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Guerra Ucraina

Usa, ‘nuove armi a Kiev da 20 Paesi, grazie Italia’

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 Munizioni, artiglieria strategica, sistemi per la difesa costiera, carri armati e mezzi blindati. L’assistenza militare dell’Occidente all’Ucraina non si ferma e durante la seconda riunione del Gruppo di contatto contro l’aggressione russa 20 Paesi hanno annunciato nuovi aiuti alle forze di Kiev, tra i quali il capo del Pentagono Lloyd Austin ha ringraziato anche l’Italia. “Circa venti Paesi hanno annunciato nuovi pacchetti di assistenza all’Ucraina per combattere l’invasione delle forze russe nel vertice con gli alleati”, ha dichiarato il segretario alla Difesa americana in una conferenza stampa con il capo di stato maggiore congiunto, generale Mark Milley, subito dopo l’incontro che questa volta non e’ avvenuto nella base di Ramstein, in Germania, ma in videocollegamento. Tra i Paesi che hanno dichiarato l’impegno a fornire nuovi aiuti militari a Kiev c’e’ anche l’Italia, che Austin ha citato assieme a Grecia, Norvegia, Polonia e Danimarca. “L’Italia sostiene con la massima determinazione la resistenza eroica del popolo ucraino a tutela della sua sovranita’ e indipendenza. Ogni sforzo possibile deve essere compiuto per giungere alle condizioni di un serio e concreto negoziato di pace”, ha affermato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini in videoconferenza con i colleghi di altri 46 Paesi, tra i quali quello ucraino, Oleksii Reznikov, in collegamento da Kiev. “L’Italia sta facendo la sua parte, in base alle indicazioni assunte dal Parlamento italiano per il sostegno alla legittima difesa ucraina”, ha sottolineato ancora Guerini riferendosi ai tre decreti interministeriali emanati per l’invio di armi a Kiev. Intanto la Difesa americana ha smentito per il momento le indiscrezioni del Wall Street Journal secondo le quali l’amministrazione starebbe pensando ad inviare forze speciali a protezione dell’ambasciata Usa a Kiev, che ha riaperto da una settimana. “Sono decisioni che deve prendere il presidente, ma ancora nessun piano e’ stato delineato ne’ presentato al segretario alla Difesa”, si e’ smarcato il generale Milley. Se mai dovesse arrivare sulla scrivania di Joe Biden, rischierebbe di segnare un’escalation dalle conseguenze imprevedibili rispetto alla promessa iniziale del presidente che nessun soldato americano avrebbe messo piede in Ucraina. L’amministrazione Usa non ritiene che la Russia possa sferrare un attacco di proposito contro l’ambasciata ma teme che se uno dei missili lanciati da Mosca contro la capitale dovesse colpire il compound dell’ambasciata o i dintorni la situazione potrebbe drammaticamente degenerare e i marines, i militari di norma stanziati a guardia delle sedi diplomatiche americane in tutto il mondo, potrebbero non essere in grado di gestirla. L’invio delle ‘Special operation forces’, di cui fanno parte i piu’ noti Navy Seals che hanno scovato e ucciso Osama bin Laden, potrebbe d’altra parte essere interpretata come una provocazione da Vladimir Putin, hanno sottolineato fonti del dipartimento di Stato. C’e’ poi un’altra questione delicata: per far arrivare le forze speciali in Ucraina gli Stati Uniti dovrebbero muovere mezzi rapidi, elicotteri o altri velivoli guidati da piloti americani, e tenerli ‘on call’ nel caso diventasse necessario evacuare il personale dell’ambasciata. Cosa succederebbe se uno di questi aerei militari dovesse essere abbattuto? A quel punto sarebbe davvero difficile tenere i ‘boots’ americani fuori dall’Ucraina.

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Esteri

Stoltenberg visita Kiev, raid russi su Odessa

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“Un maggior sostegno è in arrivo, gli alleati hanno ascoltato il tuo appello”. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si è rivolto con parole rassicuranti a Volodymyr Zelensky durante una visita a sorpresa a Kiev. Il capo dell’Alleanza ha garantito che i Paesi occidentali forniranno più aiuti militari, e più rapidamente, come chiede il presidente ucraino. E, mentre nell’est del Paese le forze russe continuano ad avanzare, si è dichiarato convinto che “non è troppo tardi perché l’Ucraina vinca”.

Per garantire la sua sicurezza, tuttavia, Kiev punta ora anche ad un accordo bilaterale con gli Stati Uniti, che recentemente hanno sbloccato un nuovo pacchetto di assistenza militare dal valore di 61 miliardi di dollari dopo mesi di diatribe nel Congresso. “Stiamo già lavorando su un testo specifico, il nostro obiettivo è rendere questo accordo il più forte di tutti”, ha annunciato Zelensky. Il riferimento è ad altre intese simili siglate negli ultimi mesi dall’Ucraina con diversi Paesi europei tra cui l’Italia lo scorso febbraio. Tuttavia il patto con Roma, come chiarito dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, “non è vincolante dal punto di vista giuridico” e non prevede “garanzie automatiche di sostegno politico o militare a Kiev”.

Con Washington, invece, “l’accordo dovrebbe essere davvero esemplare e riflettere la forza della leadership americana”, ha assicurato Zelensky. Con gli Usa ha insistito il presidente, l’Ucraina sta “discutendo le basi concrete di sicurezza e cooperazione” e “per fissare livelli specifici di sostegno per quest’anno e per i prossimi 10 anni”.

Ciò dovrebbe includere “il sostegno militare, finanziario, politico e la produzione congiunta di armi”. Durante la conferenza stampa con Stoltenberg, Zelensky ha insistito sulla richiesta che “la consegna degli aiuti militari sia più rapida”. Un’urgenza dettata per Kiev dalle drammatiche difficoltà con cui deve confrontarsi sul terreno, dove si trova a corto non solo di munizioni ma anche di uomini. Il capo di Stato maggiore, Oleksandr Syrsky, ha lanciato ieri l’allarme per una situazione che è “peggiorata”, con la Russia che “sta attaccando lungo tutta la linea del fronte”. Mentre il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che “fra gli ucraini al fronte sta crescendo il panico”. Per il momento l’avanzata russa, ancora limitata, si concentra nell’area del Donbass, nell’est dell’Ucraina. Le forze di Kiev hanno detto di aver respinto nelle ultime ore “55 tentativi di attacco” nella regione di Donetsk, dove nei giorni scorsi i russi si sono impadroniti di tre villaggi nell’area di Avdiivka, cittadina caduta nelle mani delle truppe di Mosca a febbraio. E il ministero della Difesa russo ha detto che oggi è stata conquistato un altro insediamento, quello di Semenivka.

Raid sono stati segnalati anche a Odessa, con frammenti di missile russo caduti sul Castello di Kivalov, dove si è sviluppato un incendio. Il bilancio è di almeno 5 morti. Stoltenberg ha ammesso che Kiev si trova in questa situazione perché negli ultimi tempi “gli Alleati non hanno mantenuto ciò che avevano promesso”, e “gli ucraini ne stanno pagando il prezzo”. Ma con Zelensky il segretario generale ha anche parlato del possibile ingresso di Kiev nel Patto Atlantico.

“Sto lavorando duramente per garantire che l’Ucraina diventi membro della Nato, abbiamo bisogno che tutti gli alleati siano d’accordo”, ha detto Stoltenberg. Per poi ammettere che anche in questo caso rimangono delle difficoltà. “Non mi aspetto che raggiungeremo tale accordo entro il vertice di luglio” a Washington, ha dichiarato. Ma per Zelensky il futuro del suo Paese è nella Nato, perché, ha affermato, “è impossibile immaginare la sicurezza dell’Europa e della comunità euro-atlantica senza l’effettiva partecipazione dell’Ucraina”.

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Guerra Ucraina

Isw, dopo Avdiivka la scelta è tra Pokrovsk o Chasiv Yar

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Le forze russe hanno l’opportunità di scegliere tra molteplici direzioni tattiche per le loro future azioni offensive vicino ad Avdiivka, nella regione orientale del Donetsk, ma non è chiaro dove concentreranno i loro sforzi nel prossimo futuro: lo scrive l’Istituto per lo studio della guerra (Isw). Secondo gli esperti del centro studi statunitense, la stabilizzazione delle loro posizioni a nord-ovest di Avdiivka presenta al comando russo una scelta: continuare a spingersi a ovest verso l’obiettivo operativo dichiarato a Pokrovsk, oppure provare a spingersi a nord per condurre possibili ulteriori operazioni offensive intorno a Chasiv Yar. Nella giornata di ieri, intanto, le forze russe si sono assicurate ulteriori guadagni tattici marginali a nord-ovest e sud-ovest di Avdiivka, si legge inoltre nel rapporto.

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Esteri

‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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