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Cronache

Muoiono due operai, uno folgorato e l’altro schiacciato

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 Da Nord a Sud, non si arresta la strage sul lavoro in Italia. Antony Turnone e’ morto folgorato in Puglia dall’alta tensione che ha attraversato un braccio meccanico e l’ha ucciso a soli 30 anni. A 52 anni, invece, ha perso la vita un altro operaio in Lombardia, schiacciato dal muletto con cui stava lavorando in un cantiere. Ed altri due gravi incidenti si sono verificati nel Bergamasco e a Roma. Nel primo e’ rimasto ferito un uomo colpito da un albero, nel bosco in cui stava lavorando: l’impatto gli ha provocato un trauma cranico commotivo e un trauma toracico. Nel secondo un operaio e’ caduto dal cestello dove si trovava per potare un albero, a via Crescenzio, a due passi dal Vaticano; e’ stato ricoverato in codice rosso in ospedale. Sono sempre meno sicuri dunque i luoghi di lavoro. “Si esce da casa al mattino per guadagnarsi da vivere e poi non si fa ritorno”, sottolineano Cgil, Cisl e Uil definendo “inaccettabile tutto questo”. Turnone era di Martina Franca (Taranto) ed e’ morto in un impianto fotovoltaico a San Donato, in Salento, dove stava lavorando per conto di una ditta. Il braccio meccanico che stava manovrando per spostare alcuni container ha toccato un cavo dell’alta tensione che non gli ha lasciato scampo: e’ morto in ospedale. Il sindaco della sua citta’ natale, Franco Ancona, esprime la vicinanza di tutta la comunita’ alla famiglia di Antony e rimarca quanto sia intollerabile che “nel terzo millennio in Italia si continui a morire sul lavoro”. Anche Luca Lopomo, sindaco di Crispiano, citta’ in cui viveva l’operaio, parla di “momento di incolmabile dolore: non si puo’ perdere la vita a 30 anni lavorando”. A causare la morte dell’operaio che stava lavorando nel cantiere di una casa di riposo in costruzione a Castel Goffredo, nel Mantovano, e’ stato il muletto in cui si trovava: il 52enne ha perso improvvisamente il controllo del mezzo che si e’ ribaltato ed e’ rimasto schiacciato sotto il tettuccio. Restano ancora gravi le condizioni del terzo operaio coinvolto in un incidente oggi, colpito da un albero in un bosco a Piazzatorre, in localita’ Prati di Pegherolo. E’ stato trasportato con l’elisoccorso, in codice rosso, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dove i medici lo hanno soccorso. Da accertare anche le cause che hanno determinato l’incidente in cui ha riportato gravi lesioni, a Roma, l’operaio di 44 anni che stava potando la cima di un albero. L’infortunio e’ avvenuto intorno alle 14, nel quartiere Prati. Il mezzo e’ stato posto sotto sequestro. Proprio la Puglia e’ stata funestata in questi giorni da due incidenti mortali, uno dopo l’altro: nel primo, il 22 marzo, e’ morto il 45enne Massimo De Vita, schiacciato nel porto di Taranto da un grosso telaio in acciaio che si e’ ribaltato durante la movimentazione a terra di un carico di pale eoliche danneggiate; nel secondo, il giorno successivo, uno stagista 21enne e’ stato travolto da un muletto guidato da un suo collega tirocinante nei cantieri navali di Brindisi, riportando la frattura del bacino e alcuni traumi alle gambe. “Purtroppo – commenta il segretario della Uil Puglia, Franco Busto – abbiamo perso il conto delle morti sul lavoro di un 2022 che sta addirittura superando, in pochi mesi, il trend gia’ di per se’ tragico dell’anno precedente. La politica dica da che parte sta: noi abbiamo proposto di lasciare fuori dai bandi pubblici del Pnrr le aziende che non rispettano gli standard di sicurezza e che non applicano i contratti nazionali, senza pero’ ricevere risposta”.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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