A 12 anni di distanza dall’ultima protesta, allora indetta per ragioni economiche, i magistrati tornano a incrociare le braccia. Stavolta l’obiettivo e’ la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, approvata dalla Camera e ora all’esame del Senato. Ma lo sciopero non paralizza affatto la giustizia. L’adesione a livello nazionale e’ di poco superiore al 48% , il che vuole dire che alla fine scioperano meno della meta’ dei magistrati in servizio. Una percentuale che impallidisce a fronte dell’ 80 per cento raggiunto nel 2010, e del 68 per cento del 2002 quando i giudici si mobilitarono contro la riforma dell’ordinamento giudiziario del ministro leghista Castelli. “In un contesto generale non facile, c’e’ stato un livello di adesione all’astensione intorno al 50%, comunque importante. Il che dimostra come l’Anm si sia fatta interprete autorevole del disagio e della preoccupazione reale di tanti magistrati” commenta il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro, esprimendo l’auspicio che ci sia da parte della forze politiche la volonta’ di confrontarsi per apportare alla riforma i “dovuti correttivi”. Il risultato della mobilitazione pero’ non puo’ non deludere il sindacato delle toghe, soprattutto visto che i primi dati parlavano invece di una partecipazione superiore al 60%. Tra le grandi citta’, Roma e’ sotto la media nazionale con il 38%. Milano e’ al 51, ma al tribunale del capoluogo lombardo il dato scende al 39. Sopra la media Bologna (73%) , Bari (69%), Brescia (66) e Catania (65%), Napoli (53%), Palermo (58%), Reggio Calabria (53%), Salerno (54%) e Peurgia (50%). Flop evidentissimo in Cassazione con il 23 per cento, poco meglio a Trento (25%) e Torino (33%). In tutta Italia si sono tenute assemblee. A Milano la manifestazione principale con la partecipazione del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. “Questa legge sara’ pure compatibile, ma e’ poco conforme allo spirito della Costituzione” attacca, convinto che la riforma rischia di causare “un rallentamento della giustizia” e punta a “controllare” i giudici, irrigidendo l’organizzazione della magistratura e attraverso “l’accentramento dei poteri” nei vertici degli uffici giudiziari. Il leader del sindacato delle toghe chiarisce che lo sciopero piu’ che “contro la ministra Cartabia” e’ rivolto contro gli emendamenti che sono stati introdotti in sede parlamentare “fortemente peggiorativi” del testo iniziale. Lo scopo della mobilitazione e’ “cercare di aprire un tavolo”: il messaggio alla politica e’ che “non siamo contrari alle riforme, a patto di fare qualche importante, significativo, aggiustamento” alla legge in discussione. Gli aspetti di correggere sono le norme sulle pagelle ai magistrati, i limiti al cambio di funzioni tra giudici e pm e i nuovi illeciti disciplinari. L’Anm spera ancora in miglioramenti, anche il “realismo politico” fa pensare a “modifiche peggiorative”. Inevitabili le reazioni alla protesta. Marca la distanza il vicepresidente del Csm David Ermini. Lo sciopero e’ legittimo, “ma io non l’avrei fatto”, dice il numero due di Palazzo dei marescialli, auspicando che la riforma venga approvata. “Lo sciopero dei magistrati si sta rivelando un prevedibile flop. Ora il Parlamento vada avanti senza indugio”, e’ l’invito di Enrico Costa (Azione), autore di alcuni degli emendamenti al centro della protesta dei magistrati. “E’ uno sciopero “politico” per contestare le scelte del Parlamento” accusa la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini. La riforma e’ “utile e potra’ essere migliorata con il contributo di tutti”, assicura Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd. La riforma “e’ solo un mediocre compromesso”, ma i “magistrati forse dovrebbero scioperare per ben altri motivi”, osserva Gianluca Schiavon, responsabile giustizia del Prc. Tace sullo sciopero la ministra Cartabia, che invece, rivolgendosi ai giovani dell’Istituto penitenziario minorile Cesaria Beccaria di Milano, dove e’ in visita, parla della giustizia come “un volto amico che offre una seconda possibilita’ per tutti”.