccisa da un colpo di pistola alla testa all’interno della sede del Comando della polizia locale, conosciuta come la ‘Casa Gialla’. Il presunto responsabile del delitto è Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili di Anzola, attualmente sotto inchiesta.

L’incidente è avvenuto poco prima delle 16, in una stanza del comando della polizia locale dove Sofia Stefani e Giampiero Gualandi si erano incontrati. Al momento della tragedia, i due si trovavano soli nella stanza, sebbene nell’edificio fossero presenti altre persone. Le forze dell’ordine stanno conducendo un sopralluogo accurato alla ‘Casa Gialla’ e interrogando i testimoni per ricostruire esattamente quanto accaduto e comprendere la natura del rapporto tra la vittima e il sospettato.

Giampiero Gualandi, ancora in servizio presso il comando di Anzola Emilia, sarà interrogato con l’assistenza di un difensore. Le autorità stanno cercando di chiarire se il colpo di pistola sia stato un tragico incidente o se ci sia stato un movente dietro l’omicidio. Non è ancora chiaro quale fosse la relazione tra Gualandi e Stefani, ma i carabinieri stanno esplorando tutte le possibili piste, inclusa quella di un conflitto personale o professionale.

La notizia ha profondamente colpito la comunità locale, che conosceva bene Sofia Stefani per il suo lavoro come vigilessa. I colleghi della polizia locale e i residenti di Anzola Emilia sono in stato di shock, in attesa di ulteriori sviluppi dalle indagini. Il municipio, situato a pochi passi dal luogo del delitto, è diventato un punto di raccolta per coloro che vogliono esprimere il loro cordoglio e la loro solidarietà alla famiglia della vittima.

La morte di Sofia Stefani rappresenta una tragica perdita e pone interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulle dinamiche interne al comando della polizia locale di Anzola Emilia. Mentre le indagini proseguono, la comunità spera che venga fatta piena luce su quanto accaduto.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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