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Politica

Conte: Draghi a Palazzo Chigi fino a fine legislatura per attuare il recovery plan

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L’obiettivo di questa maggioranza allargata e’ quello di attuare il Recovery plan e il punto di equilibrio del governo e’ Mario Draghi. La legislatura quindi non si puo’ interrompere prima della sua scadenza naturale del 2023. Giuseppe Conte esplicita con estrema chiarezza il suo pensiero – e quello della stragrande maggioranza dei parlamentari grillini – su La7 spiegando anche di avere con il premier un rapporto “schietto e franco” e di aver ricucito i rapporti personali con Beppe Grillo. “Il nostro sostegno al governo nasce per mettere in protezione il Paese” e attuare “il Pnrr, premette il pe’residente del MoVimento aggiungendo di “non avere nessuna preclusione per Mario draghi al Quirinale”. Ma ci sono in piedi “obiettivi che non sono ancora stati raggiunti e la stabilita’ del governo non puo’ non essere un obiettivo prioritari. Draghi infatti e’ il punto di equilibrio di un sistema politico. La legislatura deve finire perche’ l’obiettivo prioritario e’ la realizzazione del PNRR per il quale ci siamo strenuamente battuti. Che Draghi rimanga a Palazzo Chigi e’ la via prioritaria. Draghi non e’ fungibile”.

La precisazione del leader del maggior gruppo parlamentare di questa legislatura pianta un paletto importante nel dibattito ormai gia’ caldissimo sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, soprattutto nell’indicare ai suoi che non ci saranno certo elezioni anticipate determinate dal M5s. Ma se il dibattito sul Colle impazza a Roma la partita di Conte si gioca anche a Bruxelles. La svolta potrebbe arrivare gia’ prima di Natale e, qualche anno fa, in pochi l’avrebbero prevista: l’ingresso del M5S nel gruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo. A Bruxelles se ne parla da tempo ma la prolungata vacatio alla leadership dei 5 Stelle, i tentennamenti del Pd e dello stesso Movimento hanno costantemente rinviato l’ingresso dei pentastellati in un gruppo che, oltre ai Dem, vede tra le sue file il Psoe spagnolo o l’Spd tedesco. La partita, tuttavia, ancora non si e’ chiusa. Anzi, il rischio che naufraghi ancora una volta ha una sua concretezza, alimentato dalle tensioni interne che accompagna da mesi l’avvicinamento del M5S al centrosinistra e da un problema di cariche nell’ambito del Parlamento Ue. E’ stato direttamente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, qualche giorno fa, ad imprimere un’accelerazione che vede anche Giuseppe Conte sulla stessa linea. “In Europa dobbiamo stare con i progressisti”, erano state le parole del titolare della Farnesina a Il Mattino. E oggi Giuseppe Conte conferma, anche le difficolta’: “sono d’accordo con Di Maio, che ha dato atto di un percorso, non ha dato un annuncio. Daro’ io l’annuncio quando si concretizzera’ questo passaggio e quando matureranno tutte le condizioni ma ci sono delle valutazioni in corso da tempo, abbiamo rafforzato la direzione progressista e i 5 Stelle possono dare un contributo di originalita’”. Anche perche’, con la scadenza delle presidenze di commissione a dicembre e, successivamente, dello stesso David Sassoli, il tempo stringe. e i nodi restano. Il Movimento, infatti, staziona nel marginale gruppo dei non iscritti ma puo’, allo stesso tempo, vantare una vicepresidenza, occupata da Fabio Massimo Castaldo. L’ingresso nel gruppo S&D, soprattutto se a gennaio Sassoli lascera’ la presidenza, annulla di fatto la possibilita’ che Castaldo resti dov’e’. E l’esponente romano del Movimento, anche per eventuali ruoli alternativi, deve comunque guardarsi dalla concorrenza interna, a partire da Tiziana Beghin, una dei 7 saggi del nuovo Statuto. Il rapporto tra Pd e M5S e’ ancora piuttosto nebuloso. Sul fronte dei Dem, tuttavia, l’apertura c’e’. Dal Nazareno confermano che la discussione e’ in corso laddove il capodelegazione a Strasburgo, Brando Benifei, aggiunge che nuovi confronti ci saranno in settimana.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Politica

Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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