L’Armata Rossa ci aveva provato via terra e bombardando dal cielo, con migliaia di soldati ben addestrati e una superiorita’ militare sulla carta indiscutibile. Furono una decina gli assalti al Panshir durante l’invasione sovietica negli anni Ottanta, sempre sfumati tra le ossessive imboscate dei ribelli. E pure quando sembravano avercela fatta, i sovietici non sono poi riusciti a mantenere il controllo del territorio. Il monito della storia aleggia ora sul capo dei Talebani, che il coraggio e la determinazione della valle dei ‘Cinque leoni’ – questo il significato di Panshir in persiano – li conoscono bene per averli dovuti affrontare durante l’insurrezione contro il loro primo Emirato islamico, tra il 1996 e il 2001. E anche allora, alla fine la resistenza aveva avuto la meglio. Se l’Afghanistan viene definito ‘la tomba degli imperi’, in buona parte lo deve proprio a questa valle incastonata tra le ostili montagne dell’Hindu Kush, con picchi di oltre tremila metri, per gran parte dell’anno ricoperte di neve. Tra i territori piu’ piccoli del Paese, un centinaio di km a nord-est di Kabul, e’ pero’ da sempre considerato strategico grazie alla sua geografia: un unico punto d’accesso, attraverso una gola stretta e profonda ideale per la difesa militare, l’area si affaccia sull’autostrada che collega Kabul al nord del Paese. Una combinazione di fattori che per tutti gli invasori ne ha reso la conquista cruciale ma impossibile. Un mix letale per grandi potenze e clan nemici, dall’impero britannico alle tribu’ locali, che a forze di eroiche epopee di strenua (e vittoriosa) resistenza ha ammantato il Panshir di un alone mitico. Una leggenda cresciuta intorno alla figura di Ahmad Shah Massoud, il leone tra i leoni. Capace di respingere prima i sovietici e poi i mullah guidando il fronte mujaheddin dell’Alleanza del nord, il comandante e’ entrato definitivamente nel pantheon degli eroi nazionali dopo l’uccisione in un agguato di Al Qaeda due giorni prima dell’11 settembre: un evento che secondo molti analisti si inscrive precisamente nel piano stragista di Osama bin Laden. Figlio di un generale dell’esercito afghano, abile nel combattere tra le montagne come nel parlare un elegante francese, a Massoud si attribuisce un carisma che attiro’ l’attenzione di media e potenze occidentali. Nominato ministro della Difesa nel 1992 dal presidente Burhanuddin Rabbani, salito al potere dopo la caduta del governo comunista, continuo’ a svolgere il ruolo durante il dominio talebano in una sorta di governo ombra, ripiegando da Kabul per continuare la resistenza. Dopo l’arrivo degli americani, il contributo del Panshir nella lotta ai Talebani venne premiato con la realizzazione di diverse infrastrutture e l’attribuzione dell’autorita’ amministrativa di provincia, nonostante gli appena 200 mila abitanti, in prevalenza tagiki, e l’estensione limitata. Ora che i Talebani rivendicano la conquista della valle inconquistabile, si temono rappresaglie sulla popolazione locale. Ma gli insorti giurano ancora che non e’ finita, che in Panshir non finisce mai. Ai mullah la storia suggerisce comunque di non sottovalutarli.