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Politica

Da Italia aiuti e armi. Torna carbone se Russia taglia gas

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Accoglienza dei profughi e armi per l’esercito di Kiev. Fondi per studenti e ricercatori ucraini e centrali a carbone pronte a ripartire in qualsiasi momento, se servisse ridurre i consumi di gas. Mario Draghi a distanza di tre giorni riunisce di nuovo il Consiglio dei ministri per allineare a quella degli alleati la risposta italiana alla guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, con l’invio di mezzi ed equipaggiamenti militari. E allo stesso tempo per mettere al riparo il sistema dell’energia dal rischio che la Russia venga meno ai suoi impegni e tagli le forniture di gas. Le contromisure per evitare uno choc energetico il premier le aveva annunciate gia’ venerdi’ alle Camere, dove tornera’ per aggiornare il Parlamento sull’evoluzione della crisi. Siamo in guerra, bisogna essere pronti a fare tutto il necessario, a fare sacrifici, il messaggio che portera’ il Draghi, che chiedera’ alle Camere un primo via libera all’invio di armi a un Paese impegnato in un conflitto. Un passaggio delicato, che ha messo in fibrillazione anche i partiti della sua maggioranza, e ha sollevato malumori soprattutto tra le file di Lega e M5s. Il decreto passa all’unanimita’ in Cdm, anche perche’ prevede che ogni atto che coinvolga l’arsenale militare – l’Italia dovrebbe iniviare missili e mortai – sia preceduto da un passaggio a Montecitorio e a palazzo Madama. Prima di riunire i ministri il presidente del Consiglio sente al telefono proprio Giuseppe Conte e Matteo Salvini: il leader 5S assicura al premier “pieno appoggio” sul fronte dell’approvvigionamento militare “nel quadro dell’Unione europea” mentre sul fronte dell’energia invita a “investimenti massicci” sulle rinnovabili. Concetto ribadito in Cdm dal capodelegazione, Stefano Patuanelli, che garantisce pero’ il “pieno supporto” al collega Roberto Cingolani, che avra’ il compito di decidere se e quando aumentare la produzione di energia elettrica dalle centrali a carbone. La riunione del Cdm e’ rapida, meno di un’ora, e dai ministri leghisti non vengono sollevate eccezioni. “Ha detto tutto Salvini”, spiegano, dopo che il leader della Lega ha assicurato il sostegno del suo partito “qualsiasi proposta” fara’ il governo. Sostegno ribadito al telefono direttamente al premier, cui Salvini ha avanzato anche l’invito alla cautela e alla ricerca della via diplomatica per uscire dalla crisi che va ripetendo da diversi giorni. Per non farsi “trovare impreparati” se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare, intanto, il governo si muove sull’energia su piu’ fronti: mentre da Bruxelles Cingolani assicura che “nel brevissimo termine, nell’ordine di settimane, non c’e’ nessun problema di approvvigionamento” del gas, Luigi Di Maio vola ad Algeri insieme all’ad di Eni Claudio Descalzi per assicurarsi un aumento delle forniture da partner internazionli diversi da Mosca. L’Algeria “da sempre fornitore affidabile, ha un ruolo fondamentale”, dice il titolare della Farnesina, incassando l’ok all’aumento delle forniture. Ma bisogna attuare una “strategia per il breve, il medio e il lungo termine – dice ancora Cingolani – per sganciarci dalla dipendenza del gas russo”. Il decreto prepara cosi’ il terreno per far scattare razionamenti dei consumi nelle centrali elettriche e nel settore termoelettrico in modo “immediato” e “a prescindere” dal livello di emergenza (nel piano nazionale ce ne sono tre, per ora siamo al livello uno, di preallerta e monitoraggio), razionamenti che passano per la “massimizzazione” dell’impiego delle centrali a olio o carbone (e l’applicazione dei limiti di Co2 europei, meno restrittivi di quelli nazionali). In questo caso Cingolani agira’ con “provvedimenti e atti di indirizzo” dei quali dovra’ comunque informare il Cdm alla prima riunione utile. Il decreto circoscrive l’utliizzo a pieno regime delle vecchie centrali piu’ inquinanti a quelle “in condizioni di regolare esercizio”, come potrebbero essere gli impianti di Enel di La Spezia o di A2a a Monfalcone, che gia’ a dicembre erano stati riaccesi e poi rispenti per un paio di settimane.

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Politica

La Rai annulla il confronto televisivo tra Meloni e Schlein per le Europee

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La Rai ha annullato il previsto confronto televisivo tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, in programma per il 23 maggio. Questa decisione arriva dopo la comunicazione dell’Agcom che ha sottolineato come un confronto del genere potesse avvenire solamente con il consenso di tutti i gruppi parlamentari rappresentati, condizione non soddisfatta dato che solo quattro degli otto gruppi hanno dato il loro assenso.

Il dibattito, che avrebbe avuto luogo nel contesto delle imminenti elezioni europee e che sarebbe stato moderato dal noto giornalista Bruno Vespa, è stato cancellato per mancanza della maggioranza richiesta dall’Agcom. La decisione di annullare l’evento è stata annunciata dalla Rai attraverso una nota ufficiale in cui si spiega che “nessun confronto è possibile in assenza della maggioranza richiesta”.

La Rai ha inoltre precisato che continuerà a garantire il rispetto della par condicio nei suoi notiziari e programmi di approfondimento, seguendo le linee guida dell’Autorità di regolamentazione. Con questa mossa, il servizio pubblico italiano si impegna a mantenere un equilibrio e una correttezza nella copertura delle campagne elettorali, riconosciute e sostenute dall’Agcom.

Questo annullamento segna un momento significativo nel dibattito politico italiano, influenzando non solo la visibilità dei candidati ma anche la dinamica dell’informazione politica in vista delle elezioni europee.

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Ultima stretta sul Superbonus e tutte le nuove norme finanziarie: l’esame approfondito

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Nell’arena politica italiana, la giornata di oggi segna un passaggio cruciale con la conclusione della prima fase di esame parlamentare del decreto legge sul Superbonus al Senato. Il dibattito è stato particolarmente acceso, evidenziando le fratture interne alla maggioranza, con Forza Italia che si è distinta in opposizione a specifiche misure proposte dal governo.

Il decreto, che introduce significative modifiche normative, è stato al centro di aspre discussioni, specialmente per quanto riguarda l’introduzione della misura dello spalma-crediti su 10 anni e la retroattività di tale provvedimento per le spese del Superbonus del 2024. Inoltre, Forza Italia ha combattuto, con successo parziale, la proroga della sugar tax, supportata dal resto della maggioranza e posticipata al 1° luglio 2025.

Durante i lavori della 6a Commissione, si sono verificati momenti di tensione significativa. In particolare, Forza Italia si è astenuta durante il voto su un emendamento cruciale, che è passato solo con il sostegno del presidente della commissione, Massimo Garavaglia (Lega), e di Italia Viva, che ha giocato un ruolo decisivo. La fiducia posta dal governo sul testo è stata approvata senza sorprese con 101 voti a favore, dimostrando una solida tenuta della maggioranza nonostante le divergenze interne.

Tra le novità più rilevanti approvate, si evidenzia il fondo di 35 milioni di euro istituito per il 2025, destinato al sostegno di interventi su edifici danneggiati da sismi, non coperti da precedenti decreti. Questo si aggiunge alle modifiche alla ripartizione dei crediti di imposta e alle diverse proroghe, come quella della Plastic tax al 1° luglio 2026 e varie nuove disposizioni per le banche e le assicurazioni riguardo la gestione dei crediti del Superbonus.

Importanti anche le risorse aggiuntive destinate a migliorare la gestione delle emergenze e del demanio, con significativi aumenti di fondi destinati a vari aspetti della gestione pubblica e infrastrutturale.

Il decreto ora passerà alla Camera per l’approvazione definitiva, prevista entro il 28 maggio, in una fase in cui il governo spera di consolidare ulteriormente le misure introdotte senza ulteriori ostacoli.

In sintesi, il cammino del decreto Superbonus si dimostra emblematico delle dinamiche politiche e delle priorità economiche attuali, rappresentando un tassello fondamentale nel più ampio quadro delle politiche di incentivazione e regolamentazione fiscale italiane.

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Politica

Accolto ricorso, Ilaria Salis va ai domiciliari a Budapest

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E’ stato accolto dal tribunale di seconda istanza ungherese il ricorso presentato dai legali di Ilaria Salis che può quindi uscire dal carcere e andare ai domiciliari a Budapest. Il ricorso era stato presentato dai legali di Ilaria Salis contro la decisione del giudice Jozsef Sós che nell’ultima udienza del 28 marzo le aveva negato i domiciliari sia in Italia che in Ungheria. In appello, la richiesta è stata invece accolta e quindi la 39enne attivista milanese, candidata con Avs alle prossime Europee, potrà lasciare il carcere a Budapest dove si trova da oltre 15 mesi con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Il provvedimento, che prevede il braccialetto elettronico, diventerà esecutivo non appena verrà pagata la cauzione prevista dal tribunale.

“Ilaria è entusiasta di poter finalmente uscire dal carcere e noi siamo felicissimi di poterla finalmente riabbracciare”: così Roberto Salis ha commentato la decisione del tribunale ungherese di concedere i domiciliari a sua figlia Ilaria che, dopo oltre 15 mesi, potrà lasciare il carcere dove è detenuta con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. “Non è ancora fuori dal pozzo – ha aggiunto ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo”.

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