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Di Maio è stufo delle invasioni e degli sbracamenti di Salvini, Conte pensa a chiudere un accordo con l’Ue

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La situazione è difficile. L’iperattivismo di Matteo Salvini talvolta sfocia o in sbracamenti o peggio in operazioni di dubbio gusto istituzionale. Salvini che vede gli imprenditori al Viminale è qualcosa che sarebbe difficile da digerire in tempi normali, figurarsi in tempi difficili. Ve l’immaginate se domani Di Maio dovesse convocare i prefetti e i questori per farsi dire che cosa accade nel Paese a livello di ordine e sicurezza pubblica in tempi di crisi economica? Insomma che ci sia qualcosa che non va sembra palese. C’è Luigi Di Maio stanco di essere responsabile davanti ad un Matteo Salvini che deborda da ogni lato. Sul dialogo con le imprese, che ha fatto calare il gelo tra i due vicepremier, complica, di non poco, la trattativa tra l’Italia e l’Ue a 48 ore dal vertice tra il premier Giuseppe Conte e il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker. Si sarebbe dovuta chiudere in giornata un’intesa nel governo. E invece Conte andrà con ogni probabilità a Bruxelles con tre opzioni di lavoro, ma senza un mandato a “chiudere” su un’unica proposta. Il mandato di M5s e Lega è far scendere il deficit non oltre il 2,1%. Ma il premier dovrebbe portare a Juncker ipotesi tarate anche sul 2% e l’1,9% nel rapporto deficit/Pil. Quest’ultima opzione, che comporterebbe 9 miliardi in meno sulla manovra, è l’opzione più gradita all’Ue, dal momento che in partenza Bruxelles vorrebbe una correzione da 16 miliardi.

Luigi Di Maio. Sempre più stanco di dover rintuzzare le continue invasioni di campo di Salvini

Ma, come proverà a spiegare Conte alla Commissione, fin lì M5S e Lega non sono disposti a spingersi. Portare entrambe le “parti” – governo e Ue – a un’intesa sul 2%, è il vero obiettivo cui, con pessimismo crescente, starebbero lavorando i mediatori italiani. In giornata tra via XX Settembre e Palazzo Chigi si registra una nuova girandola di riunioni tecniche e in serata il premier vede il ministro Giovanni Tria su investimenti e sblocco dei pagamenti della Pa. Ma il vertice decisivo tra Di Maio e Salvini previsto nella serata di lunedì 10 non vede la luce e i giallo-verdi cominciano a prepararsi allo scenario più fosco. “L’Europa ci sta chiedendo troppo, vuole che si arrivi all’1,7 o all’1,8% del Pil ma non lo faremo, non saremo un nuovo governo Tsipras”, spiega una fonte dell’esecutivo a metà giornata, sottolineando con la parafrasi “ellenica” come l’Italia non sia disposta a farsi imporre la manovra da Bruxelles. Eppure anche nel governo la sensazione è che a Bruxelles le posizioni nelle ultime ore si siano irrigidite e che l’attuale “debolezza” interna di big come Emmanuel Macron o Angela Merkel non sia per nulla d’aiuto all’Italia.

Matteo Salvini. Oramai è su tutti i dossier, fa tutto eccetto il ministro dell’Interno

E c’è un dato a complicare la trattativa: all’Ue i conti fatti dall’Italia continuano a non tornare anche perchè, raccontano fonti a conoscenza del dossier, il 2,4% indicato da Roma equivale a un 2,9%, nelle stime della commissione. Mercoledì a Bruxelles, Conte si troverà insomma la strada in salita: un ostacolo, spiegano i mediatori, è non aver incassato una disponibilità reale di M5s e Lega a rivedere reddito di cittadinanza e “quota 100”, dando il segnale “concreto” chiesto dall’Europa. L’incontro previsto alle ore 16 avrà lo stesso formato di quello dello scorso 24 novembre: il premier sarà accompagnato dal ministro del Tesoro Giovanni Tria, Juncker dal suo vice Valdis Dombrovskis e dal commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici. Domani, nelle comunicazioni alle Camere, il premier invece dovrebbe ribadire l’impianto della manovra. Un impianto dal quale nè Di Maio nè Salvini hanno intenzione di cedere: le due misure “di bandiera”, nei giorni del grande gelo tra i due vicepremier, per Salvini e soprattutto per Di Maio sono tornate ad essere totem intoccabili.

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Doppio McTominay, il Napoli abbatte anche il Torino ed è capolista con 3 punti sull’Inter

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Il Napoli approfitta dello scivolone dell’Inter e si riprende la vetta solitaria della classifica a quattro giornate dalla fine. Gli uomini di Antonio Conte superano 2-0 il Torino nel match del Maradona: decide la doppietta di Scott McTominay.

I padroni di casa partono subito forte, creando grosse difficoltà ai granata prima con un batti e ribatti nell’area avversaria e poi con un errore di Milinkovic-Savic sulla pressione di Lukaku, su cui è decisivo il salvataggio di Maripan. Al 7′ ci pensa il solito Scott McTominay a sbloccare la contesa: lo scozzese si avventa su un cross basso di Anguissa ed infila la sfera alle spalle di Milinkovic-Savic.

Tifosi scozzesi. Presenza fissa al Maradona

All’11’ i ragazzi di Paolo Vanoli provano a reagire con una conclusione di Adams, che però viene successivamente fermato per fuorigioco. Qualche minuto più tardi il Torino si spinge in avanti con l’ex Elmas, il cui tiro viene deviato sui piedi di Biraghi che fallisce il cross. Gli ospiti fanno possesso palla, ma ad andare a segno è ancora il Napoli: al 42′ Scott McTominay realizza la sua personale doppietta, trovando la deviazione vincente sul traversone di Politano.

Nella ripresa la squadra granata cerca di accelerare le operazioni per riaprire la sfida, ma fa fatica a rendersi pericolosa dalle parte di Meret. Nel frattempo Antonio Conte deve fare i conti con gli infortuni di Buongiorno ed Anguissa, che vengono rispettivamente rilevati da Marin e Billing. Quest’ultimo è subito protagonista poiché al 61′ colpisce una clamorosa traversa su cross di Spinazzola. Al 78′ il neo-entrato Karamoh lascia partire un traversone insidioso, ma Olivera è attento e lo prolunga in calcio d’angolo.

Il secondo tempo del Napoli non è affatto fortunato sotto il punto di vista degli infortuni, dato che anche Lobotka accusa qualche problema fisico: lo slovacco viene sostituito a pochi minuti dal termine. Nel finale gli azzurri amministrano il 2-0 e portano a casa una vittoria fondamentale in ottica Scudetto. In virtù di questo successo, infatti, il Napoli torna in testa alla classifica salendo a 74 punti, a +3 sull’Inter. Nel prossimo turno i campani saranno impegnati nella trasferta del Via del Mare contro il Lecce, in programma sabato.

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Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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