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Guerra Ucraina

Senza lo scudo dei rubli default più vicino

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SI avvicina il momento della verita’ per il decreto del Cremlino che impone alle aziende europee di pagare il gas in rubli: uno ‘scudo’ per aggirare le sanzioni alla Russia che portera’ presto al pettine il nodo degli approvvigionamenti del gas, ma anche quello del default di Mosca. Una decisione non facile quella che dovranno prendere i governi europei, dopo che dagli uffici della Commissione Ue e’ filtrato che i legali ritengono che le richieste di Putin siano in violazione dei contratti sulle forniture del gas. Il meccanismo prevede che le aziende che importano gas, anziche’ continuare a pagare su un conto in euro o dollari di esportatori come Gazprom, dovranno aprire due conti correnti nel suo braccio finanziario, Gazprombank. Verseranno in euro, ma poi dovranno cambiare in rubli nel conto ‘russo’, e solo allora verseranno a Gazprom completando la transazione che in questo modo sfugge alle maglie delle sanzioni. Francesco Papadia, senior fellow del think thank Bruegel, la spiega cosi’ in un’intervista: la mossa del Cremlino “serve a sottrarre i flussi dei pagamenti del gas alle sanzioni. Le entita’ sanzionate russe non devono piu’ toccare euro o dollari, verrebbero pagate in rubli e questi sarebbero cosi’ sottratti al ‘congelamento’ da parte delle sanzioni occidentali”. Del resto “le sanzioni rendono l’euro, i dollari e altri valute estere difficili da utilizzare per Mosca e bloccano non solo le riserve della banca centrale, ma anche i flussi. Questo non vale per il rublo, che resta liquido e serve per i pagamenti interni” oltre a poter essere messo al sicuro dalle misure punitive dell’Occidente per l’aggressione all’Ucraina. Una circostanza che per i governi europei fa si’ che la decisione abbia un elevato peso politico, oltre che pratico. Come spiegare agli alleati occidentali che, per salvaguardare le forniture di gas, dicendo si’ a Putin si disfano le sanzioni su cui c’e’ stata compattezza fra Ue, Usa e Gran Bretagna? Sul piano pratico, lo stallo fra Mosca e le capitali europee rischia di innescare un embargo di fatto sull’energia russa, dal quale Mosca incassa circa un miliardo di euro al giorno, ma che fornisce all’Ue il 40% del gas. Se l’Olanda ha gia’ ordinato alle societa’ di rifiutare il pagamento in rubli, la Germania rischia una profonda recessione e la Bce ha avvertito che l’impatto economico sarebbe pesante per l’area euro. E’ a maggio che il Decreto del 31 marzo voluto da Putin entrerebbe in vigore. Tempi strettissimi, dunque, mentre c’e’ un’altra potenziale ‘bomba ad orologeria’ strettamente connessa al diktat ‘rubli in cambio di gas’. E’ quella del default, dove un assaggio e’ gia’ arrivato dall’insolvenza di Russian Railways e dove, sempre a inizio maggio, scade il ‘periodo di grazia’ di un mese sul mancato rimborso in valuta statunitense di bond russi per due miliardi di dollari. La stretta ulteriore voluta dall’amministrazione Usa sulle sanzioni (e che potrebbe alzare ulteriormente l’asticella, bloccando proprio i proventi delle vendite di energia) chiude agli emittenti di debito russo l’accesso al ‘sistema circolatorio’ della finanza globale. “Sembra proprio che comportera’ l’incapacita’ di rimborsare in valuta forte. L’effetto sarebbe probabilmente il default, non essendo la Russia piu’ i grado di movimentare flussi in dollari o euro per via delle sanzioni”, spiega Papadia. Una ‘macchia’ che renderebbe Mosca quel ‘paria’ evocato a Washington all’inizio della guerra, ma avrebbe anche potenziali conseguenze finanziarie globali.

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Esteri

Stoltenberg visita Kiev, raid russi su Odessa

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“Un maggior sostegno è in arrivo, gli alleati hanno ascoltato il tuo appello”. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si è rivolto con parole rassicuranti a Volodymyr Zelensky durante una visita a sorpresa a Kiev. Il capo dell’Alleanza ha garantito che i Paesi occidentali forniranno più aiuti militari, e più rapidamente, come chiede il presidente ucraino. E, mentre nell’est del Paese le forze russe continuano ad avanzare, si è dichiarato convinto che “non è troppo tardi perché l’Ucraina vinca”.

Per garantire la sua sicurezza, tuttavia, Kiev punta ora anche ad un accordo bilaterale con gli Stati Uniti, che recentemente hanno sbloccato un nuovo pacchetto di assistenza militare dal valore di 61 miliardi di dollari dopo mesi di diatribe nel Congresso. “Stiamo già lavorando su un testo specifico, il nostro obiettivo è rendere questo accordo il più forte di tutti”, ha annunciato Zelensky. Il riferimento è ad altre intese simili siglate negli ultimi mesi dall’Ucraina con diversi Paesi europei tra cui l’Italia lo scorso febbraio. Tuttavia il patto con Roma, come chiarito dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, “non è vincolante dal punto di vista giuridico” e non prevede “garanzie automatiche di sostegno politico o militare a Kiev”.

Con Washington, invece, “l’accordo dovrebbe essere davvero esemplare e riflettere la forza della leadership americana”, ha assicurato Zelensky. Con gli Usa ha insistito il presidente, l’Ucraina sta “discutendo le basi concrete di sicurezza e cooperazione” e “per fissare livelli specifici di sostegno per quest’anno e per i prossimi 10 anni”.

Ciò dovrebbe includere “il sostegno militare, finanziario, politico e la produzione congiunta di armi”. Durante la conferenza stampa con Stoltenberg, Zelensky ha insistito sulla richiesta che “la consegna degli aiuti militari sia più rapida”. Un’urgenza dettata per Kiev dalle drammatiche difficoltà con cui deve confrontarsi sul terreno, dove si trova a corto non solo di munizioni ma anche di uomini. Il capo di Stato maggiore, Oleksandr Syrsky, ha lanciato ieri l’allarme per una situazione che è “peggiorata”, con la Russia che “sta attaccando lungo tutta la linea del fronte”. Mentre il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che “fra gli ucraini al fronte sta crescendo il panico”. Per il momento l’avanzata russa, ancora limitata, si concentra nell’area del Donbass, nell’est dell’Ucraina. Le forze di Kiev hanno detto di aver respinto nelle ultime ore “55 tentativi di attacco” nella regione di Donetsk, dove nei giorni scorsi i russi si sono impadroniti di tre villaggi nell’area di Avdiivka, cittadina caduta nelle mani delle truppe di Mosca a febbraio. E il ministero della Difesa russo ha detto che oggi è stata conquistato un altro insediamento, quello di Semenivka.

Raid sono stati segnalati anche a Odessa, con frammenti di missile russo caduti sul Castello di Kivalov, dove si è sviluppato un incendio. Il bilancio è di almeno 5 morti. Stoltenberg ha ammesso che Kiev si trova in questa situazione perché negli ultimi tempi “gli Alleati non hanno mantenuto ciò che avevano promesso”, e “gli ucraini ne stanno pagando il prezzo”. Ma con Zelensky il segretario generale ha anche parlato del possibile ingresso di Kiev nel Patto Atlantico.

“Sto lavorando duramente per garantire che l’Ucraina diventi membro della Nato, abbiamo bisogno che tutti gli alleati siano d’accordo”, ha detto Stoltenberg. Per poi ammettere che anche in questo caso rimangono delle difficoltà. “Non mi aspetto che raggiungeremo tale accordo entro il vertice di luglio” a Washington, ha dichiarato. Ma per Zelensky il futuro del suo Paese è nella Nato, perché, ha affermato, “è impossibile immaginare la sicurezza dell’Europa e della comunità euro-atlantica senza l’effettiva partecipazione dell’Ucraina”.

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Guerra Ucraina

Isw, dopo Avdiivka la scelta è tra Pokrovsk o Chasiv Yar

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Le forze russe hanno l’opportunità di scegliere tra molteplici direzioni tattiche per le loro future azioni offensive vicino ad Avdiivka, nella regione orientale del Donetsk, ma non è chiaro dove concentreranno i loro sforzi nel prossimo futuro: lo scrive l’Istituto per lo studio della guerra (Isw). Secondo gli esperti del centro studi statunitense, la stabilizzazione delle loro posizioni a nord-ovest di Avdiivka presenta al comando russo una scelta: continuare a spingersi a ovest verso l’obiettivo operativo dichiarato a Pokrovsk, oppure provare a spingersi a nord per condurre possibili ulteriori operazioni offensive intorno a Chasiv Yar. Nella giornata di ieri, intanto, le forze russe si sono assicurate ulteriori guadagni tattici marginali a nord-ovest e sud-ovest di Avdiivka, si legge inoltre nel rapporto.

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Esteri

‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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