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Esteri

Putin, aumenteremo le forniture di gas ad altri Paesi

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Vladimir Putin ostenta sicurezza di fronte al progressivo stop dell’Occidente all’importazione di energia russa: “Possiamo vendere petrolio, gas e carbone in altre parti del mondo”, assicura il leader del Cremlino, che ha in mente soprattutto i giganteschi mercati di India e Cina. E in questa guerra contro Mosca a colpi di sanzioni, secondo lo zar, la principale vittima e’ l’Ue, cosi’ dipendente dal suo gas: “Il rifiuto di cooperare – e’ la sua tesi – ha gia’ colpito milioni di europei”. La stretta sull’acquisto dei combustibili fossili russi, da cui dipende circa il 20% dell’economia nazionale, e’ lo strumento piu’ aggressivo (oltre alla fornitura di armi a Kiev) fin qui utilizzato per ostacolare l’invasione dell’Ucraina. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno bandito gas e petrolio russi, mentre l’Ue rinuncera’ al carbone e, forse, anche al greggio. Putin tuttavia non ha battuto ciglio, perche’ non e’ disposto a rinunciare al primo obiettivo della sua campagna militare: il Donbass. E per compensare la perdita di entrate dall’energia, “abbiamo tutte le risorse e le opportunita’ per trovare rapidamente soluzioni alternative”, ha assicurato il leader del Cremlino in una riunione del governo. La sua ricetta e’ “aumentare il consumo di petrolio, gas e carbone sul mercato interno e aumentare le forniture in altre parti del mondo”. Il principale interlocutore – e alleato – di Putin e’ la Cina, che non ha adottato sanzioni e non si e’ schierata contro Mosca all’Onu. Con la seconda potenza economica mondiale i russi hanno firmato una dichiarazione congiunta su una partnership strategica “senza limiti”, dopo un 2021 che, sotto il profilo commerciale, ha visto l’interscambio salire ai massimi di sempre. Mentre adesso i russi, per sfuggire all’isolamento a causa della guerra in Ucraina, hanno offerto ai partner cinesi gas e petrolio a basso costo. Abbastanza da creare allarme a Washington, dove il segretario al Tesoro americano Janet Yellen ha messo in guardia Pechino: la posizione sulla Russia potrebbe nuocere alla sua “volonta’ di abbracciare un’ulteriore integrazione economica” con il resto del mondo. Al di la’ delle tensioni tra Usa e Cina, comunque, il tentativo di Putin di riorientare le esportazioni di energia verso Oriente non appare cosi’ semplice. C’e’ ad esempio un problema di infrastrutture, concentrate verso l’Europa. L’Ispi ricorda che dalla Russia al Dragone c’e’ solo un gasdotto, Power of Siberia, che tra l’altro opera a meno della meta’ della sua capacita’. A indicare che la domanda non e’ molto elevata. Mentre il secondo impianto che dovrebbe essere realizzato (dopo un’intesa sottoscritta da Xi e Putin alle Olimpiadi invernali) garantirebbe forniture soltanto nei prossimi anni. Anche modificare le rotte del petrolio sarebbe complicato, per problemi tecnici. E l’altro gigante a cui guarda Putin, l’India, non sembra interessato al greggio russo. Di una qualita’ che poco si adatta alle sue raffinerie. In questa fase, quindi, l’unica cosa su cui puo’ scommettere Mosca e’ che l’Ue non sia in grado, almeno nel breve periodo, di tagliare il gas russo. Da cui dipende per oltre il 40% del fabbisogno, tanto che il piano della presidente Ursula von der Leyen prevede uno stop totale all’import non prima del 2027. Anche sulle altre fonti i 27 procedono con molta cautela. Il bando del carbone russo scattera’ tra quattro mesi, mentre per il greggio (il 36% dell’import complessivo dell’Ue) non c’e’ ancora un accordo unanime. E se ne riparlera’ al Consiglio straordinario di fine maggio. Nel frattempo il conto della guerra e delle sanzioni diventa sempre piu’ salato, non solo per la Russia: inflazione alle stelle, caro-bollette e caro-benzina sono gli effetti che Putin ha ben in mente quando afferma che “milioni di europei e gli Stati Uniti sono gia’ stati colpiti dal rifiuto di una normale cooperazione con Mosca e di una parte delle sue risorse energetiche”. Mentre Joe Biden, proprio per contenere l’impennata dei prezzi, ha autorizzato lo sblocco di un milione di barili di petrolio al giorno dalle riserve strategiche.

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Esteri

Xi vuole “lavorare con Parigi per risolvere crisi Ucraina”

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In un articolo su Le Figaro all’inizio della sua visita in Francia, Xi Jinping ha espresso l’intenzione di “lavorare con la Francia e l’intera comunità internazionale” per “risolvere la crisi” in Ucraina.

“Ci auguriamo che la pace e la stabilità ritornino rapidamente in Europa e intendiamo lavorare con la Francia e l’intera comunità internazionale per trovare buone strade per risolvere la crisi” in Ucraina, ha scritto il presidente cinese in un articolo sul quotidiano Le Figaro.

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Esteri

Le accuse del Financial Times: la Russia prepara sabotaggi violenti in Europa

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Mosca sta preparando attentati contro le infrastrutture europee, mettendo a rischio anche la vita di civili. E’ l’allarme lanciato oggi dal Financial Times proprio nel giorno in cui le truppe russe continuano ad avanzare sul campo di battaglia ucraino. Il giornale della City sottolinea che sono state diverse agenzie di intelligence europee ad aver avvisato i loro rispettivi governi sulle nuove minacce russe, anche sulla base di diverse indagini in corso. Secondo le fonti citate dal quotidiano inglese, “la Russia ha già iniziato a preparare più attivamente in segreto attentati dinamitardi e attacchi incendiari per danneggiare le infrastrutture sul territorio europeo, direttamente e indirettamente, senza preoccuparsi apparentemente di causare vittime civili”.

Sebbene gli attacchi degli agenti del Cremlino in Europa siano stati finora sporadici, per il giornale, “aumentano le prove di uno sforzo più aggressivo e concertato”. Una convinzione che trapela da tantissimi esponenti dell’intelligence europea, da quella tedesca a quella inglese, dai servizi francesi, svedesi a quelli cechi e estoni. In particolare, il Ft menziona il capo dei servizi di sicurezza interna tedesca, Thomas Haldenwang, il quale il mese scorso – in una conferenza – ha affermato che il rischio di atti di sabotaggio è “aumentato in modo significativo”.

La Russia, ha aggiunto, ora sembra a suo agio nell’eseguire operazioni sul suolo europeo “con un alto potenziale di danno”. Haldenwang era intervenuto pochi giorni dopo l’arresto di due cittadini russo-tedeschi a Bayreuth, in Baviera, accusati di aver complottato per attaccare siti militari e logistici in Germania per conto della Russia. Un caso simile era accaduto anche nel Regno Unito: a fine aprile, ricorda l’articolo, due uomini sono stati accusati di aver dato fuoco a un magazzino contenente aiuti per l’Ucraina. Per la procura inglese, hanno agito anche loro su mandato di Mosca.

Stessa storia, in Svezia: i servizi di sicurezza di Stoccolma stanno indagando su una serie di recenti deragliamenti ferroviari e sospettano che siano atti di sabotaggio appoggiati da uno Stato ostile. La Russia, inoltre, ha tentato di distruggere i sistemi di segnalamento delle ferrovie ceche, aveva detto il mese scorso, sempre all’Ft, il ministro dei Trasporti ceco. Secondo il servizio di sicurezza interna estone inoltre, sono stati gli uomini dell’intelligence russa ad aver attaccato a febbraio le auto del ministro degli Interni e quelle di alcuni giornalisti. Anche il ministero della Difesa francese ha messo in guardia quest’anno su possibili azioni di sabotaggio da parte della Russia contro siti militari.

“La conclusione ovvia è che c’è stato un reale incremento dell’attività russa”, ha commentato Keir Giles, consulente senior del think tank Chatham House. Un alto funzionario governativo europeo ha inoltre dichiarato al giornale che attraverso i servizi di sicurezza della Nato sono state condivise informazioni su una “chiara e convincente azione russa”, coordinata e su larga scala. Ora, ha concluso, è giunto il momento di “aumentare la consapevolezza e l’attenzione” sulla minaccia della violenza russa sul suolo europeo. Infine, appena giovedì scorso la Nato ha diffuso una nota in cui si affermava che i Paesi alleati sono “profondamente preoccupati” per le recenti “attività ostili” della Russia, di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca.

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Zelensky finisce nella lista dei ricercati di Mosca

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La foto segnaletica è precedente alla guerra, scattata quando indossava ancora camicia e giacca, senza la barba e la mimetica che dal febbraio 2022 sono diventate simbolo del suo ruolo di guida della resistenza ucraina. In una mossa a sorpresa, Volodymyr Zelensky è finito sulla lista dei ‘most wanted’ del ministero dell’Interno russo, dopo che nei suoi confronti è stato aperto un non meglio specificato procedimento penale. Nel database infatti il presidente ucraino, nemico numero uno dello zar Vladimir Putin, è ricercato ai sensi di “un articolo” del codice penale russo. Quale sia resta un mistero, mentre il ministero degli Esteri ucraino ha liquidato la faccenda come l’ennesima “prova della disperazione della macchina statale e della propaganda russa, che non ha altre scuse degne di nota da inventare per attirare l’attenzione”.

Secondo Kiev, l’unico mandato d’arresto “del tutto reale e soggetto a esecuzione in 123 Paesi del mondo” è quello emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin con l’accusa di crimini di guerra. E sui media ucraini corre l’ipotesi che l’inserimento di Zelensky nella lista dei ricercati nasca proprio dal desiderio di vendetta per quel mandato internazionale, uno schiaffo senza precedenti mai digerito dallo zar. Oltre a Zelensky, il ministero dell’Interno russo ha emesso un ordine di arresto anche per l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko e l’ex ministro ad interim della Difesa e attuale rettore dell’Università nazionale di difesa dell’Ucraina, Mikhail Koval. Anche per loro mancano i reati contestati, così come avvenuto in altri ordini di arresto nei mesi scorsi. Dall’inizio dell’invasione, sono diversi infatti i politici e personaggi pubblici stranieri inseriti nella lista nera di Mosca che conta decine di migliaia di voci.

L’anno scorso, i russi hanno dichiarato ricercati l’allora capo delle forze armate Valery Zaluzhny e l’allora comandante delle forze di terra Oleksandr Syrsky, oggi a capo dei militari di Kiev. E proprio a seguito dell’ordine di arresto emesso contro Putin è finito nell’elenco dei ricercati anche Rosario Aitala, il giudice italiano responsabile di quel mandato. A febbraio, è stato aggiunto il nome della premier estone Kaja Kallas insieme a quelli di altri funzionari dei paesi baltici. Per loro la motivazione è stata resa nota ma suona draconiana: “Falsificazione della storia”. Mentre la Russia mischia la guerra con la giustizia interna, lo scontro prosegue in Ucraina, dove il tempo stringe per Zelensky che chiede “decisioni tempestive e adeguate sulla difesa aerea dell’Ucraina, fornitura tempestiva di armi ai nostri soldati”.

Secondo il leader ucraino, “solo questa settimana i terroristi hanno compiuto più di 380 attacchi contro le nostre città e regioni”. Un uomo è morto e cinque persone sono rimaste ferite negli attacchi di Mosca dell’ultima giornata sulla martoriata Kharkiv mentre le forze di Kiev continuano ad attaccare le regioni russe di confine: cinque feriti nell’ultimo raid su Belgorod. Nel frattempo giungono raccapriccianti resoconti delle politiche portate avanti dai russi nei territori del Donbass, dove anche i neonati innocenti sono vittime della guerra: il capo dell’amministrazione militare del Lugansk, Artem Lysogor, ha annunciato che da lunedì prossimo le madri che partoriscono negli ospedali della regione dovranno dimostrare la cittadinanza russa di almeno uno dei genitori del neonato affinché quest’ultimo possa essere dimesso dall’ospedale. Una norma – sottolinea il think tank americano Isw – che rappresenta una palese violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

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