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Cronache

Il referendum sulla canna libera centra quorum in sette giorni

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A una settimana precisa dal lancio, la raccolta firme per il Referendum sulla Cannabis raggiunge quota 500.000, la cifra limite che permettera’ al quesito di andare al voto nella primavera del 2022. Un risultato “straordinario commentano soddisfatti Emma Bonino e i promotori del quesito che per la prima volta ha potuto sfruttare la modalita’ online raccogliendo l’apprezzamento dei cittadini. Soprattutto dei piu’ giovani che rappresentano, nella fascia dai 18 ai 25 anni, la meta’ dei votanti. Un successo che e’ andato ben oltre le previsioni dei promotori, cioe’ Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Societa’ della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani. E tutti inviatano a non fermarsi sottolineando come sia assolutamente necessario “mettere in sicurezza” il quesito con un numero di firme – almeno un altro 15 per cento – che non permetta incidenti o contestazioni. L’impressionante adesione dei cittadini non poteva non aprire un dibattito politico su una riforma che i radicali portano avanti da quasi 30 anni e che e’ comune in diverse aree del mondo. Il tema della legalizzazione delle cannabis e’ all’interno dell’agenda dei partiti progressisti da anni e anni ma la via parlamentare non ha portato alcun frutto. E l’Italia rimane uno dei Paesi al mondo con la percentuale piu’ alta di carcerati per reati connessi agli stupefacenti. La reazione a caldo del segretario del Pd alla notizia del raggiungimento del quorum non e’ piaciuta ai promotori del quesito e ha aperto un dibattito interno ai Dem. “Sono iniziative prese da altri. Rifletteremo nelle prossime settimane su quale atteggiamento tenere”, ha detto Enrico Letta al Corriere sulla posizione del Pd sui referendum sull’eutanasia e la Cannabis. “Un grande partito discute, non prende posizioni in 24 ore, non reagisce con un tweet”, ha aggiunto. Parole tiepide alle quali ha subito replicato il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova: “Sono dispiaciuto del fatto che Enrico Letta oggi liquidi questa iniziativa. E’ una iniziativa di grande successo, e forse meriterebbe un giudizio piu’ approfondito. E sono sorpreso che Letta dica che un grande partito come il Pd su questi temi ha bisogno di tempo per riflettere. Di legalizzazione della cannabis si discute da decenni, e’ tutto chiarissimo e bisogna dire solo si o no”. “Dispiace – gli fanno eco Giuseppe Civati e Beatrice Brignone di Possibile – che di fronte a una mobilitazione tale, su un tema su cui il dibattito, quando c’e’, e’ monopolizzato dagli attacchi scomposti della destra, ci sia un silenzio assordante da parte per esempio del Partito democratico”. Ma anche da dentro il Pd qualcosa si muove come confermano le parole di Marco Furfaro della direzione del Pd: “adesso la politica abbia il coraggio di affrontare i temi che riguardano la vita delle persone”. Il centrodestra assiste con la consueta linea contraria – se si eccettua Elio Vito di Forza Italia che la definisce “una posizione di buon senso” – e annuncia che la legalizzazione della cannabis non passera’ mai. “Non saranno 500mila a fermare la nostra battaglia per la vita e contro la droga libera. La stragrande maggioranza degli italiani conosce bene i rischi che si corrono e non appoggeranno mai un folle referendum”, assicura maurizio Gasparri. Lapidario Matteo salvini: “per me la droga e’ sempre morte e sconfitta”. Infine i promotori gia’ avanzano un timore: cioe’ che i partiti stiano gia’ provando a neutralizzare il referendum: “questo successo legato anche all’innovazione della firma digitale sta sollevando un dibattito sul futuro dell’istituto referendario”, osserva Riccardo Magi paventando iniziative anti-referendarie.

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Cronache

Tragedia ad Anzola Emilia: uccisa l’ex vigilessa Sofia Stefani, interrogato ex comandante

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Un tragico evento ha scosso la comunità di Anzola Emilia, in provincia di Bologna. Sofia Stefani, 33 anni, ex vigilessa, è stata uccisa da un colpo di pistola alla testa all’interno della sede del Comando della polizia locale, conosciuta come la ‘Casa Gialla’. Il presunto responsabile del delitto è Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili di Anzola, attualmente sotto inchiesta.

L’incidente è avvenuto poco prima delle 16, in una stanza del comando della polizia locale dove Sofia Stefani e Giampiero Gualandi si erano incontrati. Al momento della tragedia, i due si trovavano soli nella stanza, sebbene nell’edificio fossero presenti altre persone. Le forze dell’ordine stanno conducendo un sopralluogo accurato alla ‘Casa Gialla’ e interrogando i testimoni per ricostruire esattamente quanto accaduto e comprendere la natura del rapporto tra la vittima e il sospettato.

Giampiero Gualandi, ancora in servizio presso il comando di Anzola Emilia, sarà interrogato con l’assistenza di un difensore. Le autorità stanno cercando di chiarire se il colpo di pistola sia stato un tragico incidente o se ci sia stato un movente dietro l’omicidio. Non è ancora chiaro quale fosse la relazione tra Gualandi e Stefani, ma i carabinieri stanno esplorando tutte le possibili piste, inclusa quella di un conflitto personale o professionale.

La notizia ha profondamente colpito la comunità locale, che conosceva bene Sofia Stefani per il suo lavoro come vigilessa. I colleghi della polizia locale e i residenti di Anzola Emilia sono in stato di shock, in attesa di ulteriori sviluppi dalle indagini. Il municipio, situato a pochi passi dal luogo del delitto, è diventato un punto di raccolta per coloro che vogliono esprimere il loro cordoglio e la loro solidarietà alla famiglia della vittima.

La morte di Sofia Stefani rappresenta una tragica perdita e pone interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulle dinamiche interne al comando della polizia locale di Anzola Emilia. Mentre le indagini proseguono, la comunità spera che venga fatta piena luce su quanto accaduto.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Cronache

Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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