Politica
Il discorso del giuramento di Mattarella restituisce “dignità” alla politica: standing ovation in Parlamento
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3 anni fadel
Di
Fulvio Miele
La parola “dignita’”, pronunciata’ 18 volte, e una serie di termini semanticamente legati, come “democrazia”, Repubblica”, “Costituzione” sono i perni attorno ai quali e’ costruito il discorso del presidente Sergio Mattarella per il giuramento davante alle Camere. Tutti termini che rimandano al personalismo cristiano di Mounier e Maritain, le radici culturali del Capo dello Stato, la cui allocuzione e’ stata segnata da 55 applausi dei grandi elettori e da una ovazione finale di quasi 5 minuti, e che ha ricordato quella interminabile al Teatro alla Scala lo scorso 6 dicembre.
– PARLAMENTO: Mattarella ha ripetuto questa parola 8 volte, facendo una lezione di diritto costituzionale: e’ il Parlamento “il luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni cio’ che di vivo cresce nella societa’ civile”. Per questo deve essere avere il tempo di esaminare i provvedimenti del governo. Un riferimento alla Legge di Bilancio che la Camera ha dovuto solo ratificare. Ripetute 6 volte anche le parole “Costituzione” e “democrazia”. Infatti senza “l’intervento delle istituzioni che difendono l’interesse generale” alla fine prevalgono “i poteri economici sovrannazionali”.
RESPONSABILITA’:, altra parola pronunciata 6 volte, cosi’ come “impegno” e “unita’” ha segnato la seconda parte del discorso, vale a dire l’appello anche alla societa’ civile, “famiglie, sindacati, imprese”, perche’ siano parte dello sforzo di migliorare il nostro Paese, assieme alle istituzioni. DIGNITA’: nella suggestiva terza parte del discorso, costruito con un modulo anaforico, Mattarella ha ripetuto “dignita’ e'”, seguita da una serie di valori da perseguire o disvalori da evitare: “azzerare le morti sul lavoro”, “opporsi al razzismo”, “impedire la violenza sulle donne”, “difendere il diritto alla vita” dei migranti, “contrastare le poverta’, la precarieta’ disperata”. Un passaggio dai forti accenti sociali.
-DISUGUAGLIANZE: per tre volte Mattarella ha ribadito la necessita’ a superarle le disuguaglianze. La lotta ad esse e alla poverta’ devono essere “l’asse portante delle politiche pubbliche”. Infatti, diversamente da quanto un liberismo selvaggio puo’ pensare “le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita”.
GIOVANI: nel discorso di fine anno Mattarella aveva concluso invitando i giovani ad afferrare il proprio futuro. Davanti alle Camere ha ripetuto 5 volte la parola “giovani”. “troppi sono sovente costretti in lavori precari e malpagati, quando non confinati in periferie esistenziali”, mentre le politiche pubbliche devono tutelare il loro diritto al futuro. Compreso il dovere di “ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutti le difficolta’ del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni”, parole che sono sembrate in contrasto con la risposta in termini di ordine pubblco alle manifestazioni studentesche.
PAPA FRANCESCO E DAVID SASSOLI: nella sua allocuzione Mattarella ha “rivolto i sentimenti di gratitudine del popolo italiano”. L’ultimo passaggio del discorso e’ stato delidcato a Sassoli: “La sua testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le istituzioni democratiche ai livelli piu’ alti, e’ entrata nell’animo degli italiani”.
Ecco il testo del messaggio che potete ascoltare in video del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento
Roma, 03/02/2022
Signori Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,
Signori parlamentari e delegati regionali,
il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni hanno preso la loro decisione.
È per me una nuova chiamata – inattesa – alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi.
Ritorno dunque di fronte a questa Assemblea, nel luogo più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione.
Vi ringrazio per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica.
Adempirò al mio dovere secondo i principi e le norme della Costituzione, cui ho appena rinnovato il giuramento di fedeltà, e a cui ho cercato di attenermi in ogni momento nei sette anni trascorsi.
La lettera e lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento della mia azione.
Il mio pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte le italiane e a tutti gli italiani: di ogni età, di ogni Regione, di ogni condizione sociale, di ogni orientamento politico. E, in particolare, a quelli più in sofferenza, che si attendono dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio.
Queste attese sarebbero state fortemente compromesse dal prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni, le cui conseguenze avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà.
Leggo questa consapevolezza nel voto del Parlamento che ha concluso i giorni travagliati della scorsa settimana.
Travagliati per tutti, anche per me.
È questa stessa consapevolezza la ragione del mio sì e sarà al centro del mio impegno di Presidente della nostra Repubblica nell’assolvimento di questo nuovo mandato.
Nel momento in cui i Presidenti di Camera e Senato mi hanno comunicato l’esito della votazione, ho parlato delle urgenze – sanitaria, economica, sociale – che ci interpellano. Non possiamo permetterci ritardi, né incertezze.
La lotta contro il virus non è conclusa, la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i rischi, ma non ci sono consentite disattenzioni.
È di piena evidenza come la ripresa di ogni attività sia legata alla diffusione dei vaccini che proteggono noi stessi e gli altri.
Questo impegno si unisce a quello per la ripresa, per la costruzione del nostro futuro.
L’Italia è un grande Paese.
Lo spirito di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci hanno permesso di ripartire. Hanno permesso all’economia di raggiungere risultati che adesso ci collocano nel gruppo di testa dell’Unione. Ma questa ripresa, per consolidarsi e non risultare effimera, ha bisogno di progettualità, di innovazione, di investimenti nel capitale sociale, di un vero e proprio salto di efficienza del sistema-Paese.
Nuove difficoltà si presentano. Le famiglie e le imprese dovranno fare i conti con gli aumenti del prezzo dell’energia. Preoccupa la scarsità e l’aumento del prezzo di alcuni beni di importanza fondamentale per i settori produttivi.
Viviamo una fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea.
L’Italia è al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa. Siamo i maggiori beneficiari del programma Next Generation e dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione, nell’ambito della transizione ecologica e digitale.
La stabilità di cui si avverte l’esigenza è, quindi, fatta di dinamismo, di lavoro, di sforzo comune.
I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini.
L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno.
Forze politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati, amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone interne, comunità insulari e montane. Vi siamo tutti chiamati.
L’esempio ci è stato offerto da medici, operatori sanitari, volontari, da chi ha garantito i servizi essenziali nei momenti più critici, dai sindaci, dalle Forze Armate e dalle Forze dell’ordine, impegnate a sostenere la campagna vaccinale: a tutti va riaffermata la nostra riconoscenza.
Questo è l’orizzonte che abbiamo davanti.
Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza.
È ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte la nostra Patria, ben oltre le difficoltà del momento.
Un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano.
Un Paese che cresca in unità.
In cui le disuguaglianze – territoriali e sociali – che attraversano le nostre comunità vengano meno.
Un’Italia che offra ai suoi giovani percorsi di vita nello studio e nel lavoro per garantire la coesione del nostro popolo.
Un’Italia che sappia superare il declino demografico a cui l’Europa sembra condannata.
Un’Italia che tragga vantaggio dalla valorizzazione delle sue bellezze, offrendo il proprio modello di vita a quanti, nel mondo, guardano ad essa con ammirazione.
Un’Italia impegnata nella difesa dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, consapevole delle responsabilità nei confronti delle future generazioni.
Una Repubblica capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche.
Rafforzare l’Italia significa, anche, metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l’Europa, affinché questa divenga più efficiente e giusta; rendendo stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi della pandemia.
L’apporto dell’Italia non può mancare: servono idee, proposte, coerenza negli impegni assunti.
La Conferenza sul futuro dell’Europa non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica ma deve essere l’occasione per definire, con coraggio, una Unione protagonista nella comunità internazionale.
In aderenza alle scelte della nostra Costituzione, la Repubblica ha sempre perseguito una politica di pace. In essa, con ferma adesione ai principi che ispirano l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Trattato del Nord Atlantico, l’Unione Europea, abbiamo costantemente promosso il dialogo reciprocamente rispettoso fra le diverse parti affinché prevalessero i principi della cooperazione e della giustizia.
Da molti decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace, concretizzato dall’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda.
Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale.
Dobbiamo fare appello alle nostre risorse e a quelle dei Paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini.
I popoli dell’Unione Europea devono anche essere consapevoli che ad essi tocca un ruolo di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama mediterraneo e medio-orientale. Non si può sfuggire alle sfide della storia e alle relative responsabilità.
Su tutti questi temi – all’interno e nella dimensione internazionale – è intensamente impegnato il Governo guidato dal Presidente Draghi; nato, con ampio sostegno parlamentare, nel pieno dell’emergenza e ora proiettato a superarla, ponendo le basi di una stagione nuova di crescita sostenibile del nostro Paese e dell’Europa. Al Governo esprimo un convinto ringraziamento e gli auguri di buon lavoro.
I grandi cambiamenti che stiamo vivendo a livello mondiale impongono soluzioni rapide, innovative, lungimiranti, che guardino alla complessità dei problemi e non soltanto agli interessi particolari.
Una riflessione si propone anche sul funzionamento della nostra democrazia, a tutti i livelli.
Proprio la velocità dei cambiamenti richiama, ancora una volta, al bisogno di costante inveramento della democrazia.
Un’autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni, discussione, partecipazione. L’esigenza di governare i cambiamenti sempre più rapidi richiede risposte tempestive. Tempestività che va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte.
Occorre evitare che i problemi trovino soluzione senza l’intervento delle istituzioni a tutela dell’interesse generale: questa eventualità si traduce sempre a vantaggio di chi è in condizioni di maggiore forza.
Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico.
Su un altro piano, i regimi autoritari o autocratici tentano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, più solide ed efficaci.
La sfida – che si presenta a livello mondiale – per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti e anzitutto le istituzioni.
Dipenderà, in primo luogo, dalla forza del Parlamento, dalla elevata qualità della attività che vi si svolge, dai necessari adeguamenti procedurali.
Vanno tenute unite due esigenze irrinunziabili: rispetto dei percorsi di garanzia democratica e, insieme, tempestività delle decisioni.
Per questo è cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile.
Così come è decisivo il ruolo e lo spazio delle autonomie. Il pluralismo delle istituzioni, vissuto con spirito di collaborazione – come abbiamo visto nel corso dell’emergenza pandemica – rafforza la democrazia e la società.
Non compete a me indicare percorsi riformatori da seguire. Ma dobbiamo sapere che dalle risposte che saranno date a questi temi dipenderà la qualità della nostra democrazia.
Quel che appare comunque necessario – nell’indispensabile dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento è che – particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese – il Parlamento sia posto in condizione sempre di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi.
Appare anche necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative, rispettoso dei limiti posti dalla Costituzione.
La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto.
I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali.
Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica.
Il Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione.
Anche sul piano etico e culturale è necessario – proprio nel momento della difficoltà – sollecitare questa passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità. Tutti i giovani in primo luogo, tutti, particolarmente loro, sentono sulle proprie spalle la responsabilità di prendere il futuro del Paese, portando nella politica e nelle istituzioni novità ed entusiasmo.
Rivolgo un saluto rispettoso alla Corte Costituzionale, presidio di garanzia dei principi della nostra Carta.
Nell’inviare un saluto alle nostre Magistrature – elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della società –mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia.
Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività.
Nella salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della Magistratura – uno dei cardini della nostra Costituzione – l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini.
È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio Superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario.
Occorre per questo che venga recuperato un profondo rigore.
In sede di Consiglio Superiore ho da tempo sottolineato che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va ritrovato con urgenza.
I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone.
Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati.
La Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei.
Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace, elemento significativo nella politica internazionale della Repubblica, alle Forze dell’ordine, garanzia di libertà nella sicurezza, esprimo il mio apprezzamento, unitamente al rinnovo del cordoglio per quanti hanno perduto la vita nell’ assolvimento del loro dovere.
Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato, ringrazio per l’amicizia e la collaborazione espressa nei confronti del nostro Paese.
Ai numerosi nostri connazionali presenti nelle più diverse parti del globo va il mio saluto affettuoso, insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla comprensione dell’identità italiana nel mondo.
A Papa Francesco, al cui magistero l’Italia guarda con grande rispetto, esprimo i sentimenti di riconoscenza del popolo italiano.
Un messaggio di amicizia invio alle numerose comunità straniere presenti in Italia: la loro affezione nei confronti del nostro Paese in cui hanno scelto di vivere e il loro apporto alla vita della nostra società sono preziosi.
L’Italia è, per antonomasia, il Paese della bellezza, delle arti, della cultura. Così nel resto del mondo guardano, fondatamente, verso di noi.
La cultura non è il superfluo: è un elemento costitutivo dell’identità italiana.
Facciamo in modo che questo patrimonio di ingegno e di realizzazioni – da preservare e sostenere – divenga ancor più una risorsa capace di generare conoscenza, accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico. Risorsa importante particolarmente per quei giovani che vedono nelle università, nell’editoria, nelle arti, nel teatro, nella musica, nel cinema un approdo professionale in linea con le proprie aspirazioni.
Consentitemi di ricordare, per renderle omaggio, una grande protagonista del nostro cinema e del nostro Paese: Monica Vitti.
Sosteniamo una scuola che sappia accogliere e trasmettere preparazione e cultura, come complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare insieme; scuola volta ad assicurare parità di condizioni e di opportunità.
Costruire un’Italia più moderna è il nostro compito.
Ma affinché la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto, animato da libertà, diritti e solidarietà, è necessario assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche.
Nell’ultimo periodo gli indici di occupazione sono saliti – ed è un dato importante – ma ancora tante donne sono escluse dal lavoro, e la marginalità femminile costituisce uno dei fattori di rallentamento del nostro sviluppo, oltre che un segno di ritardo civile, culturale, umano.
Tanti, troppi giovani sono sovente costretti in lavori precari e malpagati, quando non confinati in periferie esistenziali.
È doveroso ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni.
La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo.
Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita.
Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli.
Accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società.
La dignità.
Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita.
Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro.
Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere del nostro Paese.
Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ognuno di noi.
Dignità è impedire la violenza sulle donne, piaga profonda e inaccettabile che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.
La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri.
È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani.
Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale.
Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, e neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga.
Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone.
Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità.
Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.
Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare. Confidiamo in un Paese capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita.
Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, libero anche dalla complicità di chi fa finta di non vedere.
Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente.
La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile.
A questo riguardo – concludendo – desidero ricordare in quest’aula il Presidente di un’altra Assemblea parlamentare, quella europea, David Sassoli.
La sua testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le democratiche istituzioni ai livelli più alti, è entrata nell’animo dei nostri concittadini.
“Auguri alla nostra speranza” sono state le sue ultime parole in pubblico.
Dopo avere appena detto: “La speranza siamo noi”.
Ecco, noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica.
Viva la Repubblica, viva l’Italia!
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Politica
Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata
Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.
Pubblicato
26 minuti fadel
2 Maggio 2025
Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.
A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.
“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.
Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.
Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.
Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

Oltre mezzo milione di incidenti sul lavoro e più di mille morti l’anno. Tre al giorno: tragedie in cantieri, fabbriche, campi, a cui bisogna mettere fine. Cgil, Cisl e Uil (foto Imagoeconomica in evidenza) scendono in piazza per il Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, ricordando le tante vittime e dicendo basta. Al governo, che mette sul tavolo altri 650 milioni per la sicurezza, chiedono misure più incisive in vista dell’incontro dell’8 maggio a Palazzo Chigi.
Servono risposte ‘adeguate’ o sarà mobilitazione, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. In attesa del confronto, la premier Giorgia Meloni rivendica l’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo: oltre un milione di posti di lavoro in più e il numero degli occupati al massimo storico, più di 24 milioni e 300mila. Un impegno che, assicura, continua anche sul fronte della sicurezza. Ma sulle sue parole si riaccende lo scontro con la segretaria del Pd, Elly Schlein: ‘Continua a mentire sui numeri’, attacca la segretaria dem, rilanciando la necessità di una legge sul salario minimo. Nelle piazze riecheggiano anche i referendum dell’8 e 9 giugno. Schlein al corteo a Roma sfila accanto a Landini, che rilancia l’invito ad andare a votare, e conferma che il Pd sostiene tutti i 5 sì al referendum.

VIA SPARANO PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI CGIL CISL E UIL UNITI PER UN LAVORO SICURO BANDIERE CGIL UIL CISL (foto Imagoeconomica)
Mentre il leader M5s, Giuseppe Conte, su Fb scrive che il movimento ‘dirà 4 sì’ ai quesiti sul lavoro (resta fuori quello sulla cittadinanza che non aveva firmato). Il tema unitario resta quello della sicurezza e del contrasto agli incidenti sul lavoro. ‘Questa vergogna deve finire’, dice la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, dal palco a Casteldaccia (Palermo), dove il 6 maggio dell’anno scorso cinque operai persero la vita, guardando alla convocazione dell’8 maggio per costruire una strategia nazionale e ‘un’alleanza’.
Da Montemurlo (Prato), il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricorda invece Luana D’Orazio, morta lì quattro anni fa in una ditta tessile. E da lì torna a chiedere di istituire il reato di omicidio sul lavoro e una procura speciale. Alla giovane nel pomeriggio viene intitolata una strada, su iniziativa del comune. E alla mamma, Emma Marrazzo, arriva l’abbraccio anche della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presente alla cerimonia: ‘Quello che le è accaduto è il peggior incubo’, le dice assicurando l’impegno a fare di più. Nel pomeriggio il concertone del Primo maggio a Roma – aperto da Leo Gassmann sulle note di ‘Bella Ciao’ – omaggia Papa Francesco: ‘La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo, ci accorgiamo della sua importanza quando viene tragicamente a mancare ed è sempre troppo tardi’, le parole di Bergoglio che riecheggiano in una piazza San Giovanni stracolma.
Politica
Mattarella: Resistenza non è feticcio ma responsabilità
Pubblicato
1 giorno fadel
30 Aprile 2025
Le associazioni combattentistiche “sono l’anima perenne della memoria”: la loro opera è “preziosa” perchè voi trasmettete “il senso di quello che è avvenuto, la custodia della memoria senza farne un feticcio consegnato al solo ricordo, ma facendola vivere come consapevolezza civile, come educazione alla responsabilità. Un ponte ideale tra generazioni nell’attualità dei valori”. Sergio Mattarella chiude le celebrazioni per il 25 aprile con un ennesimo appello a non dimenticare quanto accaduto con la Resistenza e la Liberazione ma soprattutto con un invito a far si che questa data non diventi uno sterile appuntamento ma una spinta ad agire nel nome di quei valori. Ricevendo al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma, il cui incontro era programmato per il 23 aprile, il presidente della Repubblica è tornato a sottolineare l’importanza della festa della Liberazione.
Infatti per il capo dello Stato il 25 aprile deve essere “un’eredità vissuta nel presente e trasformata in impegno per riflettere sull’attualità di quei valori, a cominciare dal rifiuto dell’indifferenza”. Ma non solo perchè, ha ricordato ancora Mattarella, la Liberazione sprigionò “energia morale” e fu “il frutto di un moto individuale delle coscienze che divenne espressione della dignità del nostro paese, del nostro popolo che non si lasciò sopraffare dalla barbarie”. La rievocazione del presidente con le associazioni combattenti è quindi giocata tutta sul valore degli ideali che portarono al 25 aprile, sulla necessità di non perdere la spinta propulsiva che generò. Infatti ha spiegato come “minacce in forme diverse che pretendono di porre in discussione i valori di democrazia, libertà e pace che furono alla base della Resistenza sono sempre presenti. Conflitti armati sempre più frequenti vicini ai confini dell’Europa.
Tensioni nei rapporti internazionali che con oblio della memoria rischiano di provocare crisi globali dalle conseguenze catastrofiche. Ecco perché – ha ripetuto – il 25 aprile non è mera occasione di formale omaggio”. Non poteva infine mancare un raccordo tra gli ideali di quei tempi e le prime visionarie idee sulla necessità di arrivare ad un Europa unita, unico vero baluardo contro i nazionalismi aggressivi di quell’epoca: “rendiamo onore ai protagonisti della Liberazione e della Resistenza che ci hanno condotto nella nuova Italia, libera, democratica e promotrice di quella che oggi è l’Unione europea, un’Italia protagonista della cooperazione internazionale”, ha concluso il presidente.
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