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De Laurentiis e Spalletti: sarà un Napoli ambizioso

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Il Napoli torna a Dimaro, in Trentino, per l’undicesimo anno di seguito a preparare la prossima stagione, dal 9 al 19 luglio. Un’abitudine ormai per De Laurentiis e per i calciatori in azzurro, in una localita’ amata anche da Spalletti. Lavoro per la prossima stagione tra campionato e ritorno in Champions League, ma anche luogo del tam tam di mercato, come la localita’ viene subito ribattezzata da De Laurentiis: “chiamiamo quel periodo Dimaro-mercato”. Unica certezza al momento: “Posso dire che sicuramente Anguissa rimane”. Prima carta sul tavolo con circa 12 milioni da dare al Fulham per la proprieta’ del centrocampista ormai nel cuore anche dei tifosi, mentre il patron si mantiene su Olivera, terzino sinistro di un Getafe salvo in Liga e che potrebbe alzare il prezzo nella trattativa avanzata con il Napoli per sostituire Ghoulam: “Olivera? Ne seguiamo tanti – dice De Laurentiis – magari facciamo una goleada di foto. Ricordo anche che nella ripresa del mercato calcistico di questa estate tutto passa per uscite e acquisizioni, perche’ siamo in un periodo di ‘mala tempora’ ovunque”. Calma nelle spese, come gia’ preannunciato e in relazione alle possibili uscite a cominciare da Osimhen per il quale il Napoli e’ pronto ad aprire un’asta in Premier League e arrivare a superare i 100 milioni di incasso da reinvestire. Tra le trattative c’e’ anche quella per il rinnovo di Mertens: “Lo devo incontrare di nuovo – afferma il presidente azzurro – dopo l’ultima partita di Spezia, a fine maggio saro’ a Napoli molti giorni, anche per pianificare il mercato con Spalletti”. Per ora unica certezza l’addio di Insigne e l’arrivo del suo sostituto, il georgiano Khvicha Kvaratskhelia, ma il mercato e’ atteso, come spiega Luciano Spalletti: “Ci sara’ chi – dice – vista la bonta’ del risultato del Napoli quest’anno, ha interesse su nostri giocatori. Noi dobbiamo organizzare la nuova squadra che possa ambire a posizioni di classifica importanti, si lavora su questo e vedremo il mercato cosa ci mette davanti”. Spalletti poi ribadisce il suo legame con Napoli: “Se siamo innamorati – dice – di una squadra, il sentimento rimane forte sempre. Io rimarro’ innamorato della squadra come sono sempre stato”. Un amore che sentono le migliaia di tifosi del Napoli attesi a Dimaro-Folgarida dalla Campania ma anche da Svizzera, Austria, dalle regioni del nord Italia e che troveranno divertimenti e spettacoli oltre agli allenamenti e alle due amichevoli degli azzurri. Il covid e’ in calo, il ritiro punta a tornare a essere spettacolo condiviso verso l’inizio della serie A . Quanto allo stop per i Mondiali a novembre e dicembre “ci stiamo organizzando con altre squadre per tornei, vediamo se negli Usa o negli Emirati”, spiega il patron. Tutto pero’, parte in Trentino.

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Nicoletta Romanoff: «Ho perso mio fratello, ma la fede mi ha salvata. Oggi sono felice anche nel dolore»

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Dall’apparente vita da principessa alla quotidianità vissuta con concretezza, passando per un dolore profondo che ha segnato la sua esistenza: Nicoletta Romanoff, attrice e oggi anche scrittrice, si racconta in un’intervista intensa al Corriere della Sera in occasione dell’uscita del suo primo libro, Come il tralcio alla vite (Rizzoli).

Una principessa con i piedi per terra

«Sarà che per dieci anni ho fatto ginnastica artistica, avevo un bel portamento… ma mamma mi tagliava i capelli corti e pratici», racconta Romanoff, smontando con autoironia l’immagine di nobile algida. Figlia di Giuseppe Consolo e discendente degli zar di Russia, dice: «Il sangue blu è più culturale che reale. Mio nonno Nicola parlava sempre di storia. Diceva: se non hai letto un libro almeno otto volte, lo hai solo sfogliato».

Il dolore indicibile per la perdita del fratello

Per la prima volta, Nicoletta racconta la morte del fratello Enzo Manfredi, che a 21 anni si tolse la vita nel 1997. «Con lui se n’è andata una parte di me. Avevo 18 anni e 12 giorni. Da allora mi sono sentita divisa». La ferita è ancora aperta: «Non ci sono risposte, ma da quel momento la fede è diventata parte fondamentale della mia vita. Dio è la mia ancora».

Una maternità precoce che l’ha salvata

A soli 19 anni è diventata madre. A 21 ha avuto il secondo figlio. «Mi ha salvata. Mi ha ridato speranza». La maternità ha significato anche rinunce: «Ho detto tanti no. I registi non ti aspettano. Ma non mi sono mai pentita». Anche quando ha rinunciato a un ruolo importante in un film francese con Daniel Auteuil: «C’era troppo eros. Ho pensato ai miei figli».

Il cinema arrivato per caso

Romanoff non cercava il cinema. «Ero a Parigi, volevano modelle alte e magre. Ma mi dicevano: con quella parlantina andrai lontano». E così è stato. Scelta tra 600 candidate per Ricordati di me di Muccino: «Ero talmente preparata da sapere le battute al contrario». Con Gabriele Muccino ha imparato a lasciarsi andare, con Carlo Verdone ha scoperto la leggerezza sul set: «Un maestro gentile».

L’amore, la famiglia, il presente

Conobbe Giorgio Pasotti durante una fiction nel 2004: «Con lui ho avuto mia figlia Maria. È stata una storia importante e voglio proteggerla». Oggi è sposata con Federico, un amore ritrovato dopo trent’anni. «Ci conoscevamo da sempre, i nostri nonni abitavano nella stessa palazzina».

La fede come bussola di vita

«La fede è come mangiare bene e allenarmi. Ci parli con Dio, ti confidi». Un equilibrio interiore costruito anche grazie al dolore, come dopo la perdita recente del padre, morto in mare nel luglio 2024. «Credevo di essere vaccinata alla sofferenza. Ma lo strazio è l’amore che non puoi più dare».

Una felicità costruita anche nel dolore

Oggi Nicoletta Romanoff si dice serena, felice, nonostante tutto: «La felicità la trovi anche nel dolore. Basta saperla vedere nelle piccole cose. E anche la sofferenza, alla fine, si trasforma in amore».

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Starbase, la nuova città fondata da Elon Musk in Texas

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Nel profondo Sud del Texas, affacciata sul Golfo del Messico, una piccola località chiamata Boca Chica ha cambiato nome, volto e destino. Dove un tempo si estendeva una spiaggia sacra alla tribù dei Carrizo/Comecrudo, oggi sorge Starbase, la prima città fondata da Elon Musk. Con una votazione che ha visto il 97,7% dei residenti favorevoli (solo sei i contrari), Starbase è diventata ufficialmente una municipalità americana.

Il sogno di Musk: da Boca Chica a Marte

Starbase non è una città come le altre. È l’ultima delle circa 2.000 “company town” nella storia degli Stati Uniti: centri abitati costruiti e gestiti direttamente da aziende. Ma qui la compagnia in questione è SpaceX, e l’obiettivo finale non è solo il profitto: è la colonizzazione di Marte.

Il fondatore di Tesla e SpaceX ha fatto erigere un busto dorato alto quattro metri a sua immagine nel cuore della città, dove convivono prefabbricati, caravan di lusso e un solo ristorante: l’Astropub, la cui insegna al neon recita “Occupy Mars”.

Il sindaco è un dirigente SpaceX

Il nuovo sindaco di Starbase è Bobby Peden, 36 anni, vicecapo delle operazioni di lancio di SpaceX. I due vice sindaci lavorano anche loro per l’azienda. Dei circa 500 abitanti della città, la maggior parte è direttamente impiegata nel progetto spaziale. Starbase si estende su appena 3,9 chilometri quadrati, ma il suo impatto politico potrebbe essere notevole: una legge in discussione in Texas potrebbe attribuire al Comune il potere di chiudere autostrade e spiagge durante i lanci. Finora queste decisioni spettavano alla contea di Cameron.

Proteste ambientali e diritti dei nativi

Non mancano però le polemiche. Gli ambientalisti e le comunità native americane denunciano la perdita di uno spazio naturale e sacro. Preoccupazioni arrivano anche dalle famiglie locali, che vedono ridursi l’accesso alla spiaggia di Boca Chica, sempre più chiusa in coincidenza dei test missilistici.

SpaceX ha chiesto di aumentare i lanci da 5 a 25 all’anno, e la tensione con le comunità locali cresce. Il sogno di Musk rischia di trasformare uno dei tratti più selvaggi del Texas in un’enclave industriale proiettata verso lo spazio.

Dalla filanda a Marte: la nuova frontiera delle company town

A metà Ottocento, le prime “company town” come Lowell nel Massachusetts svegliavano le operaie con una sirena alle 4.30 del mattino per mandarle in filanda. A Starbase, al confine con il Messico, la vita è più dolce. Ma l’impronta è la stessa: un’intera città costruita attorno a un’unica azienda, con un unico scopo. Non più il tessile, ma il sogno interplanetario di Elon Musk. Un sogno che ha già cambiato nome e identità a Boca Chica. E che forse, per qualcuno, poteva restare semplicemente un pezzo incontaminato di Texas.

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Liliana Segre: «Israele e Palestina, intrappolati nell’odio. Ma la pace resta l’unica via possibile»

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Parole profonde, lucide, amare. Quelle della senatrice a vita Liliana Segre, che in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera si è espressa con fermezza sul conflitto in Medio Oriente, sull’antisemitismo, sulla crisi della democrazia in Europa e nel mondo. «Provo uno sconforto che rasenta la disperazione», ha detto commentando il riaccendersi della guerra tra Israele e Hamas. E ha lanciato un appello accorato: «Due popoli, due Stati resta l’unica via. Nonostante tutto».

«Due popoli in trappola»

Segre descrive il popolo israeliano e quello palestinese come due nazioni «intrappolate, incapaci di liberarsi da una condanna a odiarsi». Una spirale di violenza aggravata, secondo la senatrice, da una classe dirigente dominata dalle «componenti peggiori». Parole durissime su Hamas, definito un «movimento teocratico e sanguinario», e sul governo Netanyahu, che guida Israele con «una destra estremista, iper-nazionalista, con componenti fascistoidi e razziste».

«Il trauma del 7 ottobre – aggiunge – ha certamente imposto una reazione, ma la guerra a Gaza ha assunto connotati inaccettabili. Israele ha oltrepassato i limiti del diritto di difesa, provocando stragi e distruzioni immani».

Nessuna giustificazione per Hamas

Segre è chiara anche su un altro punto: Hamas non è il popolo palestinese. «Non si batte per la libertà del popolo palestinese, ma per distruggere Israele. E lo stesso vale per il regime iraniano, che li usa solo per combattere l’“entità sionista”». Anche Israele ha commesso gravi errori, ma la senatrice ricorda che il ritiro da Gaza nel 2005 apriva una strada verso la pace che è stata vanificata dalla presa del potere violenta di Hamas nel 2006.

«Il genocidio? No, ma crimini di guerra sì»

Nel corso dell’intervista, Segre torna su quanto già affermato in passato: a Gaza si sono visti crimini di guerra e contro l’umanità, da entrambe le parti. Tuttavia, non si può parlare di genocidio: «È un concetto preciso, giuridicamente e storicamente. Le atrocità commesse non bastano a definirlo tale».

La pace come unica via

Nonostante tutto, Segre continua a credere nella soluzione dei due Stati: «Ogni fiammata di violenza rende tutto più difficile, ma non ci sono alternative. Solo la volontà politica può aprire spiragli». E invita a guardare la storia, dove svolte improvvise e impensabili hanno spesso cambiato il corso degli eventi.

«Antisemitismo mai morto, ora è sdoganato»

Un passaggio forte è dedicato al ritorno dell’antisemitismo: «Non era morto, ma nascosto. Ora non ci si vergogna più. Si prende a pretesto la condotta del governo israeliano per giustificare l’odio contro tutto il popolo ebraico, anche contro la diaspora».

L’allarme globale: autoritarismi e il pericolo Trump

Liliana Segre allarga lo sguardo al mondo: «La rielezione di Trump destabilizzerebbe l’ordine globale». Poi punta il dito contro l’ascesa dell’estrema destra in Europa, le interferenze russe, l’influenza di magnati americani nei processi democratici. E una condanna durissima va alla scena dell’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky: «Un’umiliazione pubblica che mi ha disgustata. Gli Stati Uniti erano i liberatori dell’Europa dal nazifascismo. Vederli rinnegare quel ruolo è un dolore profondo».

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