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Kiev, è iniziata l’offensiva russa nell’Est: è un inferno

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La temuta operazione russa nell’est e’ cominciata. Ed e’ “un’inferno”. L’allarme arriva in tarda serata governatore della regione di Lugansk, Sergei Gaidai che parla di combattimenti “incessanti” in diverse citta’ mentre le sirene d’allarme risuonano in tutto il Paese. Passano pochi minuti ed e’ lo stesso presidente ucraino a confermare cio’ che si temeva da settimane: “Possiamo ora affermare – scrive su Telegram – che le truppe russe hanno iniziato la battaglia per il Donbass, per la quale si stavano preparando da tempo. Una grande parte dell’esercito russo e’ ormai consacrato a questa offensiva”. E mentre il sindaco di Mariupol torna ad evocare il genocidio parlando della martoriata citta’, l’intelligence britannica evoca la distruzione di Grozny, dopo il bombardamento piu’ violento dai tempi della Seconda guerra mondiale, per fotografare l’assalto russo alla citta’ ucraina nel Mar d’Azov. O meglio cio’ che ne resta. A difenderla e’ rimasto un presidio di combattenti nell’acciaieria Azovstal. Nonostante la minaccia di essere sterminati. I primi segnali della maxi-offensiva nel resto del Donbass, dove l’Armata ha preso Kreminna, a pochi chilometri dalla strategica Kramatorsk erano iniziati nel pomeriggio. Missili sono tornati a cadere anche a ovest, a Leopoli, con vittime tra i civili, e nel centro del Paese, a Dnipro. Bersagliare zone popolate a Mariupol e’ in linea con l’approccio utilizzato dai russi in Cecenia nel 1999 e in Siria nel 2016: raid a tappeto, senza distinzione tra obiettivi civili e militari, per aprire la strada alle truppe di terra. Dopo oltre 50 giorni di assedio, e pochi edifici rimasti in piedi, Mosca ha rivendicato il controllo di tutta l’area urbana, ma fatica a vincere la resistenza degli uomini del Battaglione Azov, combattenti stranieri e i resti della 36esima brigata dei marines (che avrebbe perso anche il suo comandante): stimati tra le 800 e le 1.500 unita’, nascosti sotto i tunnel dell’impianto siderurgico, gli ucraini hanno rifiutato l’ultimatum ad arrendersi o morire, e sono riusciti anche a compiere sortite, eliminando le truppe nemiche, come hanno documentato in video sul web. “La citta’ non e’ ancora caduta e combatteremo fino alla fine”, ha assicurato il primo ministro Denys Shmyhal. I russi, in risposta, hanno intensificato i raid sull’acciaieria e chiuso Mariupol all’ingresso e all’uscita. La caduta della citta’ martire e’ il primo obiettivo alla portata dei russi per dare il via alla completa conquista del Donbass. “Non lo cederemo mai”, ha garantito il presidente Volodymyr Zelensky, avvertendo che Mosca e’ pronta ad una “grande offensiva nell’est per spazzare via anche altre citta’ e comunita’ di Donetsk e Lugansk”. Il suo stato maggiore ha confermato i “primi segnali”, mentre il Pentagono ritiene che l’offensiva sia ancora in fase “preparatoria”, con l’ammassamento di “artiglieria pesante e velivoli”. Nel Lugansk i russi hanno conquistato Kreminna. Secondo le autorita’ locali, aprendo anche il fuoco su un’auto con civili a bordo, quattro dei quali sono rimasti uccisi. La cittadina di 18mila abitanti si trova a circa 50 chilometri da Kramatorsk, uno dei piu’ grandi centri della regione ancora controllato dagli ucraini, nuovamente bombardato. Piu’ a nord sono proseguiti i raid nella regione di Kharkiv. Nove morti e 25 feriti in 24 ore, anche nel capoluogo. Gli ucraini invece sono riusciti a liberare numerosi insediamenti intorno a Izium, dove si registra la maggiore concentrazione di truppe russe: fino a 22 gruppi tattici di battaglione. E’ una zona strategica per impedire rifornimenti alle difese da nord-est al Donbass. Mosca ha poi rivendicato di aver distrutto oltre 300 obiettivi militari in una notte in varie zone del Paese, anche in quelle che sembravano ormai fuori dal conflitto. Missili sono caduti su Dnipro e per tre giorni consecutivi hanno fatto tremare Kiev. Neanche Leopoli e’ stata risparmiata. Ma nella citta’ dell’ovest, oltre a tre infrastrutture militari, e’ stato colpito anche un garage. Il bilancio dei raid (5 missili in tutto, anche contro delle zone vicino ai binari della ferrovia ed un hotel che ospitava rifugiati) e’ di almeno 7 morti, tra cui un bambino e diversi feriti, ha riferito il sindaco, denunciando un “genocidio contro civili pacifici”. E nel luogo simbolo dei crimini di guerra, Bucha, un abitante su cinque sarebbe rimasto ucciso durante l’occupazione russa, ha affermato il sindaco Anatoliy Fedoruk. Un bilancio drammatico che non sfiora Putin: il presidente russo ha deciso di decorare la brigata dei fucilieri accusata degli orrori nel sobborgo di Kiev. Per atti di “eroismo, tenacia e coraggio”.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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